Presentato ‘Belle’ di Mamoru Hosoda, regista giapponese al quale è andato il primo Locarno Kids Award
Bella sera di animazione in Piazza, con un film proveniente dritto dal trionfo di Cannes e dai buoni incassi nel suo paese d’origine, il Giappone, dove è stato presentato meno di un mese fa: ‘Belle: Ryū to sobakasu no hime’, titolo internazionale ‘Belle’ mentre la traduzione dall’inglese del titolo completo è “Il drago e la principessa lentigginosa” che riassume un po’ del film. Perché il regista Mamoru Hosoda – al quale è andato il primo Locarno Kids Award –, con l’aiuto dell’ animazione di Hiroyuki Aoyama, ambienta il suo film tra una realtà quotidiana e una virtuale, dove tra i protagonisti si trovano proprio un drago e una tenerissima principessa lentigginosa. Ma andiamo con ordine, innanzitutto ci troviamo di fronte a una solida pellicola commerciale, colma di aspetti di indubbio interesse linguistico e sociale. Spiega il regista: “In ‘Belle’, esploro l’amore, l'azione e la suspense, così come tematiche più profonde come la vita e la morte. Spero che gli spettatori lo trovino anche molto divertente; questa era la mia intenzione”.
La protagonista del film, la principessa lentigginosa del titolo, è Suzu, un’adolescente che porta in sé il peso della prematura morte della madre, vissuta con i propri occhi perché la donna si era sacrificata per salvare un bambino in pericolo. Da allora lei si era chiusa in se stessa, confidandosi solo con un'amica con cui condivide anche il piacere di avere un avatar su un importante social network giovanile, una specie di Tik Tok. Dentro il social è una principessina di nome Belle con una voce stupenda che subito incanta il mondo social che la sommerge di complimenti. La sua vita in realtà continua a essere segnata da quel grande dolore che la tiene lontana anche dal mite padre che rispetta con sapienza il pianto della figlia. A lei è interessato, ricambiato, un ragazzo che la consolava fin da bambina. Sorpresa da successo sul social network Suzu/Belle scopre che all'interno di quel mondo esiste un arrabbiatissimo dragone ricercato dai custodi dell’ordine social. Lo vuole conoscere e grazie alla sua amica riesce a entrare nel suo rifugio segreto, un incredibile castello sospeso nell’etere. Lo avvicina, lui subito l’allontana, poi l’accetta. Ma questa amicizia è la porta che i custodi, sorta di ambigui supereroi, riescono a percorrere per distruggere il castello del dragone che riesce a fuggire. L’amicizia costa a Suzu la perdita della maschera di principessa e di essere mostrata nella sua timida figura davanti ai cinque miliardi di frequentatori del social. I suoi amici la spingono lo stesso a cantare e lei canta come neppure i cigni sanno fare nella loro ultima ora.
Suzu ora vuole scoprire chi si cela dietro il dragone, e insieme agli amici lo scova, è un adolescente che insieme al fratello minore è vessato da un crudele e cattivo padre. Ora al di fuori del mondo virtuale Suzu decide di aiutare i due ragazzi affrontando un lungo viaggio, sa che è il momento di smettere di piangersi addosso. Il film tocca temi che difficilmente possono essere affrontati da bambini, nonostante la chiarezza e semplicità, del disegno, ma i temi della morte, della solitudine, della disperazione meritano una riflessione più attenta e con la massiccia presenza del gioco social il pubblico più adatto sarebbe proprio quello in età adolescenziale. Gli adulti ridono nei momenti più da commedia senza accorgersi di essere banali, per il resto è romanticismo deciso e affiora senza paura il tema antico della Bella e la Bestia, ma soprattutto il film si fa paladino contro la violenza dei genitori e il rispetto del dolore. Come scrivemmo da Cannes, un peso determinante è dato dalla banalità delle musiche e delle canzoni, firmate da Ludvig Forssell e Yuta Bando.