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Un familiare ‘Nouveau Réalisme’

Una ‘Passione di famiglia’ alla base della mostra autunnale della Fondazione Braglia, con gli 11 principali esponenti del movimento nato a Parigi nel 1960

A Lugano dal 19 settembre al 21 dicembre. Nella foto: Niki de Saint Phalle, ‘Two-Headed Serpent’, 1981-1982 - Resina poliestere dipinta su base in ferro
(© Niki Charitable Art Foundation/Foto: Pellegrini)
12 settembre 2024
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Gabriele Braglia parla sempre anche a nome della moglie Anna (1934-2015). “Questa mostra vuole mettere in evidenza il ramo delle ricerche svolte negli anni”, una mostra che al nucleo centrale rappresentato dalle opere collezionate dai Braglia affianca un buon numero di manufatti artistici arrivati da privati e musei, così come accaduto in passato per le mostre dedicate a Kirschner e Chagall. Si parla di ‘Nouveau Réalisme’ (titolo), ‘Una passione di famiglia’ (sottotitolo), oltre novanta opere ammirabili dal 19 settembre al 21 dicembre e realizzate dagli undici principali esponenti del movimento che ha nel 27 ottobre del 1960 la sua data di nascita. Giorno nel quale il critico d’arte Pierre Restany si faceva tramite della presa di coscienza da parte degli artisti della loro “singolarità collettiva” per promulgare “nuovi approcci percettivi alla realtà”, come da Dichiarazione costitutiva.

“È un movimento importante, un cambiamento drastico”, dice Braglia di quella piccola rivoluzione fatta di performance, oggetti del quotidiano, “scarti e della civiltà postindustriale”, trasformati, assemblati, integrati nei modi più differenti, portatori di una condizione oggi sintetizzata in ‘antropocene’, l’impatto dell’uomo sulle sorti del pianeta in cui vive.

“La curiosità è il motore della vita”, scrive Gaia Regazzoni Jäggli, direttrice artistica della Fondazione, sul catalogo della mostra, oltre duecento pagine con la riproduzione a colori delle immagini di tutte le opere esposte. La curiosità che ha spinto i Braglia ad acquistare arte e, ancor prima, quella degli artisti, “noti per la loro curiosità e il desiderio di esplorare nuovi modi di rappresentare e interpretare la realtà attraverso tecniche innovative e materiali non convenzionali”. Tra piano terra e primo piano, le stanze della Fondazione ospitano le sculture di Niki de Saint Palle e Yves Klein, le panoplie di Gérard Deschamps (il cui ‘Attestato di Curiosità’ è scritto sulle pareti: “Non ho abbandonato la pittura, ho constatato che non era solamente nei tubetti”), i décollage di Raymond Hains, Jacques Villeglé e Mimmo Rotella (l’attestato di quest’ultimo dice “Strappare manifesti dai muri è l’unica rivalsa, l’unica protesta contro una società che ha perduto il gusto dei mutamenti e delle trasformazioni strabilianti”, concetto modernissimo, tanto gli dovevamo). Un angolo è dedicato agli impacchettamenti anni Sessanta di Christo (qui incorniciati, ma comunque in 3D). A farla da padroni sono però in tre.


Pellegrini/@SBJ
César, La Pacholette, 1966-1991 - Bronzo

Affettati musicali

Partiamo dal francese Arman (all’anagrafe Armand Pierre Fernandez) e le sue le affascinanti accumulazioni, l’agglomerato di pistole intitolato ‘Tools of persuasion’ (Utensili di persuasione, 1978), quello di martelli risalente a dieci anni prima e gli strumenti musicali ‘fatti a fette’, il ‘Do Ré Mi’ del 1970, un violino sezionato in dieci armonici pezzi, l’‘Open Heart’ del 1981 (taglio di violoncello in bronzo), la ‘Guitare’ del 1982 e un’imperdibile ‘Trombe glory’, un taglio di tromba in bronzo che è un monumento al jazz. Le accumulazioni di Arman includono anche un ‘Sans titre’ di macchine fotografiche sotto plexiglas, e sotto lo stesso materiale le ‘Réveils’, un’accumulazione di sveglie. ‘Rouages temps II’, meccanismi di orologio sotto resina, risale al 1975.

A seguire, ma si dovrebbe dire “per cominciare” (perché le creature ci accolgono a pian terreno), le compressioni di César Baldaccini detto César, i cui animali fantastici paiono usciti da un film di David Cronenberg e conducono il visitatore di insetto in insetto, di topo in pesce alla conclusiva gallina con i pattini a rotelle (‘Poule clef à pipe’, 1959-1997, in bronzo saldato), scovata dai Braglia in una galleria di Nizza, attratti dalla chiave per smontare le ruote dei camion che nell’animale fa da testa. Un altro volatile, ‘La Pacholette’ (1966-1991), si è preso la copertina del catalogo e quella dell’esposizione. Preponderante è il ricco e artistico ingombro dello svizzero Jean Tinguely, in una raccolta di ‘Lettere illustrate’ che di norma (ci spiega Regazzoni Jäggli) sono custodite dai relativi destinatari o discendenti dei destinatari, ora sotto i riflettori. Queste lettere-disegno, i cui titoli iniziano per la maggior parte con “Lieber“, “Dear”, “Cher”o “Chère” (il “Viva” è per Detlev Lauscher, calciatore tedesco dal quinquennio al Basilea), sono un piccolo trionfo di tecnica mista che include penna biro, pennarelli, matite, gouache, decalcomanie, collage, con del testo annesso (messaggi di saluto, invito, stima, augurio). I più fortunati hanno ricevuto per posta splendidi capolettera, alcuni ironici, altri bucolici, altri ancora tendenti al pop.

Aspettando il decennale

Di Tinguely “disegnatore e artista del collage” scrive in catalogo Annja Müller-Alsbach, responsabile della collezione su carta del Museo Tinguely di Basilea. Di questa passione di famiglia, di quella realtà artistica andata oltre la concezione accademica che voleva la ferrea separazione delle arti, del Nouveau Réalisme in mostra a Lugano parla Cécile Debray, presidente del Musée national Picasso Paris; le schede sugli artisti sono di Elena Pontiggia, professore di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Brera e professore a contratto al Politecnico di Milano. E con la mostra non ancora aperta, in casa Braglia già si pensa al decennale, una ricorrenza da almeno due esposizioni distinte, con l’Espressionismo tedesco, non meno ‘di casa’ in Riva Caccia 6, a fare da ‘flashback’ (www.fondazionebraglia.ch).


Pellegrini
Hallo Helli, Hallo Helli Eble, 1978 - Tecnica mista e collage su carta

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