fotografia

Gli scatti di Stefano Spinelli dal folto del bosco

Casa Pessina di Ligornetto inaugura il 7 maggio la mostra del fotografo che durante il lockdown ha trovato nelle foreste una via di contemplazione

(© Stefano Spinelli)
5 maggio 2023
|

“​Le immagini di Stefano Spinelli sono sempre ad altezza d’uomo, all’altezza degli occhi dell’uomo in piedi, ovvero base dei tronchi e qualche metro più su, e un po’ di terra, non sempre; non abbassa gli occhi né alza lo sguardo in su, alle cime. È come se camminasse nel bosco, non che lo contemplasse ma lo attraversasse, lo penetrasse, un camminare senza fermarsi, lento, trovando una via segreta dentro di lui. Non ci sono le cime e non c’è il cielo, non siamo davanti, siamo dentro”.

La citazione è tratta dal saggio ‘Ad altezza uomo’ di Claudio Damiani, che descrive con profondità il lavoro del fotografo Stefano Spinelli. Non il suo lavoro in generale, ma uno in particolare, cioè il progetto ‘Se nel folto del bosco una voce cercando mi ritrovo’. Una selezione di scatti di questo capitolo della sua produzione fotografica verrà presentata in mostra negli spazi di Casa Pessina a Ligornetto e si inaugurerà domenica 7 maggio (alle 11); un allestimento – visitabile fino al prossimo 11 giugno – che apre l'ottava stagione delle mostre fotografiche organizzate dal Museo d'arte di Mendrisio, di cui la dimora ligornettese è parte.

Spinelli ha iniziato a lavorare all'ampio progetto ‘Se nel folto del bosco’ nel corso del primo periodo di isolamento dettato dalla pandemia. Il bosco è divenuto allora, per lui e per molti altri, un luogo di libertà, dove rifuggire la realtà, “un luogo selvatico dove ritrovare energia e lucidità di pensiero”, sintetizza il testo di presentazione alla mostra.

Oggettività e illusione

Prima di procedere con una descrizione a volo d'uccello dei contenuti, apriamo una parentesi biografica. Classe 1963, Stefano Spinelli si diploma in fotografia nel 1985 a Firenze (alla scuola d'arte Fortman Studios), mentre otto anni dopo prende una laurea in sociologia a Ginevra, era il 1993. Dopo Firenze, San Francisco, Ginevra e Gerusalemme, Spinelli si stabilisce con il suo studio sul lato svizzero di Ponte Tresa, dove è nato.

Cammina lungo la strada della fotografia da quarant'anni, “percorrendo sentieri personali e lavorando per committenti privati e istituzionali”, riferisce la presentazione. Lunga la lista (percorribile consultando il sito personale) di esposizioni personali e collettive a cui ha preso parte sin dalla fine degli anni Ottanta. Su lavoro e ricerca egli stesso afferma che “fin dagli inizi, quando cominciai da adolescente a fotografare, l'aspetto che trovavo più affascinante della fotografia era la sua duttilità nel riprodurre la realtà. Da una illusoria oggettività alla più verosimile manipolazione. Pur senza disdegnare il primo estremo, era più dal secondo che venni dapprima attratto. Nel corso degli anni, la mia attività si è poi dipanata tra questi due poli tenendo come costante una ricerca sul linguaggio della fotografia, l'esplorazione delle sue zone di frontiera”. Soprattutto, la sua ricerca indaga “il vissuto di una collettività” e lo testimoniano i progetti raccolti negli anni, come ‘Lo sguardo abissale’ (2003-2004) e ‘Di sguardi sospesi’ (2022-2023).

Andando per boschi

Torniamo a ‘Se nel folto del bosco’. La selezione di fotografie non si propone “solo” di mettere l'osservatore “in uno stato di contemplazione di fronte alle infinite variazioni delle forme vegetali”, ma Spinelli invita il suo interlocutore a “interrogarsi sul proprio rapporto con il bosco, in quanto entità complessa e, in quanto tale, affine alla società umana”, è spiegato nel foglio di sala.

Spinelli racconta che ha iniziato a scattare queste fotografie nel 2020, andando per boschi e “ben presto ho sentito l'esigenza di tradurre l'intensa esperienza vissuta attraversando quegli spazi – avvolgenti, organizzati in una complessa struttura visiva, pregni di stimoli di ogni sorta – con delle immagini più ampie di quelle che un singolo scatto mi poteva offrire”. A quel tempo, il bosco ha rappresentato “un luogo in cui poter attingere a una vitalità che nel nostro umano mondo andava scemando”. Se da un lato le immagini del progetto si propongono di omaggiare bellezza, verità e insegnamento che la natura, “quando meditata, riesce in tutta spontaneità a donarci”; dall'altro, questi scatti vogliono soprattutto proiettare l'osservatore nell'introspezione.

L'allestimento fotografico è accompagnato da un catalogo, curato dal fotografo e da Francesca Bernasconi, con la riproduzione delle fotografie esposte e il saggio critico dello scrittore e critico letterario citato all'inizio di questo articolo, Claudio Damiani.

Gli orari di visita dell'esposizione, con ingresso gratuito, sono dalle 14 alle 18, il sabato e la domenica; si segnala inoltre che domenica 21 maggio, alle 15, è previsto un incontro con Stefano Spinelli a Casa Pessina. Informazioni: www.museo.mendrisio.ch/casa-pessina/.