Da oltre cinquant’anni, il collezionista Matasci cerca la commozione nelle opere. In un pomeriggio grigio, l’ha rischiarato raccontando la sua storia.
L’appuntamento era al Contrattempi, un nome per forza di cose foriero di sorprese. Alle quattro, Mario entrò nell’osteria losonese: era solo, in attesa di Casimiro, detto Miro, che gli aveva dato appuntamento per parlare di vino. A un tratto, si fece avanti un uomo di un metro e novantacinque con barba e capelli lunghi e ai tempi non è che se ne vedessero tanti in giro. Aveva un quadro sottobraccio. Mario si nascose dietro al giornale che stava leggendo, facendo finta di niente, ma l’uomo – Erwin – lo salutò e gli chiese se il dipinto lo potesse interessare. Era una ‘Madre coraggio’. Mario, forse senza conoscerne le ragioni, era attratto dal quadro e ne chiese il prezzo: "cento franchi", rispose il gigante. Raccontando una bugia (e se ne pentì subito), disse che non aveva tanto denaro in tasca e quello gli propose allora di dargli l’indirizzo, che gli avrebbe portato la tela a casa, a Tenero. E così fece.
Cinquantaquattro anni fa, «avevo acquistato quella tela più per fargli piacere che altro», ricorda Mario Matasci. Era la fine degli anni Sessanta e, prima di quell’incontro fortunoso col pittore basilese Erwin Sauter, il collezionista ed enologo natio di Tenero non aveva né quadri, né libri d’arte. La sua ‘Madre coraggio’ – che richiama alla mente di chi scrive la Venere dormiente di Giorgione, seppur i due archetipi siano agli antipodi – segnò l’inizio di una lunga storia d’amore, quella che a 91 anni lega ancora oggi Mario all’arte.
Classe 1931 (è nato alla fine di settembre), Mario Matasci oltre a essere uno fra i pionieri ticinesi della vinificazione insieme ai suoi fratelli Peppino e Lino, è un grande appassionato e collezionista d’arte. La sua Galleria Matasci Arte (con la Fondazione e il Deposito) è nota tanto quanto l’azienda vinicola a conduzione familiare in cui lavora come enologo fin da ragazzo. «Mio papà è morto quando avevo 24 anni, la scelta di continuare nel settore del vino è stata dettata da un impegno più che altro morale; magari se non fosse stato necessario, avrei fatto altro». L’occasione del nostro incontro è data dalla mostra ‘L’arte è donna’ che espone le opere delle cinque artiste Helga Ava Colden, Ruth Moro, Teres Wydler, Serena Martinelli e Simonetta Martini. L’esposizione è allestita al Deposito della Fondazione Matasci per l’arte, in via Riazzino 3 a Cugnasco-Gerra, e sarà visitabile tutte le domeniche dal prossimo 18 dicembre al 30 aprile 2023, dalle 14 alle 18 (l’ingresso è gratuito).
Non sono ancora le quattro, quando in un pomeriggio grigio arrivo a Tenero per incontrare Mario Matasci all’entrata della cantina di famiglia, con la promessa di una storia da ascoltare e una visita fra opere e aneddoti da fare. Da là, ci spostiamo a Cugnasco-Gerra dove, dal 2013, è aperto il Deposito della Fondazione Matasci per l’Arte. Nell’ex capannone industriale, sito ai piedi dei monti e nascosto da un bel biotopo, Mario allestisce periodicamente mostre che cura con sensibilità e acume, redigendo da cima a fondo i cataloghi dedicati: «La storia di una galleria è fatta dai volumi che pubblica, non unicamente dalle esposizioni che propone», sottolinea con forza, aggiungendo che quotidianamente, a fine giornata, passa anche solo un’ora al Deposito per ammirare le opere sedendosi su un divano o in una poltroncina (perché «l’arte per essere apprezzata e capita va osservata da seduti»), magari con un brano classico come sottofondo.
All’entrata del Deposito, siamo accolti da Macchia, una bella micia tricolore, cui Mario paga subito dazio con una manciata di croccantini che lei sgranocchia cedendoci il passo. Dal piano terra al primo, la visita di un paio di ore è volata. Entrando negli ampi e accoglienti locali il tempo si è fermato: l’orecchio teso alla narrazione appassionata e colta del collezionista che si fa intensa quando racconta le opere che lo emozionano di più (metro imprescindibile per soppesarle), gli artisti conosciuti e gli aneddoti. Gli occhi voraci seguono la guida cercando di non perdere nemmeno l’angolino più remoto della tela che sta descrivendo.
Le storie che stanno dietro alle opere sono tante, così come i "corteggiamenti", durati a volte anche anni prima di riuscire a portare a casa il pezzo desiderato, come una delle opere di Schürch, pittore argoviese morto ad Ascona, che il collezionista ha impiegato ben vent’anni per riuscire ad averla nella sua raccolta.
L’interno del Deposito di Cugnasco-Gerra
L’avventura di raccoglitore d’arte va avanti da quel lontano 1968 e, dopo ‘Madre coraggio’, il patrimonio si è ampliato di centinaia e centinaia di opere pittoriche, scultoree, fotografiche, grafiche che l’enologo ha acquistato oppure ricevuto in donazione; capolavori che spesso vengono chiesti in prestito per mostre. Passando in rassegna gli oltre cento nomi degli artisti in collezione, ci si accorge di ripercorrere la storia dell’arte locale («del mio secolo») che grossomodo ha come confini geografici Ticino e Norditalia a sud, Svizzera tedesca e Germania a nord. Il critico d’arte Claudio Guarda ha definito il patrimonio artistico di Matasci una testimonianza importante e unica della storia artistica del territorio.
Così, in ordine sparso e assai riduttivo, cito alcuni nomi: Pierre Casè, Franco Francese, Piero Ruggeri, Ennio Morlotti, Gianriccardo Piccoli, Claudio Baccalà, Cesare Lucchini, Tino Repetto, Alfredo Chighine, Johannes Robert Schürch, Käthe Kollwitz, Otto Dix, Varlin, Edmondo Dobrzanski, Louis Soutter, Marianne von Werefkin, Edgardo Cattori… Lontano da mode e criteri di mercato, Mario da sempre va alla ricerca di artisti le cui opere risuonano con la sua indole e il suo pensiero, ma che riflettano anche la loro autenticità e il loro tempo. «Mi interessano gi artisti sommersi. Non ho mai cercato gli emergenti o quelli sostenuti dalle gallerie».
Ti-Press/ Alessandro Crinari
Trasmettere emozioni
A un certo punto, incuriosita gli domando quale sia l’opera che fra tutte lo emoziona ancora come la prima volta (potrei scomodare, senza esagerare, la sindrome stendhaliana). Mi risponde di aspettare, che presto ci saremmo arrivati. Qualche passo più avanti, ci fermiamo davanti a un quadro di medio formato, è la ‘Crocifissione’ di Louis Soutter, pittore e grafico svizzero che ha realizzato la maggior parte delle sue opere mentre era ricoverato in un ospizio: «Una storia sconvolgente, dipingeva con le dita», racconta Mario. La ‘Crocifissione’ «è un capolavoro che ha una vicenda sconcertante e mi emoziona (fino ai brividi) tutte le volte che la guardo», e lo dice con gli occhi lucidi, chiarendo che non è tanto l’episodio sacro a sconvolgerlo, quanto il gesto grafico-pittorico e la sua storia.
Girovagando ancora per gli spazi, difficile non notare i libri disposti con meticoloso ordine sui tavolini di fronte alle opere o sugli scaffali. Parimenti ai pezzi d’arte, nel corso degli anni, Mario ha raccolto oltre diecimila volumi d’arte che sono ad accesso libero, l’unica condizione è che si piazzi un segnaposto laddove si è preso un libro, così da non scombinare la sistemazione. Dopo aver dato i numeri, motiva quella mole di volumi dicendo che ha «sempre letto molto. La mia tv si è rotta un bel po’ di anni fa e non l’ho più ricomperata, perché mi serve a poco».
L’attività espositiva è anche infaticabile, proprio come lo è il collezionista: sin dai primi tempi ha allestito oltre cento mostre che, in larga parte, si sono concentrate sul linguaggio informale ed espressionista. La prima esposizione in assoluto la ospitò nelle cantine di Villa Jelmini a Tenero, una dimora d’epoca di inizio Novecento. Siamo ancora alla fine degli anni Sessanta e lo zampino, ancora una volta, ce lo mise Sauter che, vedendo gli spazi, propose a Mario di allestire una sua esposizione. «Pensavo che sarebbe stato un evento isolato, invece si è sparsa la voce». Da allora e per ben quarant’anni, la bella villa d’epoca è stata sede dell’attività espositiva dell’omonima galleria d’arte. Da quelle cantine, lo spazio espositivo si è spostato sopra il negozio di vini e battezzato Spazio Matasci Arte e poi ampliato con il Deposito. Luoghi che Matasci ha sempre gestito in maniera spartana coprendo al contempo i compiti di direttore e curatore. «Non ho mai chiesto niente a nessuno: mio padre mi diceva sempre ‘Mario, fa’ fuoco con la tua legna’».
Trascorso più di mezzo secolo, arrivato ai novant’anni più uno, ora la sua preoccupazione è trovare qualcuno che, appassionato e dedito all’arte, raccolga il suo testimone e faccia continuare questa – lo riscrivo, certa che non sia un’espressione fuori luogo – intensa storia d’amore.
Ti-Press/ Alessandro Crinari
Un magazzino congeniale dove avere tutte le opere d’arte a colpo d’occhio