“Canto perché cantare mi fa bene”. E la cosa, per chi ascolta, è reciproca. Il virgolettato é l’incipit del Fabio Concato alla Rsi di domenica sera, inaugurazione in chiave jazz degli annuali showcase serali. Un po’ al microfono di Gianluca Verga, e un po’ in rima insieme ai “musici”, Fabio regala il suo miglior Concato in sette canzoni che sono piccoli film – citando Gould in totale libertà – superbamente diretti da Paolo Di Sabatino, piano e arrangiamenti (co-starring, affiatati e misuratissimi, Marco Siniscalco al basso e Glauco Di Sabatino alla batteria). Si deve al pianista teramano l’ascolto sotto nuove vesti di ‘Canto’, ‘Guido Piano’, ‘Sexy tango’, ‘E ti ricordo ancora’, ‘Domenica bestiale’, ‘Rosalina’ e soprattutto ‘Gigi’, brano che dà il titolo a un album uscito prima dell’estate, il cui scopo è fermare nel tempo questa collaborazione. «Prima che arrangiatore di queste canzoni, sono un fan di Fabio», dice Di Sabatino dal palco. Il cantautore, da sotto gli occhiali scuri, raccoglie e rilancia, lodando il ‘buona la prima’ delle registrazioni, tipico dei jazzisti (il «sono comunque un poppettaro» è boutade che fa il pari con il “forse questa non la conoscete” che introduce ‘Domenica bestiale’, armonicamente riveduta e corretta).
Tra un film e l’altro, Concato parla di sé, dei suoi 11 anni di assenza («ma non ho mai smesso di fare concerti») e di un bisogno vitale di viaggiare («mi piace tornare a casa, anche se dopo 5 giorni inizio a guardare la valigia con nostalgia»). La ‘Gigi’ canzone – è storia – è dedicata al padre, portatore sano di una malattia per jazz e bossa trasmessa al figlio e mai guarita («Ho canzoni di João Gilberto dappertutto, a casa, in auto, sul telefono»). Dal 1990, data della sua creazione, ‘Gigi’ continua ad alimentare i dotti lacrimali degli ascoltatori e quelli del suo autore. Succede anche allo Studio 2, prima che il conclusivo “Olé” di ‘Rosalina’ conduca tutti a un ‘selfone’ di gruppo da consegnare ai social. Il lento deflusso è tutto un “e ‘Fiore di Maggio?’, “e ‘M’innamoro davvero’?”, “e quella del Telefono Azzurro?”. A questo proposito, telegrafica appendice alla recensione: il Concato jazz, iniziato in tempi certamente non sospetti, non guasterebbe vederlo all’aperto, e per più di un’ora. Jacki Marti, se stai leggendo, batti un colpo.