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‘Bang bang’, il pugile antieroe che sfida i cliché

Fuori concorso arriva l'interessante film di Vincent Grashaw con un notevole Tim Blake Nelson

10 agosto 2024
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‘Bang bang’, quarto film di Vincent Grashaw, arrivato qui in direttissima da Tribeca e voluto da Giona Nazzaro, è uno di quei film ruvidi che grattano grattano, e tra birra sudore botte e sobborghi metropolitani, arrivano alla reale compassione proprio là dove non te la aspetti. Un magnifico Tim Blake Nelson (‘La ballata di Buster Scruggs’, ‘Fratello dove sei’, ‘Dune’) dà vita a Bernard ‘Bang Bang’ Rozyski, amato pugile di Detroit che negli anni 80 cavalcava il successo. Lo incontriamo però al giorno d’oggi, i fasti sono finiti da un pezzo, lui è psicologicamente instabile, vive ai margini, cova un rancore che lo ossessiona, scaccia la fame con toast al ketchup e antidolorifici, suda, sbraita. Un antieroe per eccellenza, che si aggira armato per le vie di una città distrutta e decaduta come lui, con la vaga intenzione di farsi giustizia. Ciononostante, non ce la dà a bere, il personaggio è troppo stereotipato per essere veramente così, e infatti.

Come in ogni plot che si rispetti, arriva il nipote, un ragazzo da controllare in assenza della madre, che lo dipinge come problematico, ma che rappresenta invece quella generazione che lavora gratis la notte per ripulire la città dall’amianto, che sfoga la rabbia infantilmente nei videogiochi e vuole forse solo conoscere la famiglia.

Questo è un film che racconta cosa sta sotto la scorza, sotto la dura pelle di chi giudichiamo all’istante, che mostra attraverso le conseguenze cosa sta dietro alla gloria di uno sport così estremo. La boxe rovina la vita, "ti mette costantemente in pericolo, o muori o sei in prigione".

‘Bang Bang’ sembra riprendere quei topoi a cui siamo abituati nei film sportivi, con il percorso di redenzione dell’antieroe attraverso la crescita formativa dell’alunno e una certa morale. Ma esce dai binari spesso e volentieri, schiva la noia e la prevedibilità, dimostrando – se mai ce ne fosse bisogno – che la realtà è molto più vitale di una finzione edulcorata. Il film vuole mostrare la sofferenza che sta dentro, ma soprattutto fuori dal ring, e si rivolge dichiaratamente a tutte le persone che vivono questa condizione. E noi, non vogliamo che lo sporco, smilzo, malconcio ‘Bang Bang’ perda, mai.

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