Gli utili record della banca portano più soldi nelle casse pubbliche. Intervista a Fabrizio Cieslakiewicz sul tema dei tassi d'interesse e le prospettive
È stato un 2023 definito come «eccezionale» quello di BancaStato. Una considerazione figlia dei numeri: un utile di 101 milioni di franchi, il 56,8% in più rispetto al 2022 arrivato grazie, soprattutto, alle operazioni su interessi che portano una crescita di 87,6 milioni arrivando a 273,6 milioni in totale. Per non parlare dei crediti ipotecari, che vedono un incremento del 3,7% (+422,8 milioni) per circa 12 miliardi totali. Con il rialzo dei tassi d’interesse, che ha permesso una forte crescita dei ricavi netti (360,9 milioni di franchi, +37%). E a beneficiarne sarà soprattutto il Cantone Ticino, a cui verranno versati oltre 65 milioni di franchi, quasi venti milioni in più del 2022 (+43,5%).
Per il presidente del Consiglio d’amministrazione Bernardino Bulla i risultati «sono di portata storica. Permangono incertezze macroeconomiche e geopolitiche che incidono sui tassi d’interesse e impattano sull’attività delle banche, ma le attese per il 2024 salvo il degrado della congiuntura sono positive. I primi due mesi sono stati in linea con le previsioni, ma sarà difficile replicare i risultati del 2023».
Risultati che hanno avuto, si diceva, un impatto importante per il Cantone, con un versamento che il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta definisce «molto importante», sottolineando che «una banca, la Banca nazionale, non ha pagato nulla mentre quella cantonale ci dà soddisfazioni anche perché le cifre confermano il buon andamento degli ultimi anni, l’evoluzione positiva del gruppo ed è il segno che la strategia attuata dal Cda e dalla Direzione generale sono quelle giuste». Vitta rileva anche l’importante ruolo dell’istituto «a favore della collettività, grazie alla sua vicinanza al territorio che si manifesta in 4,7 milioni versati ad associazioni ed enti culturali e sportivi».
Il presidente della Direzione generale Fabrizio Cieslakiewicz è visibilmente soddisfatto: «Questo risultato eccezionale è merito di tutte le attività del gruppo, perché abbiamo una squadra compatta e coesa che ci ha permesso di vivere un ottimo 2023». Anno della fine del Credit Suisse... Ha avuto un impatto? «Sì, c’è stato un effetto – risponde Cieslakiewicz – ma senza alcun sciacallaggio: la perdita di una banca così importante ha avuto i suoi effetti, ne abbiamo beneficiato ma sicuramente in maniera corretta, facendo prevalere la nostra qualità invece che tassi o condizioni scontate».
Evidente, va da sé, l’orgoglio anche dell’avvocato Marco Tini, Presidente della Direzione generale di Axion Swiss Bank: «Abbiamo conseguito risultati eccellenti, quasi triplicandoli dal punto di vista reddituale a beneficio del gruppo». Grazie, soprattutto, alla voce “cost/income” che con il dato del 39,1% rende Axion la banca in Svizzera coi numeri migliori.
Direttore Cieslakiewicz, parlate di un ottimo risultato ottenuto grazie “alla normalizzazione dei tassi d’interesse”. La politica monetaria della Bns giova quindi ai risultati delle banche e un po’ meno a quelli delle finanze pubbliche?
Gli eccellenti risultati del Gruppo BancaStato sono stati ottenuti da singoli fattori che si sono combinati tra loro. Da una parte abbiamo appunto la normalizzazione dei tassi di interesse da parte della Banca Nazionale Svizzera. È un fattore di mercato, che non possiamo influenzare. Ciò su cui possiamo invece intervenire direttamente sono gli aspetti strategici del Gruppo BancaStato. Grazie a tale lavoro è possibile ottenere volumi creditizi in crescita e attuare una politica di rifinanziamento lungimirante: due fattori che appunto si sono combinati con il rialzo dei tassi di interesse. In altre parole: avremmo comunque registrato una crescita dei ricavi, anche se magari meno spiccata. Parlando specificatamente della politica monetaria della Bns, vorrei ricordare che essa ha il compito di garantire la stabilità dei prezzi tenendo conto dell’evoluzione congiunturale. Per mantenere la stabilità dei prezzi e del mercato, l’attività della Bns si basa su varie “leve”, e i tassi di riferimento sono uno strumento in tal senso; le perdite della Bns sono tuttavia causate da un insieme di singoli fattori, non da ultimo dagli accantonamenti per riserve monetarie.
Da un lato i risultati di “portata storica” di BancaStato, dall’altro il mondo economico, in particolare quello legato all’export, soffre a causa dell’eccessivo rafforzamento del franco. C’è da attendersi un’inversione di tendenza a breve termine?
Il rafforzamento del franco è stato una leva con cui la Bns ha protetto l’economia svizzera dalla così chiamata “inflazione importata”. Nei nostri Paesi limitrofi il carovita si aggirava a livelli anche tripli rispetto ai nostri. Gli analisti ritengono che il franco svizzero abbia ora finito di rafforzarsi. Salvo avvenimenti geopolitici di grande rilievo, i quali potrebbe portare gli investitori a rifugiarsi nell’oro e appunto nel franco svizzero, dovrebbe instaurarsi una tendenza a un indebolimento del franco lungo tutto il corso del 2024. È naturale che il progressivo rafforzamento del franco abbia avuto un impatto rilevante sulle attività produttive destinate all’esportazione. Rincuora il fatto che storicamente le aziende elvetiche si sono sempre dimostrate resilienti nei confronti di tale aspetto. Un franco più debole darà certamente più ossigeno alle aziende del territorio. Sul fronte dei tassi di interessi, invece, le banche centrali, compresa la Bns, stanno valutando un taglio dei tassi nel corso del 2024. Un minore tasso di riferimento significherà tassi ipotecari più bassi, anche se vi è da dire che il tasso delle formule “fisse” è già calato negli ultimissimi mesi. Ciò avrà un impatto sui ricavi da interesse ma anche sulla domanda dei crediti ipotecari.