Ieri con Nek in ‘Anna verrà’ di Pino Daniele. Ore prima, parlando di ‘Lettera di là dal mare’: "Posso cantarla perché quel viaggio l’ho vissuto davvero”
“Sia io che Pino eravamo innamorati di Anna. Io ci lavorai nel 1970”. Al cinema Anna era Flora Bertuccelli, stella non più giovanissima del café-chantant alla quale veniva proposto di cantare per i soldati al fronte, per quella che in piena Seconda guerra mondiale rappresentava per lei un’occasione. Massimo era Tonino Apicella, che prima di andare a combattere faceva il musicista e che era stato scelto quale suo accompagnatore. Con le musiche di Morricone e Flora a cantare ‘’O surdato ’nnammurato’, fu in ‘La sciantosa’ di Alfredo Giannetti che Massimo Ranieri incontrò Anna Magnani. “Parlammo di canzoni napoletane e lei si stupì del fatto che non conoscessi ‘Reginella’”, raccontava tempo fa Ranieri a Mediaset; “Così prese la chitarra e me la cantò”. E il futuro re del palcoscenico chiese a suo padre di spedirgli quanti più dischi di musica napoletana potesse.
Canta Napoli. Nel 1989, quando ‘Anna verrà’ aprì sontuosamente ‘Mascalzone latino’, decimo album in studio del mai dimenticabile Pino Daniele, Massimo Ranieri chiese all’autore chi fosse quella Anna, e l’altrettanto grande conterraneo gli rispose: “Ma come, ci hai pure fatto un film!”. ‘Anna verrà’ doveva essere la sigla di Fantastico 89, “ma me la ‘trombarono’”, racconta Ranieri a Sanremo, “e fu per motivi incomprensibili”. ‘Anna verrà’ è stata tra le scelte più originali della serata delle cover, visto che per una volta il tributo a Pino non è stato ‘Napule è’, rappresentativa sì della grandezza di chi l’ha scritta, ma non l’unico momento d’ispirazione di chi in Italia ha fatto world music prima che si chiamasse tale. Sul tavolo anche la canzone più intensa di questo Festival, ‘Lettera di là dal mare’, la cui esecuzione in entrambe le uscite, al momento, per sofferenza (di chi ascolta) ha fatto il pari con la storia che racconta, pur guadagnandosi un rispettabilissimo settimo posto, segno della forza della canzone e della comprensione per l’artista, e per la sua grandezza.
Andando per ordine. “L’emozione ha vinto su di me, perché non si può capire cosa significa quel palco. Solo chi ci è stato può capire. Ho avuto un piccolo problema d’audio, l’orchestra era un po’ troppo forte in cuffia, sentivo poco la voce e quando ti senti poco sei costretto a spingere, e vai in ansia. Ragazzi, più s’invecchia…». E ancora: «Invidio i giovani che entrano con una tale sicurezza e libertà. È il bello dell’incoscienza, e Sanremo, che è il nostro Oscar, diventa una manifestazione come tante altre. Auguro loro di provare la stessa emozione quando avranno la mia età. Quando li intervisterete, tra dieci, vent’anni potrebbero dirvi le stesse cose. Come vorrei tornare indietro ed essere incosciente come loro».
La canzone. "Fate i complimenti a Fabio Ilaqua. In ciò che ha scritto ho rivisto la scena di me che partivo per l’America, quando da ragazzino andai a fare da spalla a Sergio Bruni, monumento della canzone napoletana. Mi sono visto a bordo della nave e mamma e papà a terra, a sventolare fazzoletti, la scena esatta dell’emigrante che parte. Nella mia mente ho rivissuto la scena di chi lascia oggi il suo paese, come noi italiani che siamo stati pionieri del lasciare la nostra terra per essere chiamati appestati, fetenti, gente che puzzava, per poi essere accolti per diventare anche grandi italiani, un bel fiore all’occhiello del nostro Paese. Penso ai poverini che partono e vengono respinti nel Mediterraneo e penso a me che all’epoca ero un privilegiato, a me che dormivo in una cabina singola. Penso a chi viaggia all’addiaccio sui ponti dei barconi”.
Altri estratti dal viaggio: "Posso cantare questa canzone perché ho vissuto l’oceano per quindici giorni, meraviglioso ma terrorizzante. E il mio oceano non era Mediterraneo, aveva un altro orizzonte, più curvo, e la Cristoforo Colombo, in mezzo a quest’oceano, pareva una barchetta a remi. Ho passato quattro giorni in cabina, e non sapevo nuotare, ogni tanto uscivo sul ponte e mi sentivo in balia di Dio. Oggi le navi sono palazzi che camminano sull’acqua, all’epoca pensavo sarebbe stata una gita scolastica e invece fu drammatico e indimenticabile”.
“Sono qui per fare ascoltare la canzone, sono tornato per il piacere di proporre un testo così dolente alla platea italiana. Sono in mezzo a giovani forti, sicuri e baldanzosi ed è un successo”. A chi gli chiede, di nuovo, della voce, Ranieri risponde: "La mia scuola è stata quella dei matrimoni, dei battesimi, delle feste di piazza. La mia voce l’ho curata grazie al teatro. Strehler fu l’unico dirmi come si usava la voce, perché un conto è parlare e un conto è cantare, due diaframmi diversi l’uno dall’altro. Mi tiene in forma l’adrenalina, una cosa vitaminosa, che ti fa sentire giovane”.
C’è il tempo per ripensare al suo primo Sanremo – “Stavo in mezzo a gente come Louis Armstrong, Battisti, Gabriella Ferri, Modugno, Tony Renis, che poco prima guardavo in televisione” – e per tracciare un segno che porta al Sanremo dell’epoca Covid: “Nei corridoi non c’è nessuno. Esci nel momento in cui canti, quando hai finito ti ‘sbattono’ fuori dove c’è già la macchina pronta. Un vero peccato, perché la vita dei camerini è meravigliosa, si butta fuori l’ansia, la paura. I corridoi di Sanremo sembravano quelli del Delle Vittorie a Roma, dove io e Gianni (Morandi, ndr), nel suo camerino, giocavamo a scopetta». Anche se rivali: “Rivali lo siamo ancora, magari in modo diverso, ma sempre grandi amici. Siamo stati definiti i Rivera e Mazzola dell’epoca, e per noi che li abbiamo visti erano davvero tali. Quando ho saputo che Gianni sarebbe stato a Sanremo mi sono detto che avremmo potuto rivivere quei momenti”.
Tornando ad ‘Anna verrà’. “Ho scelto di cantarla con Nek perché è un ottimo cantante e musicista. Anni fa gli chiesi un brano per il nuovo disco, poi la cosa non si fece. Ma ci riproveremo per il prossimo, se il Padreterno vorrà”. Il prossimo inteso come ‘quello dopo il prossimo’, perché il nuovo album è già chiuso e affidato nuovamente al gusto del grande Gino Vannelli: “Lo sta ancora arrangiando, ad Aprile sarà pronto”. Al suo interno, un inedito scritto da Ivano Fossati appositamente per Ranieri, un altro a firma Pino Donaggio – “Lo chiamai tre anni fa in nome della nostra vecchia amicizia” – con lo zampino di Pacifico, oltre a tre brani affidati ai fratelli Verrienti, “ragazzi molto creativi che danno a questo album il tocco di un Ranieri non classico, che si vuole divertire e tornare a trent’anni fa, quand’era giovane”.