Quello che ha avuto il coraggio di portare la Nazzarena di ‘Rossosperanza’ dalla strada a Corcorso. Ma ci sarebbe anche la questione dei prezzi a Locarno
L’altro ieri Pinello era ispirato come non mai: Locarno ha saputo sorprenderlo con il suo celeberrimo coraggio. Niente di meglio, dopo 23 anni di Solar Impulse, per proiettarsi nello spazio aperto dei Festival liberi e visibili.
Issato su o appropriatosi di un trespolo in Rotonda, con un bagliore sospetto negli occhi spiegava a un manipolo di affamati in astinenza da bratwürst e patatine le ragioni per cui il giorno giovedì 10 agosto 2023 rappresenterà “in aeternum” un giorno memorabile nella storia di questa manifestazione: “Una data scolpita nella pietra, puro tufo di Roma Nord”. Sventolando il suo telefono logorato da 10 giorni di consultazioni compulsive, Pinello asseriva che un risultato straordinario è stato finalmente raggiunto, dopo decenni di ripetuti quanto vani tentativi da parte di molteplici direttori artistici: “Vengo or ora dall’informarmi presso i miei contatti nei media italiani. Posso garantire che già in questo momento da Chiasso in giù non si parla d’altro: blog specializzati, media digitali, carta stampata, tg nazionali, rivista bimestrale della parrocchia di Ostia. Tutti convinti a dare lo spazio che merita alla proiezione di ‘Rossosperanza’, una produzione che, raccontando le parabole umane di Nazzarena e dei suoi amici, è capace di far dimenticare in soli 87 minuti decenni di italici scarti cinematografici parcheggiati dove notoriamente c’è più spazio, a Locarno. Tutto ciò grazie al coraggio di un’Autrice sovversiva, capace di riscattare le proprie origini dandole in modo liberatorio in pasto a una tigre e di affondare un colpo definitivo in una società patriarcale superata dalla Storia, infatti finalmente incapace di soffocare la sua voce ferina. E soprattutto grazie a un Nazzareno che ha avuto il coraggio e la bontà di raccoglierla a un angolo di strada poco battuto dai direttori qualunque, di selezionarla, di inserirla nel Concorso internazionale, di collocarla accanto a un film clandestino iraniano che si limita a offrire un suo sguardo straniante sulla cappa soffocante dell’Iran contemporaneo”.
A questo punto, fra gli applausi convinti dei primi ubriachi, Pinello ha concluso: “Se un Festival esiste nel momento in cui si parla di esso, l’immagine e la sopravvivenza di Locarno sono in una botte di tufo. Alla salute di Solari, pace alla presidenza sua”.
Sostenendo di essersi guadagnato l’aperitivo, mi ha condotto in uno di quei bar dimessi che durante il Festival provano stancamente a darsi un tono mondano. Qui ha espresso un dubbio che lo assillava in questi giorni: “Ma i prezzi si sono alzati anche a Locarno?”. Gli ho spiegato che “alzarsi” non è il verbo più appropriato, più che altro in molti casi i prezzi vengono “inventati” ad hoc per il Festival. “Mungere la vacca finché ce n’è”, ha commentato Pinello. È così giunta la sua verità di giornata: “Malgrado le montagne, la lungimiranza a Locarno è virtù diffusa, dai Nazzareni in giù”.