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Dal Barbican Centre verso nuove città

Il ruolo originario è diventato obsoleto, ad attrarre sono ancora l'architettura, i teatri e le mostre. Riprendiamoci la vecchia idea e applichiamola oggi

Uno dei più grandi centri culturali multidisciplinari in Europa
(A. Pizzicannella)

Londra – Il Barbican Centre, inaugurato negli anni 80, è un esempio emblematico di rigenerazione post-bellica e uno dei più grandi centri culturali multidisciplinari in Europa. Originariamente progettato negli anni 60 e 70 dagli architetti Chamberlin, Powell e Bon per riparare i danni della Seconda guerra mondiale nell’area di Cripplegate, il centro si distingue per la sua architettura brutalista, con il suo calcestruzzo grezzo, complesse forme geometriche, passerelle sopraelevate e spazi vitali arricchiti da elementi acquatici come laghetti e fontane. Al centro si trova la Barbican Hall, sede dell’acclamata London Symphony Orchestra, affiancata dal teatro, che ospita produzioni teatrali internazionali, e dal cinema, noto per la sua programmazione di film d’arte e sperimentali. Il complesso ospita anche una galleria d’arte e The Curve, spazi dedicati all’arte contemporanea che spaziano dalla pittura alla scultura fino alle installazioni multimediali, oltre a una biblioteca e al Conservatory, una sorta di giardino tropicale al coperto con palme, felci, cactus e altre piante esotiche, tropicali e subtropicali provenienti da tutto il mondo.


A. Pizzicannella
Spazi vitali

Ma è la zona residenziale con oltre 2’000 appartamenti che serviva ad attrarre una classe medio-alta di professionisti. Tuttavia, la diversità sociale era uno degli obiettivi del progetto, quindi si prevedeva che vi fossero una varietà di residenti provenienti da diverse fasce della società. Poi, la gentrificazione, con la ristrutturazione urbana e l’aumento esponenziale dei costi immobiliari, unita alla commercializzazione sfrenata degli spazi urbani, ha innegabilmente trasformato il volto della città, rendendola sempre più inaccessibile agli artisti e alle classi creative, attori cruciali per la vitalità culturale e l’innovazione sociale, che tradizionalmente dipendevano da affitti accessibili per prosperare. Creando così un paradosso urbano sconcertante, soprattutto nelle città storicamente celebrate per la loro effervescenza culturale, come Roma, Londra e New York. Centri urbani, un tempo faro per artisti e intellettuali di tutto il mondo, sono stati trasformati in enclave esclusive, simili a musei a cielo aperto, fruibili solo a coloro che possono permettersi i costi proibitivi. Innescando una serie di conseguenze nefaste: spazzando via la tessitura sociale e culturale dei quartieri, sostituendola con un’omogeneità monotona e costringendo le comunità artistiche a migrare verso periferie meno costose o addirittura a lasciare completamente le città, privandole della loro identità. Oggi, forse, anche il Barbican Centre può essere visto come un simbolo di cultura elitaria e di elevato status sociale, un possibile sinonimo di gentrificazione.

Diventa quindi necessario un nuovo approccio olistico e sostenibile alla pianificazione urbana, che tenga conto non solo degli interessi economici, ma anche del tessuto sociale e culturale che rende unica ogni città. È importante pensare a nuovi centri culturali, simili al Barbican, ma progettati per essere accessibili agli artisti e per promuovere un’intensa attività culturale, offrendo studi d’arte a prezzi accessibili, spazi per esibizioni e gallerie, e integrando residenze e spazi commerciali in modi che stimolino l’interazione e la collaborazione tra diversi strati sociali. Adottare questo modello potrebbe cambiare radicalmente il paradigma dell’urbanistica moderna, posizionando l’arte e la cultura al centro della pianificazione urbana, dove l’arte è non solo celebrata ma anche profondamente integrata nella vita quotidiana della comunità. Questa vivacità culturale avrebbe un impatto positivo sull’economia locale, generando opportunità di lavoro nel settore creativo e attrattive turistiche che alimentano la crescita economica e la diversificazione, rafforzando il loro fascino globale.


A. Pizzicannella
Punti di vista

Ogni anno, milioni di turisti si riversano in città per visitare teatri, musei, gallerie d’arte, spazi per performance e concerti, riempiendo hotel, aerei e affollando ristoranti. Una forte identità culturale è un catalizzatore per l’attrazione di talento creativo e imprenditoriale. Le città che investono nell’arte e nella cultura spesso si trasformano in centri di creatività e innovazione, dando vita a un circolo virtuoso di sviluppo economico e sociale. Di conseguenza, anziché considerare la cultura come un lusso superfluo, è essenziale riconoscerla come un motore fondamentale per la vitalità e la prosperità delle città moderne.

Fonti di stimolo

Il Barbican oggi è circondato da quartieri e costruzioni che offrono uno stile di vita e alloggi qualitativamente simili, se non superiori. Il suo ruolo originario è diventato obsoleto. Ciò che continua ad attrarre i visitatori è piuttosto la sua architettura, i teatri e le mostre. Si continua a frequentare il Barbican per assistere ai concerti di Björk Philip Glass o della London Symphony Orchestra; per l’‘Amleto’ della Royal Shakespeare Company, per le mostre di Basquiat o per il London Literature Festival.

Pertanto, lasciamoci ispirare da questa vecchia idea e ripensiamola in una nuova chiave per immaginare città che siano in grado di rinnovare il nostro interesse e di offrirci nuove fonti di stimolo e punti di vista alternativi. Che non ci trattino come meri bancomat da sfruttare; città ricche di diversità, capaci di preservare le proprie peculiarità e contraddizioni, anziché luoghi di cosmetica sterilità.

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