Culture

Gizmodrome, sedicenti sedicenni (intervista a Vittorio Cosma)

La genesi di una all star band di ex Police, Pfm, Level 42, King Crimson raccontata dal suo tastierista e co-fondatore (con Stewart Copeland)

Da sinistra: Mark King, Vittorio Cosma, Stewart Copeland, Adrian Belew (foto di Massimiliano Cardelli)
26 aprile 2018
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Se qualche settimana fa transitavate dalle parti di Tokio, alla Bunkamura Orchard Hall suonava una all-star band italo-britannico-statunitense di virtuosi che ha svestito i panni di tastierista degli Elio e le Storie Tese ed ex Pfm (Vittorio Cosma), batterista dei Police (Stewart Copeland), voce e chitarra dei King Crimson (Adrian Belew), voce e basso dei Level 42 (Mark King). Le nuove identità sono dentro Gizmodrome, una cosa musicalmente unica e dalle dinamiche old-style (vedi più avanti). Nel caldeggiare una data svizzera quanto prima per questo manipolo di innovatori (promoter locali, questo articolo è per voi, a noi non torna in tasca nulla se non la musica), mettiamo mano a un vecchio intento, quello di raccontare il primo, ononimo, album uscito nel tardo 2017 con uno dei quattro maestri.

«Quando Otar Bolivecic (a.k.a. Claudio Dentes, storico produttore degli Elii, ndr.) è rientrato nell’alveo di Elio e le Storie Tese gli feci sentire qualcosa. “Tu hai un gruppo con Stewart Copeland e non fai niente?, mi chiese alterato. Dopo una settimana avevamo un contratto discografico, quello per il live e ‘Gizmodrome’ è diventato una cosa seria» racconta Vittorio Cosma, uno che ha musicato molto cantautorato italiano e suonato con il mondo intero. Prendendo in prestito due suoi alter ego, che ne esaltano l’ulteriore vena comica resa dal vivo e nei dischi del Complessino, per Don Vittorino i Gizmodrome sono «sedicenti sedicenni che non commettono peccato, ma che vivono la musica nel Cristo»; per Carmelo, aspirante parrucchiere calabrese, «i migliori amici dei parrucchieri calabresi».

Parte dello spirito del progetto Gizmodrome sta nelle note introduttive del cd scritte dall’ex-Police Stewart Copeland, le cui esperienze dal vivo nelle piazze italiane e la “gloriosa estate” del Belpaese devono avergli prodotto un effetto Dolce Vita dal quale non si è mai ripreso. Venti giorni di studio divisi in due tranche, definite “frenzy” (più o meno “schizzate”). Cosma, a questo proposito: «Lo spirito, lo so che suona strano, viene da quello che si faceva in passato. Quattro musicisti si mettono in una sala prove e suonano, sulla base di brani portati più o meno da ognuno di noi, senza committenza, senza agenda, senza la casa discografica che chiede cose specifiche. Si suona, con la libertà di quattro sedicenni…».

Galeotta fu la Notte della Taranta

Metà pezzo servirebbe soltanto per la genesi dell’assolo di Cosma in ‘Soweto’ di Eugenio Finardi. Ma la teniamo per la prossima volta. Limitiamoci a quella di Gizmodrome. «Una genesi stramba», commenta il pianista. «Dopo la Notte della Taranta del 2003, della quale eravamo entrambi maestri concertatori, io e Copeland siamo diventati amici. Nel 2004, all’Hassler di Roma, mi dice «Senti, perché non facciamo una band?».

La Notte della Taranta è un format che va oltre il Salento, e gira il mondo (fino a Lugano, Estival 2009). «Una cosa molto forte, con 25 persone. Ci siamo detti che sarebbe stato bello fare una cosa più snella. Io avevo il compito di cercare gli altri componenti, pescando dagli splendidi musicisti di quell’evento. Ho conosciuto David Rhodes e il gruppo di Peter Gabriel, con il quale ho lavorato e continuo a lavorare, che però non si sposavano con l’approccio selvaggio di Stewart, per via di una certa precisione che Copeland conosce, avendo suonato in ‘So’ di Peter Gabriel. Ho chiamato il chitarrista di Bowie, di Robert Plant, un sacco di persone. Ci sono state formazioni variegate negli anni. La prima volta è stata nel 2005, c’era Dave Fiuczynski alla chitarra, chitarrista di John Zorn, al basso c’era Armand Sabal-Lecco, bassista di Paul Simon, e poi Mauro Refosco, percussionista dei Red Hot, di Byrne, Veloso. Suonavamo quando Stewart veniva in Italia, con molti ospiti. C’era Raiz alla voce, ma sono passati anche Gazzè, Fabi, John De Leo, vari amici».

La ‘selezione naturale’ ha fatto il resto. Nei Gizmodrome, adesso in pianta stabile, alla chitarra c’è Adrian Belew – King Crimson sì, ma pure Zappa, Bowie e Talking Heads – ospitato da Cosma al Dopofestival 2016. Al basso, Mark King, quello che Copeland chiama “il pollice da 6 milioni di dollari”. «Ero in Skype con Stewart» continua Cosma. «Gli ho detto che non avrebbe stonato avere qualcuno diverso da tutti noi. E già potergli dire “Non Tony Levin” non è male. Ho detto “Perché non Mark King dei Level 42? Copeland dice “Ho il numero, mando un messaggino”. Dopo poco sento ‘ding!’. Fatta la band».

Una band con tre cantanti, cose da (quasi) Manhattan Transfer. Quattro ego così, quanto dureranno? «Precisamente, due cantanti veri e Stewart che si diverte, ma che in certe cose, come storyteller, è molto bravo. C’è un fulcro di due persone che si sta allargando a tutti e quattro, ci siamo divertiti tanto e ci stiamo divertendo. La casa discografica vuole il secondo disco, è raro poter fare quello che ti pare».

Il tastierista dei Police

Stampa italiana e internazionale brindano alla musica senza confini, all’assenza di cliché, salvo che – per chi è sulla cinquantina – questo pop-prog (definizione apprezzabile) ricorda in alcune tracce quell’epoca nella quale il pop aveva una sua nobile e articolata costruzione, e debordava con assoluto piacere nel ‘commerciale’. ‘Zombies in the mall’ è un singolo e ‘Stay ready’ ricorda il miglior Joe Jackson. Due brani così, tempo fa, potevano pure stare in una top ten. «Chi se ne frega – commenta Cosma – abbiamo scelto di fare brani anche un po’ canzone, senza prenderci troppo sul serio. È risultato un bel mix. C’è una leggerezza, ma anche una capacità tecnica, un po’ di rock vecchio stile, prog, etnica, molto ritmico. Senza committenza è difficile definirla. ‘Stay ready’ viene dall’epoca del Copeland da solo, ‘Klark Kent’, Wall of Voodoo, Stan Ridgeway. ‘Zombies in the mall’, ‘I Know too much’, ‘Summer’s coming’ sono degli ultimi 6 anni, scritte da me e da lui».

Così Cosma, alla fine, vive l’inedita e invidiabile esperienza di essere il tastierista dei Police. «Dei Police, dei King Crimson e dei Level 42 (ride, ndr.). E anche un po’ il loro musical director. Guardano molto a me e a Mark. A me, in particolare, perché sono un po’ l’inventore di questa cosa. È incredibile, io questa gente ce l’avevo nei poster. Fortunatamente ho una certa età, e un minimo di bagaglio ce l’ho pure io, ma ti assicuro che è come fare la maturità tutti i giorni, o giocare il Mondiale tutte le volte…».

Nel brano ‘Zubatta Cheve’ ci mette del suo pure Elio. «È nata da un testo in finto italiano di Stewart, che si diverte a scrivere frasi totalmente a caso pensando che siano italiane, o almeno così gli suonano». Su quest’onda maccheronica, «Elio ha accettato con piacere il featuring. Ci sono riferimenti all’immigrazione (“La barca sank / affonda ne / we differay”, la barca affonda nell’indifferenza), poco esplicitati per non fare una cosa troppo sociale in un disco nato per essere divertente. Esagerare sarebbe stato di cattivo gusto. Ma il senso è comunque quello: mentre tutti cantano, ballano e ridono, la barca affonda nell’indifferenza generale».

A proposito di Elio, e relative Storie Tese: quanto mancheranno a Vittorio Cosma? «Cominciamo a farli mancare, c’è da finire il tour dell’addio. E comunque non è un’entità che non vedrò più. Ci vedremo ancora, e magari faremo anche altre cose, non solo musicali. Siamo amici, indipendentemente dal resto».