Dalla veglia al sonno Rem al BaseCamp PopUp, cronaca della notte bianca sul futuro dell’intelligenza artificiale
Il cielo inizia a schiarire; ormai manca meno di un’ora al sorgere del sole e la corte dell’Istituto Sant’Eugenio, divenuto Base Camp PopUp in questi giorni di Festival, inizia a svuotarsi: gli ultimi partecipanti della notte bianca sul futuro dell’intelligenza artificiale hanno finito di sognare e vanno incontro al giorno.
La dimensione onirica ha infatti caratterizzato questo evento curato dal ricercatore Rafael Dernbach e organizzato in collaborazione tra Locarno Film Festival, BaseCamp e Università della Svizzera italiana. Proviamo quindi a farne un resoconto sognante, ripercorrendo gli appuntamenti di “Una lunga notte di sogni sul futuro dell’intelligenza” come se fossero fasi del sonno.
La buonanotte è stata data dalla presenza, negli spazi del Base Camp PopUp della fiabesca “artista interdimensionale” (così è definita nella biografia sul sito www.thefutureofintelligence.ch) SOFF che ha moderato gli incontri insieme all’altrettanto brava ma più tradizionale Devika Girish.
Prima di addormentarci e sognare, bisogna rilassarsi e questa fase preparatoria è rappresentata dai primi appuntamenti della notte bianca, iniziando dall’introduzione di Rafael Dernbach che ha brevemente spiegato ambizione e metodi dell’evento. L’ambizione è, come da titolo, riflettere sul futuro dell’intelligenza: un’idea messa in discussione dallo sviluppo di intelligenza artificiali generative che, producendo testi, immagini, video e audio, paiono sfidare l’esclusiva umana della creatività. Ma non è solo questione di intelligenze artificiali: nel confronto con atre forme di vita – animali non umani, ma anche piante e funghi – siamo costantemente invitati a riflettere su cosa sia l’intelligenza.
Quanto al metodo, l’evento è stato impostato intorno alla metafora del sogno proprio perché questa messa in discussione dell’idea di intelligenza richiede immaginazione ma, al contempo, uno sforzo interpretativo. I partecipanti hanno infatti trovato un breve estratto dei “Protocolli del sogno” di Theodor W. Adorno.
Il primo intervento vero e proprio è stato di Shane Denson, professore di Film and Media Studies all’Università di Stanford, che ha tracciato il perimetro in cui ci si è mossi, invitando l’uditorio a riflettere non solo su cosa intendiamo con intelligenza, ma anche che parole utilizziamo per intendere l’intelligenza e come lo sviluppo dell’intelligenza artificiale abbia in parte trasformato il nostro vocabolario.
L’artista-ricercatrice e filmmaker Gala Hernández López ha invitato i sognatori a guardare alle intelligenze artificiali partendo dalle vulnerabilità umane. E in particolari maschili: quando l’idea di intelligenza artificiale non aveva ancora assunto la forma di avatar informatici ma quella di automi fantastici, avevamo un immaginario con una forte connotazione di genere. Un gioco di seduzione e dominazione in cui l’umano è uomo, l’automa è donna e infatti ancora adesso gli assistenti vocali sono perlopiù femminili e la maggioranza degli utenti di Replika – un programma che offre per pochi dollari al mese una partner artificiale da tenere sul cellulare e che all’occorrenza manda anche foto erotiche – sono maschi. Una artificializzazione delle relazioni umane che possiamo, e forse dobbiamo, leggere anche come antidoto capitalistico all’isolamento prodotto dal capitalismo stesso.
Questa prima fase di sonno leggero, in cui la parte razionale del cervello è ancora attiva, si è conclusa con due dialoghi. Il primo ha visto Kevin B. Lee, Locarno Film Festival Professor for the Future of Cinema and the Audiovisual Arts all’Usi, e Andrea Rizzoli, direttore dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale USI-SUPSI, tracciare una storia dell’intelligenza artificiale con uno sguardo a possibili futuri in cui ridefinire le idee di bellezza, creatività, fiducia nell’informazione; il secondo dialogo ha invece visto alcuni ospiti della Locarno Critics Academy guidati dal suo curatore Christopher Small, includendo nel sogno anche alcuni dei film che si sono visti in questa edizione del Festival.
Verso l’una di notte è iniziata la fase dei worshop, in cui il pensare ha preso la dimensione del fare. Andreas Bütler e Fabian Frey hanno proposto un singolare “dialogo ecologico” con altri esseri viventi che ha preso la forma di una focaccia guarnita collettivamente di varie pietanze vegane. Un curioso momento di condivisione – per quanto più tra partecipanti che tra specie diverse – seguito da un altro laboratorio curato da Anna De Mezzo e Wailea Zülch, provando a costruire un sogno collettivo giustapponendo idee e suggestioni.
È la fase del sogno vero e proprio e non poteva che coinvolgere artisti. Il collettivo AATB (Andrea Anner e Thibault Brevet) con una loro interessante installazione artistica – esposta al Base Camp PopUp – basata sull’interazione tra lo sguardo umano e un braccio robotico. Poi i sogni musicali di Thomas Meinecke, musicista affascinato dai diari dei sogni. Infine – vista l’assenza giustificata per malattia di avocado_ibuprofen – la performance di Laura Papke con un paesaggio sonoro costruito sui battiti cardiaci dei presenti e che ha accompagnato i presenti all’aurora e al momento del risveglio.
LFF
BaseCamp, 9/10 agosto 2023