Un ritorno, quello di Alessandro Comodin, quest’anno Premio speciale della Giuria, già premiato nel 2011 a Locarno per ‘L’estate di Giacomo’.
Incontriamo Alessandro Comodin, il regista di ‘Gigi la legge’. Ha appena saputo di avere ricevuto il Premio speciale della Giuria, e soprattutto di essere stato uno dei registi scelti dalla Giuria di questo 75esimo, un ritorno felice a un Festival che già lo aveva premiato nel 2011 per ‘L’estate di Giacomo’. "Non sono uno sconosciuto, mi sento uno del giro".
Chiediamo quanto sia importante per un regista indipendente come lui un premio come questo: "Il premio è importante, anche per i soldi. Il mio è un piccolo film che è costato poco, 600mila euro; abbiamo pagato tutti e di certo non mi sono arricchito. Vivo e mantengo la mia famiglia con il solo sostegno dell’assegno di disoccupazione per gli artisti che mi dà la Francia. Spero che il film possa andare nelle sale, e il premio serve per questo, ma in Italia non è facile averle, non solo perché sono calate, ma perché gli schermi sono ancora in mano a quel piano Marshall, un debito non ancora pagato che ha portato a essere invase da film americani. Film che se una volta erano anche belli, oggi sono solo basso commercio". Non pensa che il premio possa diventare pubblicità per suo film? "Sono a Locarno perché ero sicuro di vincere (sorride, ndr), è bello sognare e trasformare i sogni in realtà. Ho una carriera fatta di pochi film, ma che sento parte di me, un cammino di crescita, con una ricerca di linguaggio che mi costa fatica e mi impegna molto. Certo, la mia strada personale ha anche un costo economico, in Italia il ministero non ci finanzia. Comunque sì, penso che il premio possa servire a far pubblicità al film, ma serve anche una pubblicità diversa in tv, sui giornali, su internet. E quella costa e non so se qualcuno vuole investire sul successo commerciale di questo film che non è commerciale".
Cosa vuol dire fare un film a intervalli di tempo così lunghi? "Troppi anni! Io sono ancora relativamente giovane, ma il non fare film complica il mio diventare regista. Mi spiego: un pianista si esercita tutto il giorno e tutti i giorni, io ogni… troppi anni, e il mio modo di fare non è quello di una macchina programmata. Ma questo mio problema di non fare è quello di tanti altri lavoratori del cinema, tanti giovani che vedo anche intorno a me morire d’inedia. Ecco, quando ho pensato al film ho pensato anche a loro, a richiamarli finalmente al lavoro, per guadagnarsi il pane certo, e riprendere esercizi arrugginiti. È stato magnifico formare questa squadra che voleva, che aspettava, di lavorare, e il film è carico del loro entusiasmo".
C’è nel suo film un’aria diversa da quella che si respira nel resto del cinema italiano, non è solo nella pulizia di un personaggio come Gigi la legge, ma è nella pulizia dei paesaggi e nelle ombre che vi si stagliano, che sembrano a volte tutto coprire: come può spiegarlo? Il regista ci pensa si accende una sigaretta e poi: "Nel mio cinema non vado a filmare la sporcizia. Non solo quella fisica delle strade, ma anche quella dei personaggi. Non fanno parte di quello che voglio dire. Io guardo il cuore di Gigi e trovo la sua purezza, il suo saper voler bene, il suo spendersi per gli altri, e non nego i suoi problemi. Se penso a lui, che è mio zio, penso a quanto mi ha dato; si è preso l’aspettativa dal lavoro per fare il film. Per il resto, i luoghi sono luoghi speciali, quelli tra il Veneto e il Friuli, una zona di guerra, di bombe che ti cadono addosso e la paura che respiri nel latte di tua madre, e dopo le bombe la guerra tra vicini di casa, tra fascisti e antifascisti, e anche qui entra la tradizione e chi aveva il nonno fascista resta fascista e il contrario, e i territori pesano di tutto questo, anche del quotidiano non detto. Forse questa è la sporcizia che non si vede".
Vorremmo parlare ancora e tanto, rensta del non detto. Del problema delle Film Commission, di chi è messo a partita Iva e non gli serve a niente, e altro ancora perché Alessandro Comodin non ha tappeti rossi da calpestare, ma la vita da osservare e narrare.