Locarno Film Festival

Lousy Carter, un uomo ordinario

Krumholtz sullo sciopero a Hollywood: ‘Uno spiacevole sottoprodotto di quello che succede quando il capitalismo corporativo si scontra con la creatività’

Il regista ‘indie’ Bob Byington (a sinistra) e l’attore David Krumholtz
(Keystone)
10 agosto 2023
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Ritmati spesso da un sineddotico “well, you know” – intercalare tipicamente “ammericano” – che si suppone dica tutto, abbiamo incontrato il regista indipendente Bob Byington (B.B.) e l’attore David Krumholtz (D.K.), entrambi a Locarno per presentare ‘Lousy Carter’, film selezionato nel Concorso internazionale in questa 76esima edizione di Festival e presentato ieri per la prima volta al pubblico locarnese (verrà proiettato in replica venerdì 11 agosto, alle 21.30, al PalaCinema 1, con sottotitoli in francese e italiano).

Conosciuto per essere una delle voci del cinema indipendente statunitense, Bob Byington (1971), che vive ad Austin in Texas, è conosciuto soprattutto per ‘Registered Sex Offender’ (2008), ma non meno noti sono ‘Harmony and Me’ (2009) e ‘Somebody up there likes me’ (2012), interpretato da Nick Offermann, vincitore del Premio speciale della giuria al Locarno Film Festival del 2012.

L’attore protagonista, David Krumholtz (1978), è arrivato sulle sponde del Verbano grazie a una deroga concessagli dal sindacato degli attori (Sag-Aftra), impegnato nello sciopero di Hollywood e che vede attori e sceneggiatori manifestare per le strade rivendicando un adeguamento contrattuale considerando le piattaforme di streaming, dando maggiore attenzione ai piani pensionistici, all’assicurazione sanitaria e, fra le altre richieste, chiedendo una regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale (ci arriveremo in seguito). La sua filmografia (che comprende cinema e tivvù) è piuttosto fitta, ma è sicuramente ricordato per aver vestito i panni di Charlie Eppers nella serie drammatica ‘Numb3rs’. Fra i titoli che lo hanno visto recitare segnaliamo ‘Santa Clause’ (franchise), ‘Harold & Kumar’ (trilogia), ‘La ballata di Buster Scruggs’ (serie); ha preso parte anche al cast di ‘Oppenheimer’ (2023) di Christopher Nolan, che racconta la carriera del fisico teorico J. Robert Oppenheimer, definito “il padre della bomba atomica”. In questo film, Krumholtz recita i panni del fisico Isidor Isaac Rab (Premio Nobel per la fisica nel ’44).

Tornando a Locarno. Il suo personaggio è ironico, cinico, disinteressato (apparentemente), un’interpretazione che l’attore ha costruito preparandosi con la sceneggiatura: «Bob è chirurgico quando scrive, è molto specifico, quindi i “toni” di Lousy mi sono stati chiari fin da subito». Il protagonista, che è una sorta di antieroe, nasce «dal mio subconscio – ha riflettuto allora il regista –, quindi c’è una parte di inconsapevolezza nella descrizione del suo comportamento», ha aggiunto, dicendo che per un ruolo simile, che non è per forza simpatico o antipatico, andava coinvolto un attore che col suo fare potesse bilanciarne la psicologia, «e David era la persona giusta. Mi piace lavorare con i bravi attori e lui lo è».

Nel film si fa riferimento a due grandi opere letterarie del secolo scorso – ‘The Great Gatsby’ (1925) di Scott Fitzgerald e ‘Lolita’ (1955) Nabokov –. Benché molto diversi fra loro, che cosa accomuna Gatsby a Lousy?

B.B.: Credo che li accomuni un sentimento fatalista. Abbiamo discusso molto del libro con David…

D.K.: I due personaggi, di Fitzgerald da una parte e di Byigton dall’altra, non sono forzatamente opposti: mentre Gatsby si rivela però nei suoi successi e negli aspetti materiali della sua vita; Lousy apparentemente è soddisfatto con pochissimo.

La scena delle ceneri nei barattoli di latta, il bowling e altri momenti del film richiamano, ci pare, ‘The Big Lebowsky’ (1998) dei fratelli Coen…

B.B.: Amo ‘Il grande Lebowski’ e ho “rubato” quelle scene… Lo faccio con i registi che ammiro. Quei richiami sono un omaggio, benché al momento delle riprese non mi rendessi coscientemente conto di citarli. Credo che il film dei Coen sia molto influente e abbia avuto un enorme impatto, anche sui registi.

A dirla tutta, Lousy sembra stare fra il Drugo e Gatsby…

D.K.: Sono un fan dei film di Bob e quello che fa con i suoi personaggi – scientemente o incoscientemente – è giocare con i tropi dell’eroismo. Soprattutto, il pubblico si aspetta (perché è stato abituato così; ndr) l’eroe, qualcuno che comandi, qualcuno da seguire… protagonista di una storia che porta sulla scena il giudizio (fra giusto e sbagliato; fra buono e cattivo; ndr). Nel caso di questo film, Lousy, che è un bravo ragazzo, non fa niente di male e non è un fallito… ma una persona estremamente ordinaria, normale.

Lousy Carter – il cui nome è tutto un programma – è un tipo ordinario, ma è anche un’immagine riflessa…

B.B.: Beh, Lousy rispecchia la realtà di una fascia della popolazione che, disillusa, si lascia andare alla deriva… D.K.: E racconta anche che la società americana tende a non valorizzare più gli intellettuali… che se ne stanno ai margini.

Infine, David, cosa racconta dello sciopero in corso a Hollywood?

Lo sciopero è uno spiacevole sottoprodotto di quello che succede quando la formula del capitalismo corporativo che fa prodotti che non comunicano – come sapone o scarpe – si scontra con la creatività e il talento. La questione dello sciopero è quindi questa: il talento ha casa nella formula del capitalismo corporativo? È questo il tema: qualcuno deve cedere. Non siamo noi a fare le regole ed è chi fa le regole che deve capire come placare le proteste e a tutti gli effetti se guardiamo quanti soldi stanno facendo devono farlo subito. Non è complicato.

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