laR+ L’intervista

Il cinema secondo Stacey Sher

A lei si devono alcuni film cult degli anni Novanta, da ‘Pulp Fiction’ a ‘Gattaca’ a ‘Get Shorty’. È suo il Raimondo Rezzonico Award di quest’anno

Produttrice statunitense, ritira il premio stasera in Piazza Grande
(Ti-Press)

‘Toro Scatenato’ e ‘Un Uomo da Marciapiede’ erano i due poster che sovrastavano la stanza di Stacey Sher, studentessa universitaria. La sua filmografia potrebbe essere invece riassunta con l’immagine di una camera di un adolescente qualsiasi, a qualsiasi latitudine, negli anni 90, con gli immancabili poster di ‘Gattaca’, ‘Out of Sight’, ‘Man on the Moon’ e, ovviamente, l’onnipresente ‘Pulp Fiction’. Una parete capace di riassumere un’epoca cinematografica che ha influenzato una generazione e lasciato testimonianza del suo impatto duraturo sul cinema. Stacey Sher – che stasera in Piazza Grande ritirerà il Raimondo Rezzonico Award 2024 – era sicuramente al posto giusto nel momento giusto, ma straordinari furono il suo intuito e il coraggio nel firmare un accordo al buio con Tarantino per il suo secondo film, ‘Pulp Fiction’, prima ancora che girasse una singola scena del suo debutto ‘Reservoir Dogs’. Scommettendo forte e andando controcorrente con progetti che altri avrebbero evitato.

«Negli anni 90, le persone pensavano che avrei dovuto fare commedie romantiche invece di ‘Pulp Fiction’», ci ha detto Sher. Nessuno condivideva la sua visione per ‘Out of Sight’, con il quale lanciò nell’olimpo hollywoodiano sia George Clooney, fino a quel momento noto principalmente come attore televisivo, sia Steven Soderbergh. Con quest’ultimo ha poi prodotto anche ‘Erin Brockovich’ e ‘Contagion’, il film premonitore della pandemia di Covid, ulteriore dimostrazione del suo incredibile intuito e del coraggio di rischiare su progetti non convenzionali, poi diventati pietre miliari del cinema contemporaneo.

‘Fare cinema non è un algoritmo matematico’

«Il modo in cui è organizzato il business oggi mette molta pressione su chi lavora nelle compagnie cinematografiche, perché tutti vorrebbero trasformarlo in una scienza. La verità è che sia loro che il pubblico vogliono ciò che non sanno di volere. Chi avrebbe mai pensato che una storia d’amore multidimensionale tra madre e figlia, dove le persone avevano hot dog al posto delle dita e dei piedi (‘Everything Everywhere All at Once’), avrebbe incassato 100 milioni di dollari e vinto sette Oscar? Mi piace sempre dire che fare cinema non è un algoritmo matematico; fare cinema è alchimia. Cambia uno degli ingredienti e il soufflé crolla. Puoi immaginare ‘Django Unchained’ senza il carro folle con il dente gigante che dondola su una molla? Beh, Christoph Waltz è stato disarcionato da un cavallo al suo primo giorno di pratica e non ha potuto cavalcare per sei settimane, così lo scenografo ha avuto l’idea di quel carro assurdo, di cui Quentin si è innamorato follemente. Sapevamo che a un certo punto li avremmo voluti in sella a un cavallo, il che ha spinto Quentin a immaginare l’esplosione del carro affinché li si credesse morti, e il film si è evoluto».

Per una produttrice che ha già lasciato il segno più volte nella storia del cinema mondiale e che ha dichiarato di non aver mai abbandonato nessuna sceneggiatura alla quale aveva deciso di dedicarsi, qual è il progetto che continua a sfuggirle? «‘Devil in the White City’! È passato dall’essere un film a essere sviluppato per la televisione e quasi realizzato come serie limitata un paio di anni fa. Con Leonardo DiCaprio ci stiamo lavorando da quindici anni. È una fenice perpetua che risorge dalle ceneri... che in precedenza neanche Tom Cruise riuscì a far volare».

Il mondo del cinema, secondo Sher, è ciclico e richiede costantemente nuove voci e punti di vista sulla narrazione classica. È difficile credere che la locandina digitale di ‘Devil in the White City’ non riempirà prima o poi lo schermo del nostro cellulare. «Spero e penso che l’amore per il cinema torni… lo possiamo vedere con compagnie come A24, che significano molto per i giovani perché vedono qualcosa che non sembra programmato per loro». L’A24 è una casa di produzione e distribuzione cinematografica statunitense nota per la promozione e la produzione di film indipendenti che spesso sfidano le convenzioni di Hollywood. Capace di attrarre un pubblico giovane con storie originali e audaci come Moonlight, vincitore dell’Oscar come miglior film, Lady Bird e Hereditary.

La visione della produttrice, capace di realizzare film acclamati dalla critica e di successo al botteghino, è incoraggiante nei confronti delle nuove generazioni. «Ci sono molte voci là fuori che sono davvero interessanti. La domanda è: vorrebbero raggiungere un pubblico più ampio come hanno fatto Tarantino e Nolan, o vogliono essere qualcuno a cui non importa tanto?». È talmente raro sentire oggi un produttore hollywoodiano anteporre la coerenza artistica al profitto che è un po’ come vedere un unicorno trainare il carro con il dentone di Tarantino in Piazza Grande.

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