Accolta in parte la richiesta della difesa: l’imputato principale potrà essere interrogato sulla sua situazione personale in assenza del pubblico
Non solo l’istanza della difesa di uno dei due imputati di svolgere parte del dibattimento a porte chiuse, ma anche la richiesta di ricusazione del presidente della Corte penale. È con questi presupposti che si è aperto stamane al Tribunale penale federale di Bellinzona il processo a Tarek Obaid, di nazionalità saudita e svizzera, e Patrick Mahony, cittadino britannico e svizzero. I due uomini d’affari, ritenuti dall’accusa implicati nello scandalo che ha coinvolto il fondo sovrano della 1Malaysia Development Berhad (1Mdb), sono sospettati di avere sottratto e riciclato almeno 1,8 miliardi di franchi, allo scopo di arricchire se stessi e terze persone. Obaid, considerato l’imputato principale nel processo sul troncone svizzero dello scandalo finanziario, è accusato di gestione infedele, corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri, falsificazione di documenti, riciclaggio di denaro aggravato e gestione infedele di interessi pubblici. Mahony deve rispondere delle stesse accuse, a eccezione della falsificazione. Il processo in corso a Bellinzona è presieduto da David Bouverat. Giudici a latere, Fiorenza Bergomi e Jean-Luc Bacher.
Ed è proprio alla presidenza della Corte penale che l’avvocato Nicolas Rouiller, difensore di Obaid, ha mosso delle critiche. Citando una serie di dichiarazioni del giudice, che indicherebbero un pregiudizio da parte sua nei confronti dell’imputato, Rouiller ha chiesto la ricusazione di David Bouverat, presidente, appunto, della Corte penale. L’avvocato – che ha preso il posto di Daniel Zappelli, assente per motivi personali – ha inoltre indicato che la questione sarà sottomessa alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Riferendosi anche al caso di Erwin Sperisen, l’ex capo della polizia del Guatemala condannato a quindici anni di carcere che aveva denunciato la parzialità del presidente della Corte d’appello di Ginevra, Rouiller ha ricordato che Bouverat aveva chiesto la custodia cautelare del proprio cliente dopo che Obaid aveva lasciato la sua casa a Ginevra, giustificando questa richiesta con il timore che l’imputato potesse fuggire.
Secondo il legale, Bouverat avrebbe anche parlato di una tattica dilatoria da parte dell’imputato per revocare i mandati di difesa al fine di evitare la condanna. Ciò dimostrerebbe che il presidente della Corte penale aveva già sposato la posizione del Ministero pubblico della Confederazione (Mpc) e che non sarebbe quindi in grado di condurre il procedimento in modo imparziale.
Dopo essersi confrontata, la Corte penale ha però convenuto che non vi fossero elementi a sufficienza per ricusare Bouverat, che continuerà dunque a ricoprire il suo ruolo fino a quando la Corte dei reclami penali non si sarà espressa in merito.
Sollevata nella mattinata dall’avvocata Myriam Fehr-Alaoui, del collegio difensivo di Obaid, l’opportunità o meno di svolgere parte del dibattimento a porte chiuse è stata discussa dalla Corte solo nel tardo pomeriggio, dopo aver affrontato la richiesta della difesa di ricusazione di Bouverat. Non solo. Fehr-Alaoui aveva chiesto di tenere a porte chiuse anche la discussione sulla possibilità di svolgere parte del dibattimento senza pubblico, richiesta però respinta dalla Corte penale.
Sull’istanza di chiudere le porte, la procuratrice federale Alice de Chambrier ha respinto la tesi secondo cui la vita dell’imputato sarebbe in pericolo, sottolineando che il caso ha negli anni ricevuto una grande copertura mediatica e che le accuse, i fatti e i nomi delle persone coinvolte sono pubblici e noti. «Se si fosse sentito minacciato – ha illustrato de Chambrier – l’imputato non sarebbe stato visto questa mattina a fumare una sigaretta su una terrazza di Bellinzona».
Alla fine del pomeriggio Obaid ha però ottenuto una prima vittoria. La Corte penale ha infatti accolto parzialmente la richiesta della difesa concedendo l’esclusione del pubblico durante l’interrogatorio davanti al Tribunale penale federale del principale imputato sulla propria situazione personale. Obaid, ha spiegato il presidente della Corte, afferma di essere stato consigliere privato della Corona saudita nel palazzo dell’allora re Abdullah, il cui settimo figlio, il principe Turki, era il suo migliore amico, ma che alla morte del sovrano sarebbe caduto in disgrazia, il che potrebbe mettere in pericolo la sua vita. Stando così le cose, secondo Bouverat, se da un lato l’interesse alla trasparenza dei dibattimenti escluderebbe le porte chiuse complete, dall’altro i rischi estremi invocati da Obaid, per sé e per le persone a lui vicine, impongono che l’imputato possa parlare della propria situazione personale in assenza del pubblico. In particolare, ha precisato la Corte, non potranno essere rivelati il suo reddito e il suo patrimonio attuali.
Procedimenti penali per lo scandalo 1Mdb, lo ricordiamo, sono stati aperti in vari Paesi. In Malaisia la vicenda ha portato alla caduta del governo del primo ministro Najib Razak nel 2018, condannato nel 2020 a dodici anni di carcere e multato per 210 milioni di ringgit (44 milioni di franchi). Lo scorso febbraio il Comitato per la grazia della Malaisia ha ridotto la pena a sei anni.
Lo scandalo 1Mdb ha interessato non poco anche la Svizzera e il Ticino. A essere travolto anche l’istituto luganese Bsi, rilevato nel 2016 da Efg International. Diversi ex dipendenti della Bsi sono condannati a pene detentive a Singapore. In gennaio, al termine di un’inchiesta durata sei anni, l’Mpc ha emanato un decreto d’accusa nei confronti della Bsi per riciclaggio di denaro aggravato in relazione al caso. La Procura federale ha chiesto alla banca ticinese il pagamento di una multa di 4,5 milioni di franchi, decreto d’accusa accettato dalla banca.