Esce domani ‘A mort l'amur’, il primo EP del progetto in dialetto ticinese del fondatore dei Peter Kernel Aris Bassetti
«A te che non sei di ‘madre lingua’, che effetto fa sentire cantare in dialetto ticinese?». In una sorta di rovesciamento dei ruoli è l’intervistato, Aris Bassetti, a porre per primo una domanda parlando del suo nuovo progetto, Mortòri, e dell’imminente uscita del suo primo EP ‘A mort l’Amur’ domani, 14 febbraio, seguita dalla presentazione live al Foce il 15 febbraio.
E a essere rovesciato o, meglio, rivoltato nell’Ep è proprio quell’amore celebrato per San Valentino. Perché Mortòri (mortorio, funerale in dialetto ticinese) «è una specie di personaggio, ma anche una sensazione o un’emozione che un po’ tutti hanno vissuto nella vita quando le relazioni fanno molto male», spiega il fondatore dei Peter Kernel parlando della nuova creatura.
«Volevo cantare di certi dispiaceri pesanti davanti a un pubblico disinteressato in modo molto noioso per mettermi in difficoltà, perché penso che sapersi mettere in difficoltà, o comunque uscire dalla propria zona di comfort e mettersi a disagio o in imbarazzo, ti obbliga a gestire le emozioni, a trovare soluzioni e quindi a crescere molto più in fretta che se le cose andassero bene. Quindi ho scelto il dialetto ticinese, che è la lingua con la quale son cresciuto, e con questo mi metto a nudo completamente, perché è una lingua che non è musicalmente bella come l’italiano o il francese, e canto di cose anche scomode. Quindi non potevo scegliere di peggio».
Chi scrive, rispondendo alla domanda iniziale, si permette di dissentire su quest’ultimo punto: il dialetto ticinese, nel lavoro di Mortòri, suona decisamente bene, ha quel profumo di esotica genuinità che arriva al cuore anche a chi non è cresciuto. E, soprattutto, non sembra fuori luogo se usato del tutto fuori dal solito contesto della musica popolare e del folklore, anzi.
«Mi piacciono i contrasti, abbinare un linguaggio molto locale come un dialetto a quello globale della musica, e di solito quando si incrociano elementi in modo così estremo qualcosa succede, nel bene o nel male»
E succede che il gioco di tesi e antitesi fra locale e globale genera, come sintesi, un ulteriore contrasto: ‘A mort l’Amur’, “una vera dichiarazione di guerra contro l’amore” che esce proprio il 14 febbraio: «San Valentino, il momento giusto per mettere il naso fuori dalla porta con qualcosa che dice ‘io quasi abolirei l’amore perché crea solo casini’». Ma al di là dell’idiosincrasia per l’amore, cosa troveremo, musicalmente, nell’EP? «Tutto quello che, musicalmente, mi parla: sono andato a toccare corde che di solito con il mio gruppo principale non tocco, perché il percorso che stiamo facendo è un altro. Ci sono dentro tante altre passioni: sono affezionato alla musica italiana degli anni 50, 60, 70 e allo stesso tempo volevo sperimentare la connessione che sento tra la musica popolare ticinese e la musica sudamericana. Ho aggiunto un mio grande fascino per la musica araba e indiana, e mi sono lasciato andare, non ho pensato a che genere volevo fare, ma solo che voglio parlare delle mie delusioni d’amore, di come sono disilluso, di quanto ‘mi fa schifo’ l’amore. E lo faccio, musicalmente parlando, con un lavoro più internazionale». Ma se il suono è internazionale, resta un’obiezione sulla possibile barriera linguistica rappresentata dal dialetto per un pubblico non ticinese. «Rientra nel discorso sul mettermi in difficoltà: ho passato tutta la vita a cercare di non scendere a compromessi, soprattutto musicalmente, mi son sempre messo in gioco e in difficoltà e anche stavolta volevo testare e curiosare un attimo su questo aspetto. I primi riscontri sono abbastanza ‘particolari’: ho fatto soprattutto date davanti a gente che non capiva il dialetto e sono andate bene, dopo i concerti il pubblico chiedeva il disco, c’era chi voleva sapere che lingua fosse, uno dei brani è andato in rotazione sulla radio nazionale svizzera francese. Per mia grande sorpresa ci sono dei piccoli segnali che mi fanno capire che forse le barriere non si fermano al Ticino e al Nord Italia, e che oggi come oggi la gente è più abituata a sentire cose ‘strane’, che non conosce: per noi che parliamo il dialetto magari suona bruttino, ma per chi non lo conosce suona, può suonare anche esotico».
‘A mort l’amur’ sarà seguito, dopo l’estate, da un secondo EP, ‘Che Som Mortd’Amur’: anche qui tesi, antitesi e quindi sintesi in un album intero ‘A Mort l’Amur, Che Som Mort d’Amur’, che chiuderà il cerchio alla fine del 2025.