Nella serata dei Premi Atg, l'incontro di Roberto Antonini con Kirill Artemenko, quello di Bettina Müller con Marta Serafini e Luca Steinmann
Kirill Artemenko – giovane giornalista russo in esilio a Riga, Ceo della testata russa indipendente Paperpaper (50 collaboratori in redazione e altri, coperti da anonimato, in patria) – è stato intervistato sabato scorso nell’Auditorio dell’Usi da Roberto Antonini, giornalista e direttore del Corso di giornalismo della Svizzera italiana, in occasione della premiazione dell’11esimo concorso giornalistico dell’Atg, l’Associazione ticinese dei giornalisti. Anche Marta Serafini, inviata in Ucraina del Corriere della Sera (che ha partecipato all’incontro in modalità remota) e Luca Steinmann, giornalista freelance italosvizzero che segue la guerra dal fronte russo, sono intervenuti all’incontro, moderati da Bettina Müller (Rsi).
Secondo Artemenko, esistono diversi canali per raggiungere le persone in Russia: Telegram, YouTube e un sito a pagamento che permette ai lettori di avere notizie diverse da quelle ufficiali. Recentemente, Paperpaper riferisce ad esempio su chi sta comperando delle proprietà a Mariupol. Alla domanda perché in Russia la gente non si opponga alla guerra, il giornalista ha risposto: “Una mia buona amica artista è stata condannata a 10 anni di prigione perché aveva inventato questo sistema di controinformazione: sulle etichette dei prodotti nei negozi applicava etichette con le notizie vere sulla guerra. Ribellarsi al governo è molto pericoloso; è ancora vietato, ad esempio, usare la parola guerra, si rischiano solo per questo 5-10 anni di prigione”.
Come riceve informazioni dalla Russia? “Ci sono numerose fughe di notizie, l’amministrazione russa è porosa e garantiamo l’anonimato agli informatori; quanto alle verifiche delle fonti però in effetti ci sono difficoltà dovute alla situazione estrema…”.
Ti-Press
Luca Steinmann
Per Marta Serafini, inviata in Ucraina, “l’informazione è molto importante e i giornalisti sono una parte fondamentale del conflitto. C’è propaganda, certo, in Russia ma anche in Ucraina ed è difficile tenere il passo. Adesso però al fronte ci sono meno giornalisti e il rapporto con i militari e con le autorità (per avere i permessi) è più semplice. Ora vedo che nella popolazione ucraina c’è un’enorme stanchezza, nonostante lo spirito combattivo e forte degli ucraini e nonostante la volontà di resistere e non abbassare la testa davanti a un Putin aggressore. Ma intanto quasi ogni famiglia ha perso qualcuno al fronte, i giovani temono la leva, chi ha sopra i 16 anni non può lasciare il Paese, c’è rabbia e risentimento verso chi è scappato all’estero e l’inverno è alle porte: è duro per la popolazione ucraina affrontare il secondo freddo, spesso senza acqua né elettricità. E non dimentichiamo i bambini e i ragazzi, che non vanno a scuola ormai da anni, prima per il Covid poi per la guerra”.
Luca Steinmann è entrato in Russia tra la fine del periodo Covid e prima della guerra: “In quella finestra temporale le autorità russe aprivano l’accredito ai giornalisti stranieri e così l’ho ottenuto. Me l’hanno tolto subito, ma sono rimasto e ho continuato a lavorare con un’incredibile libertà. I russi pensano ‘se è qui, ha il permesso’”. Né controlli, né aiuti: “Mi posso muovere liberamente. Dico ai russi, soldati e civili: ‘Non faccio propaganda né per, né contro di voi’. Ritengo importante provare ad ascoltare la guerra anche dal lato russo. Certo, oggi la tecnologia è più veloce dei reporter, ma non può sostituirli: il reporter respira l’atmosfera sul posto, può verificare le impressioni di chi vive là. Nessuna tecnologia può sostituire il giornalismo sul campo”.