Il Masi presenta la prima mostra istituzionale dell'artista svizzera. Creazioni digitali rese fisiche in un viaggio straniante tra familiare e metafisico
Il Museo d'arte della Svizzera italiana (Masi) presenta ‘Many Moons’, la prima mostra istituzionale in Svizzera dedicata a Louisa Gagliardi, artista tra le voci più interessanti della scena artistica svizzera contemporanea che elabora le sue opere partendo da creazioni digitali riportate poi su Pvc e arricchite di dettagli e materiali anche insoliti come lo smalto per unghie. Un'esposizione che delinea un mondo alternativo in cui gli spazi familiari, in particolare quelli domestici, dalla cucina al salotto, passando per la camera da letto, vengono surrealisticamente invasi, contaminati da elementi estranei e calati in un'atmosfera metafisica, fuori da un tempo e uno spazio precisi che porta lo spettatore oltre la tela: una sorta di non-luoghi avvolti da un senso di generale inquietudine, che compongono una riflessione sulla complessità della vita moderna. «Voglio che lo spettatore ‘completi’ il dipinto – spiega l'artista –. Quindi uso oggetti comuni che non sembrino troppo autobiografici o personali, con cui tutti possono in qualche modo relazionarsi. È come in un sogno: hai alcuni indizi che ti suggeriscono dove sei, ma non sei davvero lì. Mi piace creare questa atmosfera, dare l'idea di un luogo o di una persona restando il più possibile sul vago ma restituendone comunque il ‘mood’».
Per ‘Many Moons’ l'artista ha creato due nuovi cicli pittorici monumentali e una serie di sculture, il tutto completato da alcune opere pittoriche create in tempi recenti. «Il titolo della mostra racchiude più significati, che riportano ai temi chiave dell'esposizione», spiega Francesca Benini, curatrice della mostra. «Si riferisce al tempo, all'espressione ‘molte lune fa’, in cui ogni luna segna un mese. Ma anche alla Luna stessa, al nostro fascino nei suoi confronti e a come quella luce lunare bluastra e pallida abbia una lunga storia, anche nell'arte. Una luce fredda che è una costante anche nell'opera di Louisa Gagliardi, nella quale crea un'atmosfera fra il misterioso e l'insolito: ciò che è interessante è che l'artista si riferisce alla luce della Luna in senso tradizionale, ma al tempo stesso si sposta sul presente, in cui quella luce blu ricorda anche il bagliore degli schermi digitali che sono senza dubbio compagni sempre presenti della vita contemporanea. Quindi un grande punto di forza del lavoro di Louisa risiede proprio in questa capacità di essere molto radicato nella storia dell'arte, ma allo stesso tempo in grado di diventare una voce per la nostra generazione». Un lavoro che fa della modernità un suo punto di forza, esprimendosi nel particolare iter creativo, che pur partendo dal digitale non è un processo automatizzato: Louisa Gagliardi dipinge manualmente sullo schermo con il mouse, utilizzando poi tutti gli strumenti a disposizione che permettono di elaborare le immagini, ad esempio ingrandendole o modificando dei dettagli. «Un lavoro che ricorda anche alcune nostre abitudini, rispecchiando ad esempio il modo in cui a volte modifichiamo in modo quasi ossessivo le immagini che pubblichiamo, specialmente la nostra stessa immagine», osserva Francesca Benini.
Louisa Gagliardi
‘Swamped’
Ma a che punto del processo di creazione digitale avviene il passaggio all'opera fisica? «È una sensazione: sostanzialmente quando smetti di farti prendere dal panico. Dipingere è quasi doloroso per me, perché l'opera non diventa bella all'improvviso ma anzi sembra molto brutta, e poi all'improvviso trovi una soluzione, poi un'altra, e capisci che stai andando da qualche parte, inizi ad emozionarti e pensi che stia venendo fuori un bel lavoro. E subentra la sensazione di potersi rilassare, una sorta di sollievo per cui viene da dire ‘Ok, ora va bene’. E so che è finito anche quando inizio a lavorarci troppo su, ma da questo punto di vista il vantaggio del digitale è che posso salvare le versioni precedenti: perché a volte basta anche fare un passo indietro». E si passa poi alla parte fisica: «Aggiungere questo ultimo livello è un po’ un ammiccamento alla pittura tradizionale: mi piace dire che inizio con le mani e finisco con le mani. Ho un rapporto con la pittura molto cerebrale e minimale, ed è un processo doloroso: a volte nello stendere il dipinto sulla tela, per cui impiego anche tre giorni, mi sento le mani distrutte, ma è una fisicità che mi piace».
L'inaugurazione di ‘Many Moons’ si terrà il 15 febbraio alle 18 presso la sede del Masi al Lac di Lugano, dove la mostra rimarrà fino al 20 luglio. Il 27 marzo all'interno dello spazio espositivo si terrà inoltre un talk (in inglese) fra Louisa Gagliardi e Francesca Benini incentrato sulla scoperta delle opere dell'artista.