Il pittore nelle collezioni pubbliche luganesi, con bozzetti inediti da una collezione privata. Dal 2 aprile alla Pinacoteca Züst di Rancate
Conosciuto, amato, collezionato, rispettato, oggetto di almeno quattro monografie. Un artista non per soli luganesi. Perché dunque la Pinacoteca Züst di Rancate, di norma impegnata nella riscoperta dei pittori, dovrebbe ospitare Filippo Boldini, si chiede Mariangela Agliati Ruggia, direttrice? E fornisce risposta: «Perché l’ultima sua esposizione risale a più di vent’anni fa, ci sembrava doveroso farlo conoscere alle nuove generazioni e rendergli un ulteriore, doveroso omaggio».
Ecco dunque, dal 2 aprile fino al 3 settembre di questo 2023, ‘Filippo Boldini (1900-1989) nelle collezioni pubbliche luganesi con bozzetti inediti da una collezione privata’, titolo esaustivo di una mostra che dell’artista ticinese si propone la ricostruzione dell’intero percorso, tematico e umano, attingendo in primis dai fondi donati dal pittore alle collezioni pubbliche luganesi: 280 dipinti e disegni al Comune di Paradiso, una ventina alla Città di Lugano e allo Stato, più quanto acquistato da questi ultimi, il tutto definitivamente inventariato nel catalogo curato da Alessandra Brambilla, curatrice della mostra.
Comune di Paradiso
Fiori, 1957, olio su tavola
Spunto aggiuntivo per la mostra è rappresentato dai sedici bozzetti provenienti da una collezione privata, segnalati alla Pinacoteca e affidati dalla stessa allo studio di Cristina Brazzola del Masi, calatasi sui pannelli ad affresco o a olio presentati da Boldini a concorsi pubblici o commissionati da privati, a dimostrazione del tentativo del pittore di andare oltre la pittura da cavalletto, i mosaici e il resto di quanto prodotto tra gli anni Trenta e i primi Sessanta del Novecento, il periodo non facile che precede la consacrazione artistica.
L’esito dei concorsi pubblici non ha mai sorriso a Boldini, piazzato e a volte premiato, mai oggetto d’incarico. È il caso de ‘La presentazione di Gesù al tempio’, prodotto per il concorso indetto dal Cantone nel 1940 per la decorazione della chiesa parrocchiale di Morcote, o i lavori per la decorazione pittorica dello scalone d’onore del Palazzo Civico di Lugano. Questo e altro ancora occupa la sala 3, sede di conferenza stampa e di ‘sorprese’: «Questo pittore schivo, che rifuggiva la mondanità – spiega Brambilla – non rifuggiva affatto i rapporti sinceri con gli amici, e non era così isolato come lo si riteneva. Quella di non partecipare alle esposizioni era una leggenda, le esposizioni alle quali partecipò non sono poche», conclusione prodotta dal recupero di tutti i cataloghi dell’epoca, nel resto della Svizzera e anche oltre confine.
Comune di Paradiso
Paesaggio (la Nuvola), 1984, olio su pavatex
La seconda conclusione: «Erano molti gli intellettuali che lo apprezzavano, anche gente con la penna pesante. Dai loro scritti emergono stima e rispetto». Ve n’è testimonianza nella sala 1, nella quale convivono, insieme a due autoritratti di Boldini, opere dei maestri ispiratori e dei colleghi, come il ritratto in gesso dello stesso Boldini a opera dello scultore Mario Bernasconi, un dipinto di Giuseppe Foglia, gli strumenti di lavoro di Carlo Cotti; nella sala 2, opere che Boldini aveva donato agli amici, a conferma del suo essere ‘sociale’ e di quel ‘cenacolo’ di artisti creatosi all’inizio degli anni Trenta in quel viale Cassarate, sede di casa e atelier Boldini, che qualcuno suggerì di chiamare ‘il viale degli artisti’ (Milo Bizzozzero, architetto).
Comune di Paradiso
Paesaggio a Rovello-Porza, 1935 ca., olio su tavola
Nella ‘Sala delle capriate’, la 5, un sunto delle opere appartenenti al Comune di Paradiso, alla Città di Lugano, al Masi e al Cantone non incluse nelle donazioni dell’artista, ma acquistate dalle istituzioni di cui sopra in momenti diversi. Con un denominatore comune: i temi amati da Boldini, fiori, nature morte, ritratti e figure, paesaggi, con alcuni riferimenti diretti e fisici: citiamo un paesaggio di Carrà e l’acquaforte di Giorgio Morandi.
Abbiamo lasciato per ultima la sala 4, quella interamente dedicata alla figlia Anna, confidenzialmente Annaly, spentasi a soli 26 ani per una malattia degenerativa e il cui arco pittorico nella mostra ha un momento decisivo nello splendido ritratto del 1933, per Boldini – come contraddirlo – il suo lavoro più valido (contatti: decs-pinacoteca.zuest@ti.ch).
Masi
Ritratto della figlia Annaly, 1933, olio su tela