All'indomani della conclusione di Locarno76, il managing director Raphaël Brunschwig commenta le cifre di un'edizione di successo, non solo numerico
146’930 spettatori hanno assistito alle proiezioni del 76esimo Locarno Film Festival – un’edizione definita audace –, distribuiti in 86’530 nelle sale e 60’400 in Piazza Grande, con una crescita del 14,3 per cento. Anche il settore professionale ha i numeri dalla sua: 4’639 accrediti rilasciati – 1’530 rappresentanti dell’industria cinematografica e 783 fra giornalisti e fotografi – per un più 31%. Non va dimenticata la Rotonda, che ha accolto quest’anno 105mila visitatori (con un incremento del 62 per cento rispetto al 2022). Pure le attività educative rivolte alle giovani generazioni (dai bambini ai ragazzi, da Locarno Kids a Locarno Academy) hanno avuto un riscontro positivo: oltre un migliaio i partecipanti.
Percentuali e cifre di certo hanno ben poco a che vedere con l’incanto del cinema, ma i numeri parlano chiaro. Per dare loro un po’ di consistenza, abbiamo interpellato il managing director del Locarno Film Festival Raphaël Brunschwig, che non può non definirsi «soddisfatto. Anzi, molto soddisfatto». A lui abbiamo chiesto di trarre un primo bilancio sulla 76esima edizione, l’ultima della presidenza di Marco Solari, che rappresenta una cesura con ciò che verrà dopo.
«I numeri – commenta Brunschwig – dicono due cose. La prima è l’importante crescita degli accreditati, quindi dell’industria cinematografica che conferma l’importanza di Locarno». Inoltre, aggiunge, «sulla base di questo evento internazionale per l’industria cinematografica si costruisce un evento per il pubblico che quest’anno è funzionato molto bene in tutte le sue anime: dalla Piazza Grande alle sale cinematografiche, senza scordare le attività per i più giovani, come per esempio Locarno Kids e BaseCamp». Questo, «a dimostrazione del fatto che il cinema, se vissuto come collettività in una comunità allargata, è ancora qualcosa di straordinario», evidenzia. Pensando poi al palmarès di sabato, chiosa: «Si vede chiaramente, se si guardano temi e provenienza dei film vincitori, perché il nostro mondo ha ancora bisogno di cinema. E questo è un grande merito di Giona A. Nazzaro».
Ma le ragioni del successo vanno ricercate anche altrove. «The Hollywood Reporter, in questi giorni, ha parlato di Locarno come un luogo magico. La città attorniata dalla natura, per una decina di giorni si fa comunità. Si fa capitale mondiale del cinema d’autore e questo è un punto di partenza straordinario. Con l’allargamento orizzontale portato avanti in questi anni, si aggiunge anche l’essere diventati rilevanti per diversi tipi di pubblico: dai professionisti che vengono qui per lavorare e discutere sul futuro del cinema ai giovani creativi che fanno o faranno cinema o arte in futuro; alle attività di mediazione culturale che proponiamo». In fin dei conti però, «quello che nella sua semplicità colpisce maggiormente è vedere una sala cinematografica riempita di bambini con nonni e genitori. Questa è la vera iniziazione al cinema».
La rassegna ha anche un significativo peso per il territorio, che ne beneficia in tanti modi partendo dal fatto che la Città diventa «piattaforma di incontro privilegiato fra mondo della politica (nazionale e in alcuni casi internazionale), dell’economia, della diplomazia e, naturalmente, della cultura». Parlando di soldi, l’indotto economico generato dalla partecipazione si aggira «attorno ai 50 milioni di franchi. Basti poi pensare che un’edizione del Festival costa all’incirca 17 milioni di franchi, di cui quasi l’80% viene speso sul territorio». I dati sono importanti e non possono quindi non responsabilizzare gli organizzatori nei confronti «di chi rende possibile tutto questo, perché nessuno ci deve niente e non è scontato che questo progetto esista e sia solido. Quindi ci vuole davvero l’unione di ogni pezzo, grande o piccolo che sia», mosso da un’unità d’intenti.
Infine, rimarca Brunschwig, «l’aspetto più toccante quest’anno è stato l’addio a Locarno di Marco Solari – che non è sostituibile da una persona, ma da un sistema (diretto dalla nuova presidente Maja Hoffmann) –, lasciando a chi segue la responsabilità grossa di un evento che funziona e che, soprattutto, ha potenzialità per crescere ancora. Ma questo sarà possibile solo salvaguardando la base su cui tutto si poggia, che sono il rapporto e la fiducia da parte del territorio. In assenza di ciò, non possiamo essere luminosi nel mondo». STO