Culture

Il viaggio di un giovane ticinese in Unione Sovietica

Lo scrittore Marco Fantuzzi ripercorre, partendo da un suo diario ritrovato, un soggiorno di gioventù nella Russia comunista

12 giugno 2021
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A inseguire l'utopico miraggio, negli anni caldi della sua prima gioventù, è lo scrittore ticinese Marco Fantuzzi, laureatosi in letteratura italiana a Friborgo e per lunghi anni docente all'École de traduction et d'interprétation dell'Università di Ginevra. Autore di diverse opere di narrativa, scopre tra gli scaffali della sua cantina un vecchio quaderno nel quale aveva annotato gli appunti di un viaggio in Russia. Ne nasce l'ultimo suo libro, nel luglio scorso, dal titolo ‘Diario d'aldilà -URSS 1976’ (Armando Dadò editore, prefazione di Alessandro Martini).

A prima vista potrebbe anche apparire come il ricupero nostalgico di un'epoca lontana, un uscire tardivamente allo scoperto con la pretesa che un vissuto cosi personale e datato potesse in qualche modo suscitare interesse ai giorni nostri. Mettersi poi nell'impresa di farne un libro, peggio che andar di notte. Eppure, la determinazione e le indubbie qualità letterarie del Fantuzzi hanno avuto ragione: il libro è uscito e ha colto nel segno. Quelle 28 paginette di diario, altrettanti sono stati i giorni di permanenza in Russia, da un lato danno prova di una grande autenticità e trasparenza nel riferire, dall'altra permettono all'autore di fare il punto sulle scelte esistenziali e politiche di tutta una vita. Il soggiorno moscovita, per il trentenne militante comunista, è stato, come ne accenna lui stesso, una sorta di apprendistato, di insegnamento e di addestramento alla vita sociale, ma nello stesso tempo un'occasione unica per evidenziare problematiche e dinamiche che poi hanno visto implodere l'intero sistema sovietico.Ah quei compagni di viaggio culturalmente sprovveduti che guardavano alla realtà sovietica in modo acritico e fideistico… un rimprovero indiretto di Fantuzzi a coloro che non avevano avvertito “l'atroce afrore di cavolo bollito, aleggiante ovunque o l'arrogante dirigenza sovietica di allora, o le certezze granitiche sbandierate nei corsi di marxismo-leninismo o ancora, la visita alla fabbrica di automobili moscovita, dove gli operai bevevano, fumavano e giocavano tranquillamente a carte“. Sono solo alcune delle esternazioni divertite di qualcuno che, nelle note scarne di un quaderno di appunti, ha voluto passare al setaccio le proprie convinzioni politiche per provarne la consistenza, così in contro-tendenza rispetto a quell'individualismo piccolo borghese in cui era cresciuto. Non a caso il nostro amerà definirsi, nei suoi commenti alle note raccolte, un giovane esploratore che decide di andare nell'aldilà per una missione politico-formativa comandata. Probabilmente più comandata da sè stesso che dal partito.

Nel riportare fatti e situazioni in un documento di prima mano, Fantuzzi non esita a riconoscere in quel misterioso universo ancora molto da scoprire. Forse perché mosso da una sorta di infatuazione del momento cui dare consistenza ? O forse perché, dall'intera parabola sovietica vissuta allora in preda a troppo facili entusiasmi giovanili, un giudizio negativo a posteriori sarebbe risultato fin troppo incoerente? Di certo, come riconoscerà lo stesso autore, da allora “sono successe tante cose, grandi e piccole, personali e collettive, che hanno contribuito a far scivolare in secondo piano il ricordo di quella nostra lontana estate moscovita”. Guardandola a distanza di anni e sottoponendola a una “revisione“ critica, si può ben dire che fosse l'avventura di una credenza che si pretendeva scientifica, razionale e laica e fu infatti, Lenin permettendo, la grande religione moderna della salvezza terrestre a fare da sfondo. Quanto può apparire significativa, in questo contesto, la descrizione della Piazza Rossa, per l'appunto rossa, e la rituale enfatica sfilata davanti alla teca di vetro con le spoglie mortali del “grand embaumé“, il grande imbalsamato Lenin, con ironia dissacratoria! Nell'arrogante dirigenza sovietica di allora che ha finito per perdere il treno, si riflette, purtroppo, la Russia putiniana di oggi, con spazi di vera partecipazione sempre più ridotti, con una manipolazione scientifica di massa e una lotta di classe che non è scomparsa ma ha solo cambiato nome. Nel capitolo conclusivo del suo Aldilà, Fantuzzi stigmatizza con forza e con altrettanto palpabile sconforto, l'imbarbarimento culturale, la volgarità, la cultura dell'odio e la sopraffazione diventati, purtroppo, fattori di scollamento comuni tanto all'aldilà che all'aldiqua di quella che un tempo era chiamata cortina di ferro.