Giudici dei provvedimenti coercitivi, il Consiglio di Stato rilancia il tema alla luce della riforma della legge sul diritto penale amministrativo
Si istituisca un Ufficio federale dei giudici dei provvedimenti coercitivi. Lo propone il governo ticinese esprimendosi in merito al progetto di revisione totale della Legge sul diritto penale amministrativo posto in consultazione in gennaio, e sino a ieri, dal Consiglio federale. L’adozione della nuova procedura di diritto penale amministrativo – parliamo in pratica delle inchieste penali che vengono condotte da autorità amministrative federali, per esempio quella fiscale – “dovrebbe essere l’occasione per creare un Ufficio federale dei giudici dei provvedimenti coercitivi, che si occuperebbe non solo degli incarti fondati sul diritto penale amministrativo, ma anche di quelli fondati sul Codice di procedura penale”, scrive il Consiglio di Stato, dicendosi contrario all’attribuzione, da parte della Confederazione ai Cantoni, di ulteriori competenze in ambito giudiziario che la riforma in questione prospetta.
In seno alla magistratura ticinese l’Ufficio (cantonale) dei gpc è composto di quattro magistrati. Quattro giudici di garanzia chiamati, fra l’altro, a convalidare o meno gli arresti ordinati dal Ministero pubblico cantonale, e pertanto a disporre la carcerazione preventiva, ad autorizzare o meno i controlli telefonici, a pronunciarsi sulle istanze di proroga della detenzione (preventiva) oppure di libertà provvisoria, a decidere sulla richiesta di levata dei sigilli per accedere a documenti sensibili. Ma le competenze dell’autorità giudiziaria ticinese non sono circoscritte alla giurisdizione cantonale. Oggi i quattro giudici deliberano sulle misure coercitive adottate anche dal Ministero pubblico della Confederazione: conferma arresti, controlli telefonici… E questo perché manca appunto un Ufficio dei gpc per la giurisdizione federale.
Bellinzona rilancia il tema alla luce della riforma, messa a punto da Berna, della Legge federale sul diritto penale amministrativo. Revisione innescata da una mozione depositata nel 2014 dall’allora deputato del Plr al Nazionale (ora consigliere agli Stati) Andrea Caroni.
Per quanto riguarda le conseguenze della revisione normativa sull’attività dei gpc, l’avamprogetto, annota il governo ticinese, “prevede di attribuire ai giudici dei provvedimenti coercitivi dei Cantoni tutti i provvedimenti coercitivi previsti nella legge, comprese le procedure di levate dei sigilli nelle cause di diritto penale amministrativo, attualmente svolte dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale”. Una proposta, si sottolinea nella presa di posizione indirizzata dall’Esecutivo cantonale al Dipartimento federale di giustizia e polizia, che “non può essere condivisa dal Consiglio di Stato”. Il quale “postula, al contrario, la creazione di un Ufficio federale dei giudici dei provvedimenti coercitivi”.
Oggi, osserva Bellinzona, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale “funge da autorità unica di verifica e di reclamo nell’ambito delle inchieste penali amministrative federali, ciò che consente di mantenere un’unità di prassi”. Ebbene, rileva il Consiglio di Stato, “ribaltando tali compiti sui giudici dei provvedimenti coercitivi cantonali, i quali sono già sufficientemente sollecitati, vi è il rischio di creare almeno ventisei prassi, senza un reale vantaggio né per le inchieste né per la ricerca della verità materiale”.
L’introduzione di un Ufficio dei gpc per la giurisdizione federale, ricorda il governo ticinese, era stata discussa “in occasione dell’elaborazione della nuova procedura penale”, unificata a livello nazionale ed entrata in vigore nel 2011. Venne però “scartata per motivi di opportunità finanziaria, preferendo semplicisticamente delegare tale compito alle preposte autorità cantonali anche per le procedure condotte dal Ministero pubblico della Confederazione”. Tuttavia, il governo ticinese si allinea “all’opinione della Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia, secondo cui l’istituzione di un Ufficio dei giudici dei provvedimenti coercitivi a livello federale porterebbe, oltre che a un notevole sgravio dei corrispondenti uffici cantonali di incarti impegnativi, a eliminare l’attuale, insoddisfacente commistione di autorità cantonali e federali in una medesima procedura, sia essa di diritto penale ordinario che di diritto penale amministrativo”. Il Consiglio di Stato fa peraltro presente “come per esempio le procedure di dissigillamento possono essere molto impattanti sull’attività abituale di un Ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi” cantonale.