Marco Noi (Verdi) interroga il governo: ‘Se si vogliono delle finanze più sane, si rimettano in discussione le culture salariale, fiscale e perequativa’
Una cultura salariale, fiscale e perequativa più equa per finanze più sane. È quanto chiede al Consiglio di Stato il deputato dei Verdi Marco Noi in un’interrogazione presentata assieme a Samantha Bourgoin, Matteo Buzzi, Giulia Petralli e Nara Valsangiacomo. “Se si vuole un Cantone più forte con finanze più sane – afferma infatti il co-coordinatore dei Verdi – c’è più di un motivo per rimettere in discussione la concorrenza fiscale che favorisce persone benestanti, oltre che le grandi aziende, a scapito delle persone e delle aziende meno benestanti, così come vi è più di un motivo per mettere in discussione anche la politica economica e salariale del nostro cantone, nonché il senso e la giusta interpretazione della solidarietà federale, sia in ambito di concorrenza fiscale, sia in ambito di perequazione finanziaria nazionale”.
Il granconsigliere ecologista va dritto al punto, con una serie di valutazioni e domande rivolte al Consiglio di Stato. Partendo dalla premessa che “la linea politica finanziaria scelta dalla maggioranza del parlamento è di agire sulle uscite, ma non sulle entrate aumentando il prelievo fiscale”, Noi evidenzia come “le scelte del Consiglio di Stato per il Preventivo 2024, le proteste di piazza, di parecchie associazioni attive nell’ambito sociale e di parecchi enti pubblici e parapubblici, l’insoddisfazione dei partiti di governo e le enormi difficoltà da loro incontrate per avallare misure che prevedono dei veri e propri tagli di prestazioni a persone in difficoltà e al ceto medio, indichino che la strada intrapresa non è molto proficua”. Ragione per cui per il co-coordinatore dei Verdi “si impone la ricerca di altre vie che prevedano il contributo di tutte le parti, nessuna esclusa, a riportare e mantenere in equilibrio, o addirittura in attivo, le finanze cantonali e di riflesso anche quelle degli Enti locali. A tale scopo è necessario agire sia sul fronte delle uscite, sia su quello delle entrate”.
Noi mette quindi in riga tutta una serie di dati per chiedere lumi sulla disparità salariale. “È noto – scrive – che in Ticino i livelli salariali sono in media più bassi di 1’200 franchi rispetto alla media svizzera. Non è dunque un caso che il tasso di povertà e rischio povertà in Ticino sia quasi il doppio, così come non è un caso che la percentuale di contribuenti esentasse sia negli anni aumentata attestandosi ora a più del 26% dei contribuenti (più di 55mila esentasse). Questa situazione di precarietà salariale determina la fatica di tante persone e famiglie ad arrivare alla fine del mese, necessitando così di sussidi pubblici con enormi spese per lo Stato”. E aggiunge. “Oltre a ciò, il mercato del lavoro ticinese è poco attrattivo per i nostri giovani”.
Noi si lancia poi in una “riflessione contro-provocatoria all’altrettanto provocatoria affermazione della categoria imprenditoriale, secondo cui l’imprenditore sarebbe colui che ‘crea valore genera ricchezza, occupazione e posti di lavoro per la società’. Se ciò è vero, bisogna dedurre che tale ricchezza non è andata a beneficio dei livelli salariali più bassi nel nostro Cantone”. Il deputato ecologista chiarisce: “Dal 2008 al 2020 la mediana salariale cantonale è aumentata del 5,5%, mentre quella Svizzera è aumentata del 10%. Ergo: o gli imprenditori Svizzeri sono stati decisamente migliori di quelli del nostro Cantone nel produrre ricchezza, oppure trattengono maggiori ricchezze per loro non ridistribuendola a tutte le persone che hanno partecipato a generarla”.
Per il co-coordinatore dei Verdi, “appare evidente che è di fondamentale importanza aumentare i salari sul nostro territorio. Questo permetterebbe a molte persone, oltre che di trarre maggiori soddisfazioni dal proprio lavoro, di emanciparsi dai sussidi pubblici alleggerendo le uscite dello Stato e nel contempo di arrivare a pagare le tasse aumentando in questo modo le entrate dell’erario, così come permetterebbe ai giovani di non emigrare per forza con tutte le ricadute del caso”.
Per quanto concerne le entrate fiscali, “il parlamento – si legge – non solo ha impedito di lavorare anche sulle entrate, ma recentemente ha fatto un ulteriore passo nella direzione di addirittura diminuirle, approvando un pacchetto di sgravi fiscali, di cui la misura certamente più discutibile è quella dello sgravio alle persone particolarmente facoltose”. Di più. “Tale misura contrasta innanzitutto palesemente con il principio costituzionale della ‘Responsabilità individuale e sociale’ (l’articolo 6 della Costituzione svizzera), che prevede che ognuno contribuisca secondo le proprie forze a realizzare i compiti dello Stato e della società. La cultura coltivata in Ticino dalla maggioranza è invece quella di (s)caricare in maniera gravosa sulle persone meno abbienti (ceto medio) e in difficoltà (anziani, disabili, giovani) la responsabilità di risanare le casse dello Stato diminuendo loro le prestazioni, mentre alle persone molto abbienti si sconta invece tale responsabilità, permettendo loro di contribuire addirittura alla società”. Stando a Noi, è “palese l’insensatezza di questo tipo di politica fiscale, la quale necessità urgentemente di correttivi per evitare il ‘dumping fiscale’ e il conseguente rinforzo delle disparità nella distribuzione della ricchezza”.
Sulla perequazione il deputato ecologista rileva: “Sembrerebbe che il Ticino – dove i salari medi e mediani sono i più bassi della Svizzera, dove vi è il più elevato tasso di povertà, dove vi è la percentuale di anziani più elevata e dove le finanze non sembrano essere così in salute – venga considerato un Cantone finanziariamente tutto sommato forte o comunque più forte dei cantoni limitrofi che per giunta esercitano un’importante concorrenza fiscale sul Ticino”. E afferma: “Si tratta anche di capire come eventuali modifiche in ambito fiscale o in altri ambiti avallate dal Gran Consiglio possano incidere sulla ponderazione dei vari fattori di calcolo che determinano l’ammontare del contributo perequativo, per capire se magari modifiche fiscali o altro possano portare alla perdita di contributi perequativi”.