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Gli incarichi della magistrata dei minorenni sollevano dubbi

L'Mps interroga il governo sul ruolo di Fabiola Gnesa nella commissione di esperti sugli abusi della Curia e sulla sua presenza nel Cda dell'Ipct

In sintesi:
  • Secondo i deputati Pronzini e Sergi le cariche mal si conciliano con quanto stabilisce la Legge sull'organizzazione giudiziaria
  • Chiesto al Consiglio di Stato se le nomine sono state autorizzate
‘È tutto compatibile con la Legge?’
(Ti-Press)
12 settembre 2024
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Uno dei punti controversi del caso don Leo – arrestato con l'accusa di atti sessuali su minori – sono i cinque mesi trascorsi tra la prima segnalazione alla Curia da parte della presunta vittima e il fermo del prelato avvenuto lo scorso 7 agosto al Collegio Papio di Ascona. Troppi, secondo il Movimento per il socialismo (Mps) che nelle scorse settimane ha inoltrato un’iniziativa parlamentare per introdurre l’obbligo di segnalazione immediata da parte della Curia alle autorità giudiziarie appena si ha notizia di un possibile reato perseguibile d’ufficio. Sempre l’Mps, attraverso un’interrogazione al Consiglio di Stato, segnala ora una potenziale “contraddizione” che coinvolge la magistrata dei minorenni Fabiola Gnesa e il suo ruolo quale presidente della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiastico alla Curia di Lugano. “In questo suo incarico – scrivono i deputati Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi – ci pare evidente che viene a conoscenza di fatti che potrebbero avere una rilevanza penale”. Ora, e qui sta il punto centrale sollevato dai due parlamentari, “Gnesa dovrebbe procedere, in quanto magistrata, a una denuncia immediata delle persone indiziate di avere commesso abusi sessuali”. A stabilirlo secondo i due deputati è la Legge sull’organizzazione giudiziaria che all’articolo 27a recita: “Il magistrato è tenuto a denunciare alle autorità di perseguimento penale i crimini e i delitti perseguibili d’ufficio che constata o gli sono segnalati nell’esercizio della sua funzione”. Continua l’interrogazione, “la Curia, proprio attraverso questa Commissione, rivendica e pratica una sorta di ‘diritto di prelazione’ nel trattare questi casi. Non vogliamo qui entrare nelle motivazioni addotte dalla Curia – sottolineano Sergi e Pronzini – ma diventa oggettivamente delicata la posizione di un giudice civile che presiede una commissione di esperti che lavora, pur non essendo direttamente coinvolta, con le ‘persone di contatto per il sostegno alle vittime’. È difficile credere, ma anche proprio per il valore di ‘esperti’ di questa commissione, che non siano messi a conoscenza di eventuali segnalazioni”. Oltre alla legittimità giuridica, l’atto parlamentare chiede al governo se questa situazione non sia discutibile da un punto di vista di opportunità politica e se il Consiglio di Stato aveva autorizzato la nomina.

‘È un incarico con onorario fisso’

Quello all’interno della Commissione di esperti in caso di abusi in ambito ecclesiastico non è però l’unico incarico di Gnesa sul quale l’Mps chiede lumi. La magistrata siede infatti anche nel Consiglio di amministrazione della Cassa pensioni dei dipendenti pubblici (Ipct) in rappresentanza del personale. Incarico appena rinnovato con la rielezione avvenuta lo scorso maggio dopo la votazione tra gli affiliati alla cassa. “La giudice Gnesa – scrivono i due granconsiglieri – riceve, come tutti gli altri membri del Cda dell’Ipct, una remunerazione fissa che deve essere considerata come salario. Inoltre, è soggetta ai contributi sociali e deve dichiarare la sua remunerazione dal punto di vista fiscale”. Tutto questo secondo Sergi e Pronzini mal si concilia con la Legge sull’organizzazione giudiziaria, che all’articolo 19 afferma: “I magistrati a tempo pieno sono tenuti a dedicare tutta la loro attività alla funzione a cui sono preposti”. Lo stesso articolo della Log chiarisce come essi “non possano assumere cariche federali, cantonali o impieghi con onorari annui fissi” e “non possono esercitare una professione, un commercio o un’industria anche solo a titolo accessorio od occasionale o sotto forma di mandato, né commetterne l’esercizio a terze persone o avere partecipazione o retribuzione da terzi che le esercitano”. Per i due deputati non vi è dubbio che l’impegno di Gnesa in seno al Cda dell’Ipct sia un impiego con onorario fisso o, anche, l’assunzione di un mandato. “Resta evidentemente la possibilità che il Consiglio della Magistratura l’abbia autorizzata ad assumere questa carica”. Domanda che i due interroganti girano al Consiglio di Stato chiedendo anche, eventualmente, su quali pareri giuridici o su quale giurisprudenza si basa questa decisione.

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