I prezzi dei carburanti sono in risalita nelle ultime settimane. Antonioli Mantegazzini (Usi): ‘La corsa al ribasso c'è soprattutto su strade regionali’
Il prezzo della benzina è tornato a salire negli ultimi tempi. Se ne sono accorti gli automobilisti che percorrono le strade del Ticino e scrutano i numeri esposti alle stazioni di servizio in cerca del prezzo più vantaggioso. 1,95 franchi al litro di benzina in un distributore del Bellinzonese. 1,76 per lo stesso carburante nel Mendrisiotto (tra le cifre più basse che abbiamo trovato). Più alti, come noto, i prezzi per il diesel. In questi casi si superano spesso i due franchi al litro anche se alcune eccezioni, a dipendenza della regione e della stazione di distribuzione, ci sono: 1,89 franchi al litro in un “distributore libero”, ovvero una stazione di servizio che non appartiene a grandi gruppi. A rimarcare una situazione tesa sul fronte dei prezzi c’è anche il Tcs, che ha segnalato da inizio anno già nove correzioni. Solitamente sono una decina in dodici mesi.
Ben differenti i prezzi che si trovano alle pompe di benzina lungo l’autostrada. Qui si arriva a pagare fino a 40 o 50 centesimi in più. 2,40 franchi al litro la benzina, oltre i 2,50 il diesel. «Sono diverse le ragioni che spiegano questa differenza a volte anche importante», dice a ‘laRegione’ Barbara Antonioli Mantegazzini, professoressa titolare alla facoltà di scienze economiche all’Usi, dove è anche vicedirettrice dell’Istituto ricerche economiche (Ire), e docente Supsi. «Sicuramente i distributori in autostrada godono di un vantaggio legato a minori pressioni concorrenziali. Sono gli unici per una certa tratta e uscire dall’autostrada per andare a cercare una stazione lungo le strade regionali non sempre è conveniente, specialmente per un turista. Va poi detto – aggiunge Antonioli Mantegazzini – che spesso si tratta di stazioni grandi che hanno costi maggiori». Di norma gli studi condotti evidenziano come i distributori che spesso appartengono a grandi gruppi, «tendano a guardare cosa fa la concorrenza e a essere maggiormente prudenti nel praticare politiche di prezzo al ribasso». Diversamente, sulle strade cantonali, una maggiore concentrazione di “distributori” liberi può innescare dinamiche di concorrenza per offrire il prezzo più vantaggioso. «Sulle strade regionali gli imprenditori, che magari hanno aziende a conduzione familiare con minori costi di personale e una filiera più corta, cercano di ritagliarsi la loro fetta di mercato. Mentre in autostrada, per i motivi detti in precedenza, questa dinamica la troviamo raramente». La stessa situazione si riscontra anche oltre Gottardo, dove i prezzi finali della benzina in autostrada sono simili a quelli ticinesi. «Lo mostrano i dati di Comparis.ch. Ci sono magari delle disparità con alcune regioni dove c’è una concentrazione maggiore di distributori lungo l’autostrada. Ma in linea generale le differenze non sono eccessive nonostante il carburante arrivi seguendo strade diverse: normalmente dall’Italia quello ticinese e dal nord Europa quello d’oltre Gottardo».
Quando si parla del prezzo del carburante bisogna anche ricordare quali sono i fattori che lo determinano e il loro “peso”. «Circa la metà di quello che spendiamo al distributore finisce in tasse», afferma Antonioli Mantegazzini. A inizio 2022, quando i prezzi del carburante avevano toccato il loro apice, molti Paesi avevano deciso di andare incontro agli automobilisti riducendo la tassazione. In Italia, ad esempio, erano state sospese per un certo periodo le accise. La Svizzera aveva invece optato per una politica più “attendista”, aspettando quindi che i prezzi calassero senza intervenire. «Le entrate fiscali dalle imposte sui carburanti vengono utilizzate per molte altre cose. Ridurle vuol dire caricare i costi di queste voci di spesa sulla collettività, pure su chi non è un automobilista», afferma la professoressa titolare dell’Usi. Anche altri fattori che incidono sul prezzo sono difficilmente controllabili, come quello della materia prima e del trasporto. «Il petrolio, che viene commerciato in dollari, ha un proprio mercato. La Svizzera può fare ben poco perché, anche modulando la propria domanda, non riesce a incidere granché. Sono altri i fattori che determinano l’andamento di questa componente del prezzo poi richiesto alle stazioni di servizio». Tra questi: la quantità di produzione dei Paesi estrattori, le tensioni geopolitiche e i costi del trasporto. «È sicuramente la componente che più ha causato le fluttuazioni di questo periodo», afferma la vicedirettrice dell’Ire. «Negli ultimi anni abbiamo avuto il ‘collo di bottiglia’ dell’offerta dopo la ripresa dalla pandemia, la guerra in Ucraina, la siccità del 2022 che ha ridotto la capacità di trasporto sul Reno e ora il conflitto in Medio Oriente. Sono fattori che pesano negativamente sul prezzo finale. Anche se va detto che questo continua a salire già dal 1995».
E la parte d’incasso degli imprenditori? «Secondo Avenergy Suisse è circa del venti percento», risponde Antonioli Mantegazzini. «Va comunque ricordato che si tratta di un mercato libero, non regolamentato. Fa riflettere quando viene rimproverato ai proprietari di stazioni di ‘fare margine’. Si tratta di attori che assumono un rischio d’impresa e che con quel margine devono pagare il loro lavoro, quello di eventuali dipendenti e saldare le fatture».
Il margine di manovra per il consumatore è quindi molto limitato. «Lo spostamento in automobile spesso è una necessità alla quale è difficile rinunciare. Si può cercare, nel limite del possibile, di passare al mezzo pubblico o condividere tragitto e spese con altre persone. Sono consigli banali – ammette la ricercatrice della Supsi – ma sul breve termine non si può fare molto altro». Gli interventi più incisivi sono infatti di tipo strutturale e riguardano le modalità di lavoro, con la possibile implementazione del telelavoro, il cambiamento delle modalità di consumo e il potenziamento del trasporto pubblico. Un esempio: «Andare dal centro di Lugano a quello di Bellinzona ora è più comodo con il treno».