Sezioni del Tribunale d‘appello e cariche presidenziali a tempo, ritoccata la norma proposta inizialmente. Soldati: ’Trovato un compromesso’.
Cariche a tempo e compromesso. Nella riunione di questa mattina la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, presieduta dal centrista Fiorenzo Dadò, è tornata a parlare della rotazione delle cariche dei presidenti delle tre Sezioni del Tribunale d’appello, nonostante il rapporto della democentrista Roberta Soldati sia già all’ordine del giorno della sessione di Gran Consiglio al via lunedì prossimo. Rapporto con cui la commissione parlamentare invita il plenum ad accogliere parzialmente l’iniziativa del Movimento per il socialismo ‘Basta presidenti a vita delle Sezioni e Camere del Tribunale d’appello’. La ‘Giustizia e diritti’, come noto, propone di limitare la richiesta dell’Mps alle presidenze delle Sezioni – che sono appunto tre: la Sezione di diritto civile, quella di diritto pubblico e il Tribunale penale cantonale – e di ritoccare quindi in tal senso la Legge sull’organizzazione giudiziaria. Concretamente: “Ogni due anni a partire dal 1° di giugno” il Tribunale di appello, attraverso il plenum dei propri giudici, designa al suo interno “il presidente, il vicepresidente e i membri delle Sezioni e delle Camere. Il presidente e il vicepresidente delle Sezioni non sono immediatamente rieleggibili”. La novità (sin qui) sta nell’aggiunta, ovvero nell’ultima frase: presidente e vice non sono immediatamente rieleggibili.
Nella seduta commissionale si è tornati sul tema perché stando a nostre informazioni la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello avrebbe manifestato perplessità, nero su bianco e in zona Cesarini, sulla non rielezione immediata. In ‘Giustizia e diritti’, spiega Roberta Soldati interpellata dalla ‘Regione’, «siamo giunti a una soluzione di compromesso. Quella di permettere la rielezione immediata ma al massimo per ulteriori due anni». La Commissione amministrativa del Tribunale d’appello, vale a dire il vertice della massima istanza giudiziaria ticinese, «è composta del presidente, del vicepresidente dello stesso Tribunale e dei presidenti delle Sezioni – ricorda la relatrice –. Già oggi per legge presidente e vicepresidente del Tribunale d’appello restano in carica due anni e non sono immediatamente rieleggibili. Si è ritenuto che impedire l’immediata rielezione anche dei presidenti delle Sezioni possa causare problemi al funzionamento della citata commissione. Però ripeto: rinnovo della carica sì, ma per altri due anni e per una sola volta. Andare oltre, permettendo la rielezione ad esempio per tre volte, quindi complessivamente sei anni di presidenza, priverebbe di senso l’iniziativa».
Si tratta ora di capire se si andrà in Gran Consiglio con un rapporto corretto o con un emendamento per (ri)modificare la norma, consentendo la rielezione immediata, ma per una volta soltanto e per ‘soli’ due anni (in sostanza quattro anni consecutivi), dei presidenti delle Sezioni.
Cristina Maderni ha aderito con riserva. «Ero d’accordo con l’articolo di legge che avevamo messo a punto inizialmente in commissione, cioè due anni e soprattutto niente rielezione immediata – afferma la deputata del Plr –. Ho firmato con riserva perché voglio sentirmi libera di valutare un eventuale emendamento presentato in aula che riproponga il testo di partenza». Per un altro deputato del Plr, Matteo Quadranti, il compromesso raggiunto in ‘Giustizia e diritti’ «ci può stare». Non si voleva, prosegue Quadranti, «innescare lunghe discussioni con il Tribunale d’appello. In ogni caso non abbiamo appoggiato la richiesta del Tribunale di ancorare questa rotazione delle cariche al proprio regolamento. Restiamo dell’idea che debba essere inserita nella legge, in cui peraltro c’è già la disposizione che fissa in due anni la durata della carica del presidente e del vice presidente del Tribunale d’appello, che inoltre non sono immediatamente rieleggibili».
Osserva il capogruppo socialista Ivo Durisch: «Per i presidenti e i vice delle Sezioni mi sembra logico permettere almeno una loro rielezione consecutiva, complessivamente dunque quattro anni. Ciò per garantire una minima continuità del lavoro della Commissione amministrativa del Tribunale. La quale è composta dei presidenti delle tre Sezioni, oltre che dal presidente e dal vice del Tribunale d’appello: rendendo impossibile la rielezione immediata dei primi, ogni due anni la Commissione amministrativa verrebbe cambiata in pratica completamente». Alessandro Mazzoleni sostiene di aver sottoscritto «con riserva» il compromesso ma per ragioni diverse da quelle di Maderni. «Se in occasione della seduta del plenum del Gran Consiglio dovessero arrivare emendamenti che permettano la rielezione per due, tre volte voglio essere, pure io, libero di esaminarlo e se del caso sostenerlo, fermo restando che anche chi parla è contrario alle presidenze a vita delle Sezioni. Tuttavia due anni di presidenza e basta mi paiono davvero pochi e questo rischia di generare problemi di natura organizzativa».
Nel frattempo resta in bilico l’approdo all’aula parlamentare dell’iniziativa elaborata della commissione ‘Giustizia e diritti’ che mira a modificare la Legge sull’organizzazione giudiziaria (Log) per colmare i vuoti normativi indicati di recente dal Consiglio della magistratura. E per dare così all’organo che vigila sul funzionamento dell’apparato giudiziario cantonale, con anche poteri disciplinari su giudici e procuratori, la possibilità di prendere misure cautelative in un procedimento penale o giudiziario a carico di un magistrato. In altre parole: la possibilità di sospenderlo. Un’iniziativa che deriva anche dalla assai difficile situazione in cui versa il Tribunale penale cantonale (‘caos Tpc’).
Per portare il dossier davanti al plenum del Gran Consiglio già il prossimo lunedì, anticipando pertanto quello che è il normale iter che seguono le iniziative parlamentari, è necessario che il Gran Consiglio riconosca – attraverso il voto – il criterio dell’urgenza. Per fare questo serve il sì di due terzi dei parlamentari votanti. I vari gruppi decideranno se sostenerla o meno solo nei prossimi giorni. Senza la certezza del sostegno politico necessario, non è quindi detto che la richiesta dell’urgenza venga presentata.
Insomma, la risoluzione con le proposte di riforma per il potere giudiziario, votata all’unanimità dalla ‘Giustizia e diritti’ settimana scorsa, potrebbe non essere accompagnata dall’iniziativa elaborata. All’interno della risoluzione, lo ricordiamo, c’è anche la richiesta di istituire un Codice etico, della cui stesura verrebbe incaricato il Consiglio della magistratura, e anche la proposta di conferire alla giustizia autonomia finanziaria, gestionale e amministrativa.