L’Associazione per la difesa del servizio pubblico (Asp) fa “un appello alla politica per salvare la Posta”. E lo fa scrivendo ai deputati ticinesi alle Camere federali, “affinché intervengano per porre fine a questa politica”. Negli scorsi giorni, si legge, “il Consiglio federale ha deciso di effettuare una consultazione sulla Posta dal titolo ‘Modernizzazione e stabilizzazione finanziaria del servizio universale’”. Punti chiave della consultazione, un aumento dei tempi di distribuzione delle lettere e dei pacchi, la soppressione dell’obbligo di eseguire il recapito in tutte le case abitate tutto l’anno e una trasformazione digitale nel traffico dei pagamenti. Modifiche che secondo il Consiglio federale consentirebbero alla Posta di risparmiare 45 milioni di franchi all’anno a contare dal 2026.
Per l’Asp si tratta di “scelte irresponsabili e gravi, motivate ufficialmente dai costi troppo elevati”. In tal senso, viene rimarcato, “si ignora che la Posta svolge un servizio pubblico di grandissima importanza. Per centocinquanta anni ha realizzato un disavanzo annuo medio di 500 milioni, compensati dai guadagni realizzati dalla telefonia, nel frattempo privatizzata. Lo scorso anno la Posta comunque ha realizzato un utile di 254 milioni di franchi”. Non solo. “Non è inutile ricordarlo – evidenzia l’Asp – molte decisioni della Posta allontanano l’utenza, con quelle che si potrebbero chiamare le attività dissuasive”. L’elenco è lungo: “La distanza crescente degli uffici postali dal domicilio, l’aumento dei prezzi delle lettere, il mancato rispetto dei tempi di consegna delle lettere, i costi per i pagamenti agli sportelli, la diminuzione del numero delle bucalettere e la diminuzione delle svuotature, la diminuzione degli orari di apertura degli uffici postali”. Insomma, per l’Asp, “siamo confrontati a un processo di distruzione di un servizio pubblico di alto valore”.