Fallita la conciliazione, il ministro leghista inoltra alla Pretura la causa di merito. Sullo sfondo il processo per estorsione di cui è presunta vittima
È ormai un braccio di ferro (giornalistico, con relativi importanti annessi come il diritto/dovere di informazione e la libertà di stampa) quello tra ‘laRegione’ e Claudio Zali nella vicenda processuale che vede il consigliere di Stato leghista accusatore privato, ovvero presunta vittima di tentata estorsione, tentata e consumata coazione, nonché di reati contro l’onore, e una donna, con la quale aveva avuto una relazione, presunta autrice degli illeciti menzionati. Fallito il tentativo di conciliazione con la nostra testata, il ministro ha inoltrato alla Pretura di Bellinzona la causa di merito. Ribadendo, nella petizione, le richieste. E cioè: che venga accertata, ritenendosi leso nella personalità, l’illiceità degli articoli ‘Tra amore e politica la storia va in Procura’ e ‘A processo per estorsione e coazione a danno di Zali e Genini’ pubblicati dalla ‘Regione’ rispettivamente il 20 luglio 2023 e l’11 luglio di quest’anno; che il nostro giornale venga condannato a rimuovere i suddetti articoli dal suo sito online; che alla ‘Regione’ venga vietato di riferire, sia su carta sia online “o ogni altra forma di comunicazione”, del futuro dibattimento in Pretura penale. Dibattimento nel frattempo aggiornato: il processo a carico della donna si terrà il prossimo 6 marzo (giorno di riserva venerdì 7), appunto in Pretura penale (sede a Bellinzona), inizio alle 9.15. Nell’atto d’accusa, firmato dal procuratore generale Andrea Pagani, la 40enne è imputata, come scritto, di tentata estorsione, tentata e consumata coazione, diffamazione e ingiuria. I fatti sarebbero accaduti tra il gennaio e l’ottobre del 2023. Gli accusatori privati sono due: oltre a Zali, la sua compagna Simona Genini. Deputata del Plr al Gran Consiglio e anche lei presunta vittima dei reati ricordati, è l’autrice, nel giugno 2023, della denuncia contro la donna, poi rinviata a giudizio, che ha innescato il procedimento penale.
La petizione di Zali, datata 29 novembre e intimata ieri alle parti, fa peraltro seguito a un’istanza, indirizzata sempre dal ministro alla Pretura di Bellinzona, di provvedimenti cautelari. Fra cui quello di vietare alla ‘Regione’ di pubblicare “i contenuti letterali” dell’atto d’accusa. L’istanza è datata 19 novembre. La nostra testata, patrocinata dall’avvocato Luca Allidi, esperto fra l’altro di diritto dei media (è anche membro del Consiglio svizzero della stampa), inoltrerà alla Pretura, entro i termini temporali assegnatele, le proprie osservazioni in merito alle richieste avanzate dal consigliere di Stato, contestandole.
Secondo la ventina di pagine dell’atto d’accusa, stilato da Pagani nel maggio di quest’anno, l’imputata avrebbe inondato di messaggi ed e-mail dai toni forti Simona Genini. Per, stando all’accusata, chiedere alla compagna del titolare del Dipartimento del territorio un confronto dopo aver saputo che stavano condividendo lo stesso partner, ossia Zali. Della storia avevamo riferito, e questo nell’edizione del 20 luglio 2023, dopo che l’imputata aveva pubblicato sul suo profilo Instagram aperto la propria versione dei fatti. Da noi contattato per una reazione, e quindi per conoscere anche la sua versione dei fatti, il consigliere di Stato non aveva voluto rilasciare dichiarazioni. Circostanza riportata nell’articolo, nel quale scrivevamo i nomi di Zali e Genini, personaggi pubblici, oltretutto asserite vittime di tentativi di estorsione. Un reato non proprio bagatellare.
Per Zali, si afferma tra l’altro nella petizione, la pubblicazione del suo nome “durante la fase non pubblica di un procedimento penale riguardante un ambito intimo e/o strettamente privato in cui egli è vittima, così come la diffusione di suoi fatti intimi o privati (quali le relazioni sentimentali) non sono giustificate né dalla notorietà e nemmeno dalla funzione pubblica esercitata, e sono perciò lesive del suo diritto al rispetto della sfera privata, tutelato dalle norme invocate oltre che dal Codice di procedura penale”.
Il consigliere di Stato ticinese non è però l’unico membro di un organo politico esecutivo vittima di reati penali. Basti pensare per esempio al già consigliere federale socialista Alain Berset, vittima di tentata estorsione da parte di una sua ex. E il nome di Berset è stato fatto da tutti i media svizzeri…
Diverse le argomentazioni sollevate da Zali nella petizione, sedici pagine, a sostegno delle proprie istanze. Il consigliere di Stato chiede inoltre al pretore di sentire in qualità di testi alcune persone.
Ad assistere legalmente il ministro in questa vertenza con ‘laRegione’ è l’avvocata e deputata leghista Sabrina Aldi. Ossia la stessa avvocata che a suo tempo ha patrocinato, con successo, ‘laRegione’ nel ricorso al Tribunale federale volto a ottenere l’accesso al decreto d’abbandono emanato dal Ministero pubblico nei riguardi di don Azzolino Chiappini. Ricorso accolto. Per il giornalismo svizzero e la libertà di stampa è stato ed è un risultato molto importante...