Lo chiedono l’Unione contadini ticinesi e l’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori: ‘È ora di cambiare paradigma’
“È ora di cambiare paradigma a tutti i livelli e non continuare a chiedere che sempre e solo gli allevatori si debbano responsabilizzare di più, e debbano fare sempre di più con oneri finanziari rilevanti, per una situazione non voluta, ma favorita da altri. Adesso diventa assolutamente imperativo che ognuno di noi faccia veramente la sua parte”. Si conclude cosi il comunicato stampa congiunto dell’Unione contadini ticinesi (Uct) e dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori (AptdaiGp Ticino) in cui i due enti mettono in luce alcune riflessioni riguardanti la situazione attuale del lupo. Oggetto della nota, un maggiore riconoscimento del lavoro degli allevatori.
Nel comunicato l’Uct e l’AptdaiGp Ticino accolgono positivamente il fatto che si vada “verso un maggiore riconoscimento del lavoro e dell’impegno profuso dagli allevatori nella protezione dei propri animali. E finalmente anche verso la consapevolezza, dopo diversi studi, che le situazioni di non proteggibilità costituiscono la maggioranza nel nostro Cantone, ovvero più del 70% delle aziende ovicaprine ticinesi”. Non mancano tuttavia alcune rivendicazioni, come “il riconoscimento – si legge nella nota – degli indennizzi anche dei capi dispersi in seguito appunto a un attacco predatorio”, in quanto “naturale conseguenza” della “maggiore attenzione alle predazioni avvenute in situazioni di protezione virtuose, che costituiscono la maggioranza”. Altra criticità, “la tendenza di equiparare le predazioni avvenute in alpeggi ‘non proteggibili’ a quelle avvenute in ‘situazioni non protette’ che persiste a livello federale e che penalizza gli allevatori i cui animali vengono alpeggiati nei primi, è assolutamente deleteria e per esempio non ha permesso l’eliminazione del branco dell’Onsernone”. Tant’è che la speranza dell’Uct e dell’AptdaiGp Ticino è che “la stagione alpestre 2024 venga affrontata con un altro approccio rispetto al passato, sia a livello di comunicazione che di misure di sostegno, concretizzando i primi segnali emersi. E che l’impegno e le difficoltà riscontrate dagli allevatori ticinesi in merito alle misure di protezione ragionevolmente esigibili vengano maggiormente riconosciuti sia dalle autorità sia dalla popolazione che non ne è direttamente coinvolta”.