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Vota Jaroslav, vota Jaroslav (Hašek)

Elezioni cantonali, quale periodo migliore per il manifesto politico di un praghese coetaneo di Kafka, dentro un libro che tutto il titolo qui non ci sta

Pubblicato nel 1992 dall’editore genovese Graphos con la traduzione di Enrico Danova
28 marzo 2023
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Pubblichiamo il primo episodio di ‘Biblioteca segreta’, messaggi in bottiglia per destinatari ignoti. Uno al mese tra rari e sconosciuti, oltraggiosi e grotteschi, visionari e assurdi, quindi necessari (ogni mese su laRegione).

Da direttore della rivista di zoologia ‘Il mondo degli animali’, Jaroslav Hašek si era divertito a pubblicare finti articoli scientifici su animali inventati di sana pianta: fringuelli indocinesi, topi muschiati, pulci preistoriche. Le numerose lettere di insulti avevano convinto l’editore a licenziarlo in tronco. Non gli era andata meglio come proprietario di un canile, attività interrotta quando si scoprì che aveva creato falsi pedigree per i cani randagi che aveva raccolto per strada. Fallimentare garzone di drogheria, impiegato di banca distratto e annoiato, marito fedifrago, mentre scriveva per un giornale di destra polemizzava contro i suoi stessi articoli su un giornale di sinistra. Attivista anarchico, finiva regolarmente in prigione per avere frantumato i lampioni dei commissariati.

Con un curriculum del genere, Hašek aveva tutte le carte in regola per buttarsi in politica. E difatti, nel 1911, questo praghese coetaneo di Kafka – che ne ricordava le intemerate ridendo come un matto –, in una pausa di riflessione tra un impiego e l’altro si candidò alle elezioni per il rinnovo del parlamento austro-ungarico tra le fila del Partito del Progresso Moderato nei Limiti della Legge, una combriccola di buontemponi e perdigiorno che, tra bettole, cantine e birrerie, fingendosi lealisti miravano in realtà a ridicolizzare le leggi, le convenzioni, il servilismo ipocrita e la stupida pedanteria dei burocrati e dei servitori dello Stato.

‘Popolo ceco!’

La campagna elettorale fu uno spettacolo, dalle promesse e dagli slogan dei manifesti (“Elettori, usate il voto per protestare contro il terremoto in Messico!”, “Ogni nostro elettore avrà un acquario da tasca”) alle conferenze stampa, in cui la prima domanda era gratis, ma per porre le successive si doveva pagare mezza pinta di birra. I comizi erano happening surreali, a metà strada tra uno sketch di Cochi e Renato e un concerto degli Skiantos: metà del pubblico si sganasciava dalle risate, l’altra metà prendeva gli attivisti a sputi, sberle e calci.

Ecco un esempio di come Hašek arringava gli elettori: “Popolo ceco! Correva l’anno 1492, quando Colombo levò le ancore da Dzenova nell’intento di scoprire l’America. Da allora sono passati secoli e, se osserviamo il progresso nella terra scoperta da Colombo, ne deduciamo che quel progresso non poteva sopravvenire d’improvviso, con modi ad esempio violenti, ma che dallo storico momento in cui il più famoso dei cechi, Colombo, scoprì l’America e salpò da Dzenova, quel progresso si è affermato con mezzi moderati e nei limiti della legge; e anche che decisamente l’America oggi non si troverebbe a un tale grado di civiltà, se Colombo non l’avesse scoperta. Ma Colombo non ebbe timore e, guidato già allora dal principio del progresso moderato nei limiti della legge, si fece dare il permesso dalle autorità e navigò fino al lembo estremo dell’America, dove si fermò per non fare l’estremista.”

Ed ecco come reagiva alle provocazioni degli avversari: “Dalla parte avversa è corsa voce che io sia stato condannato già due volte. Elettori! Dichiaro qui alla vostra presenza che questa è una subdola invenzione e una volgare menzogna. Sono stato condannato tre volte!”.

Di sbandati e anti-eroi

Non era da meno il programma: maggiore severità verso il popolo povero, statalizzazione dei portieri e dei sagrestani, lotta ai creditori morosi laici, riabilitare i porci, “che hanno fama di essere dei maiali”, e via delirando. Soltanto trentotto elettori premiarono l’inventiva di Hašek (“abbiamo preso una batosta, ma abbiamo avuto una vittoria morale”), un esito inglorioso raccontato in un piccolo libro, La vera storia il programma originale del Partito del Progresso Moderato nei Limiti della Legge, pubblicato nel 1992 dall’editore genovese Graphos con la traduzione di Enrico Danova. Una sessantina di pagine attraversate da un pugno di sbandati e di anti-eroi, i sostenitori del Partito, dall’anziano signor Valenta, un adorabile millantatore capace di nobilitare la sua squallida vita, a Karel Pelant, accusato ingiustamente di voler appestare una chiesa con palline puzzolenti, quando in realtà aveva dimenticato delle caciotte stagionate nelle tasche, fino al ladro Tesarik, che pur provenendo da una famiglia perbene aveva deciso di darsi al furto sacrilego, con l’involontaria complicità di una polizia inetta.

Per finire, qualche domanda oziosa: che effetto farebbe un partito del genere alle cantonali? Quali battaglie porterebbe avanti, quali personaggi candiderebbe?

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