L'intervista

Filosofia senza Dio. E senza supercazzole

Una visione positiva dell'ateismo e della filosofia, racconta Giovanni Gaetani, autore di ‘Come se Dio fosse Antani’ che sarà presentato lunedì a Bellinzona

28 aprile 2018
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Un percorso filosofico che parte dalle fallaci dimostrazioni dell’esistenza di Dio per arrivare a una visione non solo e non tanto atea, ma umanista. È il percorso in cinque capitoli di ‘Come se Dio fosse Antani. Ateismo e filosofia senza supercazzole’ (edizioni Nessun dogma), ma anche quello personale dell’autore, Giovanni Gaetani – che dopo un dottorato in filosofia lavora a Londra per l’International Humanist and Ethical Union, Ong che difende i diritti dei non credenti –, lunedì 30 aprile alle 20.15 ospite dei Liberi pensatori a Bellinzona, alla Casa del popolo, per presentare il suo libro.


Giovanni Gaetani, il libro non tratta solo di Dio e di religione, ma è anche una critica a un certo modo di fare filosofia. Qual è il tema principale?
Mettiamola così: ho studiato filosofia all’università per nove anni, sviluppando pian piano degli anticorpi per un certo modo di filosofare, oscuro, aristocratico, incomprensibile. La prima esigenza è stata quella di fare un testo di filosofia accessibile anche ai non filosofi, scritto in maniera chiara, breve e ironica. Focalizzandomi su una filosofia in particolare, quella dell’ateismo. I cinque temi che ho preso di mira infatti riguardano tutti la visione atea e umanista del mondo, facendo attenzione a non farne un’ideologia, una sorta di “religione rovesciata”.

Eppure tra molti atei la filosofia non gode di grande popolarità: meglio la scienza, per sostenere la propria visione del mondo.
C’è effettivamente nel movimento del ‘New atheism’ una corrente “scientista”: scienziati che diffondono l’ateismo tramite la scienza e criticando la filosofia, vista come una perdita di tempo. Per me ovviamente non è così, anche se riconosco la fondatezza di alcune loro critiche: troppo spesso la filosofia si è occupata di temi astratti, senza ricadute pratiche, con un linguaggio estremamente criptico. Ma c’è un modo alternativo di fare filosofia, come ho cercato di mostrare nel mio libro. E non ci sono solo i “nuovi atei”: tra gli umanisti la filosofia ha tutta un’altra considerazione. Ci sono molti filosofi umanisti che sostengono la causa proprio attraverso la filosofia. Penso fra tutti a A.C. Grayling, il cui ‘Ragionando su Dio. Argomenti contro la religione e a favore dell’umanismo’ è stato tradotto in italiano. Del resto è tipico del movimento ateo essere molto frammentato.

Quindi, nella scala di Dawkins, che valuta da 1 a 7 l’ateismo di una persona, dove si colloca?
Sul 6, un gradino prima dell’ateo definitivo. Vivo come se Dio non esistesse e soprattutto affermo che anche se esistesse non crederei in esso, perché farlo significa accettare tutta una serie di contraddizioni sia logiche che morali. E proprio queste ultime rendono per me impossibile credere in Dio: come potremmo giustificare la sua esistenza di fronte al male, ed in particolare di fronte al male innocente? Quello di bambini che nascono con un tumore prenatale, ad esempio. Rifiuto dunque l’esistenza di un Dio onnipotente e benevolente, ma per onestà intellettuale sono agnostico nei confronti dell’esistenza di Dio, la quale resta un’ipotesi possibile, per quanto estremamente improbabile e irrazionale. Detto ciò, a livello pratico vivo totalmente senza Dio. Il che non vuol dire contro Dio.

Quindi, che tipo di filosofia c’è senza Dio? Il nichilismo, oppure possiamo avere comunque dei valori oggettivi?
Il nichilismo è un punto di partenza imprescindibile dopo la morte di Dio. Secondo me una filosofia che, facendo finta di niente, fondasse i valori morali in una qualche trascendenza divina o in una natura umana immutabile, sarebbe ingenua. Ma sarebbe altrettanto ingenuo quello che Nietzsche chiamava “nichilismo passivo”, che si arrende al nulla e concepisce l’esistenza come infondata e inutile. La soluzione è, per me, l’umanismo: una visione che pone al centro dell’esistenza l’uomo, con tutte le sue debolezze, con la sua ragione, la sua empatia. Una filosofia positiva e propositiva che ritrova i valori nella comunità umana in tutta la sua contingenza. Una scommessa sull’umanità, insomma.

Un liberale prima che un ateo

Niente paroloni incomprensibili, nel saggio di Giovanni Gaetani. Come del resto promette il titolo, con quella citazione da ‘Amici miei’ di Monicelli – «che tuttavia è un’arma a doppio taglio, perché forse per un fatto generazionale non tutti colgono il riferimento» ci spiega l’autore – che mette al bando sia il linguaggio specialistico spesso incomprensibile ai non filosofi, sia quegli arzigogoli con cui teologi e credenti sono soliti ribattere alle obiezioni di atei e agnostici.

Il che porta necessariamente a qualche semplificazione – e chi conosce la raffinatezza del ragionamento kantiano su Dio come postulato etico ed estetico rimane un po’ deluso da come il tutto venga liquidato con un sintetico “#epicfail” – ma il risultato è una lettura gradevole anche per l’esperto. Una lettura, precisa Gaetani, che mira a «fornire una sorta di cassetta degli attrezzi per affrontare le discussioni su Dio», pensando in particolare a ragazze e ragazzi che prendono in esame per la prima volta questi argomenti. «Per dargli una versione alternativa del racconto su Dio, perché ripensando alla mia esperienza personale – condivisa da molti – manca una alternativa alla voce cattolica, soprattutto in Italia: quando un ragazzo comincia ad avere i propri dubbi, sente sempre e solo una campana, vede l’ateismo con gli occhi di un cattolico e comprensibilmente ha paura di esprimersi apertamente». L’obiettivo è quindi «fornire una visione positiva dell’ateismo, che non faccia paura».

Nessuna ambizione di “deconvertire i credenti”, quindi. E questo innanzitutto perché «sono uno strenuo difensore del diritto alla libertà di credo e di religione: sono un liberale, prima che un ateo, e detesto provare a convertire le persone, perché ogni tentativo del genere è una violazione della libertà altrui». Inoltre, «anche avessi voluto, non ci sarei riuscito, perché una delle tesi implicite del libro è che chi crede in Dio non crede su base razionale bensì su base emozionale». La fede «è per definizione agli antipodi della razionalità e fa a meno di essa». Se poi questo sia un voltare le spalle alla ragione o un andare oltre la ragione, è questione filosofica aperta. Con rischio di supercazzola.