Fuori concorso

Nel dubbio, ‘What remains’

Incontriamo Gustaf, Megan, e Stellan Skarsgård, e con loro Ran Huang, regista cui si deve un film struggente

Stellan Skarsgård
(LFF)
5 agosto 2023
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All’apice di centinaia d’anni di riflessione sul comportamento umano rimane, tra le molte altre, la questione che ci spinge a interrogarci sul perché una persona arrivi a compiere certi atti, eticamente disumani. Risposte, spiegazioni e storie; ogni vicenda di cronaca nera è sempre un puzzle da ricostruire e che spesso non riesce veramente a mettere i pezzi in ordine. La parte materiale delle prove e delle indagini si interseca, inevitabilmente, con gli aspetti psicologici, comportamentali ed emotivi, delle vittime, dei carnefici e infine di tutti i terzi che vengono a conoscenza dell’avvenimento. Come dimenticare ad esempio le profonde riflessioni di Dostoevskij per mezzo di Raskol’nikov e l’influenza nel pensiero moderno, soprattutto in psicologia e criminologia, oppure le tremende interviste e confessioni rilasciate nel corso degli anni da vari serial killer come Edmund Kemper, Ted Kaczynski o i compagni di merende del caso del Mostro di Firenze, ben noto alle nostre latitudini.

L’applicazione nel cinema è chiaramente immensa, anche se spesso ci si concentra sul lato più action delle vicende, ma non è questo il caso di ‘What Remains’, che si inserisce in maniera nuova, nel tentativo di rielaborare l’ormai classico e masticato approccio del poliziesco. Infatti, non è proprio la soluzione dell’enigma ciò che si vuole ottenere, bensì il come si risolve psicologicamente ed emotivamente la vicenda, dal punto di vista del suo presunto carnefice, una persona sistematicamente traumatizzata e ostracizzata, anch’essa in cerca di risposte riguardo a ciò che avrebbe commesso. Ricordando un altro grandioso film con un approccio e una tematica molto simili, Memories of Murder di Bong Joon-ho, dove però l’attenzione era rivolta più verso il detective che indaga, il regista Ran Huang crea un triangolo molto particolare tra l’omicida (Gustaf Skarsgård), la sua psicologa (Andrea Riseborough) e il detective incaricato (Stellan Skarsgård), legati dal comune obiettivo di ricerca della verità.

Mads Lake è il presunto autore di una serie di omicidi di giovani ragazzi in Scandinavia, degente presso un ospedale psichiatrico affronta un percorso terapeutico guidato da Anna, la sua psicologa. Mads è un uomo profondamente complessato e introverso, con un passato di abusi paterni e, successivamente agli omicidi, di trattamenti con scariche elettriche, chiaramente lobotomizzanti, di conseguenza anche piuttosto assente e scarsamente abile nella comunicazione così come nel ricordare gli avvenimenti che lo riguardano. Grazie alla particolare mediazione di Anna, il detective Soren riesce progressivamente a cogliere quel lato umano, anche in quanto vittima, che come poliziotto fatica a intravedere in un assassino, arrivando a mettere in dubbio la colpevolezza stessa dell’uomo.

Un film che costituisce una fusione di più culture, diretto da un regista cinese, interpretato da attori svedesi, girato in Finlandia e distribuito dalla casa italiana Medusa.

Incontriamo gli interpreti e gli ideatori, a margine della proiezione.

Il film descrive anche l’evoluzione del rapporto tra detective e indagato, qual è il punto di svolta ribaltante il loro rapporto?

Gustaf: Il loro avvicinamento è anche il picco del film, quando Mads rielabora il proprio trauma nuotando in piscina e il detective Soren, per la prima di pochissime altre volte, sorride assistendo alla scena; anche se ognuno ha i propri problemi e obiettivi, i personaggi si mescolano, attratti l’uno dall’altro.
Stellan: “Quello è il momento in cui il detective comincia ad avvicinarsi veramente a Mads, in questa strana rete che si crea tra il trio, perché è un uomo divorziato, che ha perso tutto, e di che storia ha bisogno? In questa strana codipendenza, è risolvere la questione con Mads il suo bisogno, sono tutti personaggi distrutti che hanno necessità l’uno dell’altro. Inoltre, lavorare con la crew è stato molto bello, Andrea Riseborough è un’attrice straordinaria, e lavorando con brave persone è difficile avere problemi.

Cosa è cambiato rispetto ai fatti reali?

Megan Skarsgård (co-scrittrice): Come per qualsiasi prodotto, abbiamo svolto un lungo processo sistematico di lettura e ricerca, durato ben 6 anni, quindi preso una direzione di libertà, cambiando le cose. L’aspetto del crimine rimane, così come rimane centrale la domanda “è stato lui o no?”.
Stellan: In quanto attore, si è sempre alla ricerca della storia mai raccontata, della sceneggiatura mai scritta, del film mai girato, e quando l’ho letta, ho pensato che fosse proprio così.
Huang: La mia intenzione era quella di muovermi sulle aree di grigio, colore che è anche il tono del film, rigettando l’idea di bianco e nero e piuttosto andare verso l’umanità, la complessità delle cose.

Il titolo, come sospeso, è quindi una domanda o il punto di una frase conclusa?

Gustaf: Se c’è qualcosa da esplorare, allora ne vale la pena. Si cerca sempre ossessivamente una risposta che risolva tutti i nostri problemi e mi ha subito attratto questo dolore per l’incertezza, in quello che è il mio ruolo più profondo e impegnativo finora.

Stellan: C’è sempre questo mito della chiusura soddisfacente, ma non esiste. Se qualcuno uccide ad esempio tuo figlio, è anche solo possibile una chiusura?

Huang: Proprio questa sospensione si crea, è un titolo che è sì una domanda, ma non cerca una soluzione. Non volevo spiegare o identificare troppo, piuttosto osservare tre personaggi nella loro tridimensionalità, anche se alla fine è chiaro che non è il colpevole, le persone sentono spesso la necessità di certezza. Ho scoperto questo fatto di cronaca su una rivista e ho capito che era il film che volevo fare, quindi da un’intervista al vero Mads Lake sono venuto a conoscenza di una sua autobiografia, mai scritta, che aveva pensato il titolo ‘What Remains’, e così è rimasto.