‘O almeno non è stata raggiunta la prova, che parte delle opere esposte fossero false’. È quanto emerge dalle 300 pagine della motivazione della sentenza
Gli organizzatori della mostra di Genova su Modigliani, chiusa in anticipo nel 2017 dalla Procura, non "sapevano, o almeno non è stata raggiunta la prova, che parte delle opere esposte fossero false". Tranne il principale imputato Joseph Guttman, mercante d'arte di 81 anni, che però è morto a giugno. È quanto scrive il giudice Massimo Deplano nelle oltre 300 pagine di motivazione della sentenza di un mese fa, con cui ha assolto tutti gli imputati dichiarando però falsi otto dipinti.
Il giudice per Guttman ha dichiarato il "non doversi procedere per estinzione dei reati per morte del reo. E ciò perché è stata acquisita nel corso dell'istruttoria prova della sussistenza dei reati e della consapevole e volontaria commissione da parte dell'imputato, quindi della sussistenza degli elementi materiali e psicologici essenziali dei reati in capo all'imputato".
Nella sentenza il giudice ha anche criticato i numerosi "esperti" di Modì. In particolare Carlo Pepi, dalle cui denunce è partita l'inchiesta. Al processo sono sfilati testimoni "che – si legge nelle motivazioni – si sono esclusivamente autodefinitesi quali esperti di Modigliani, e/o, in minor misura di Moise Kisling (pittore polacco naturalizzato francese, ndr) senza peraltro fornire alcun background, esperienza, formazione tecnica, o meglio ancora alcuna prova di propri lavori tecnici specialistici che supportino e tranquillizzino sulla loro reale ‘tecnicità’".
"Si ritiene di non aver elementi certi di valutazione per poter individuare con sicurezza Pepi quale esperto di Modigliani – scrive Deplano – e quindi non si ritiene necessario soffermarsi a valutare la valenza dei suoi giudizi tecnici sulle opere in questione. Anche considerato che lo stesso neppure si recò a Genova a guardare la mostra e le opere prima di esprimere i giudizi. In quest'ottica si evidenzia che testi quali Pepi non paiono in alcun modo poter esser ritenuti esperti del pittore Modigliani poiché non hanno fornito alcun dato formativo, esperienziale, documentale o lavorativo specifico che permetta di ritenere gli stessi incontestabilmente degli esperti".
Erano stati assolti Massimo Zelman, presidente di Mondo Mostre Skira, che allestì l'esposizione, Rudy Chiappini, curatore della mostra, già direttore del Museo d'arte moderna di Lugano e dei Servizi culturali della Città di Locarno, Nicolò Sponzilli, direttore mostre Skira, la dipendente di Skira Rosa Fasan e Pietro Pedrazzini, scultore grigionese, proprietario di ‘Ritratto di Chaïm Soutine’.
Secondo gli investigatori, che avevano fatto sequestrare 20 opere, attraverso l'esposizione alla mostra si voleva rendere autentiche delle opere false in modo tale da far loro acquisire una maggiore quotazione e rivenderle a prezzi stellari nel centenario della morte di Modi'. Alla fine, otto opere sono state ritenute false dal giudice: nella sua valutazione ha considerato anche il bianco di titanio, colore che venne messo in commercio dopo la morte del maestro livornese. A processo è emerso che però quel colore era stato usato anche da Picasso e prima ancora da Sargent. "Vero che esisteva già – conclude Deplano – ma il bianco di titanio che è stato trovato in dipinti di sicura attribuzione a Modigliani era presente solo nello strato preparatorio e quindi di regola non rientra nella paletta del pittore e cioè nei pigmenti da lui utilizzati per dipingere le opere".