Marzio Della Santa, sezione enti locali, risponde alle critiche mosse dai cinque centri urbani ticinesi. ‘Una lettura oggettiva solo a fine consultazione’
«Non c’è una soluzione che farà felici tutti. Bisogna essere consapevoli che la soluzione proposta è lontana da quella auspicata inizialmente e le cause sono da ricercare in entrambi i campi». È chiara la risposta di Marzio Della Santa, capo della Sezione degli enti locali (Sel), alle critiche ricevute negli scorsi giorni da diversi Comuni sulla riforma ‘Ticino 2020’, il progetto con cui Cantone e comuni vogliono rivedere la suddivisione dei compiti e rivedere i flussi finanziari tra Cantone e Comuni. «Come Direzione di progetto, che ricordo essere paritetica, nutriamo la speranza che su entrambi i livelli politici si arrivi a una soluzione che possa essere il più possibile sostenuta», afferma Della Santa. A farsi avanti nelle scorse settimane erano stati i Municipi dei centri urbani – Chiasso, Mendrisio, Bellinzona, Locarno e Lugano – attraverso una lettera firmata dai rispettivi sindaci e segretari. Tre pagine fitte nelle quali non si usano mezze parole. «Siamo consapevoli, e lo eravamo dall’inizio, che ci sarebbero stati comuni che avrebbero condiviso il progetto e altri no. Ci sono oggettivamente delle criticità nella proposta che è stata messa sul tavolo – ammette il capo della Sel –, ci sono però anche dei punti di forza, in modo particolare sul fronte della perequazione. La lettura oggettiva di questi aspetti potrà avvenire solo una volta terminata la consultazione». Termine che è stato posticipato all’inizio di dicembre. «Poi inizierà l’analisi delle prese di posizione, che sono anche molto variegate tra loro. La lettura oggettiva delle posizioni assunte dai 106 comuni ticinesi potrà avvenire solo una volta terminata la consultazione». Consultazione, ricorda Della Santa, «voluta proprio per raccogliere le opinioni e cercare di portare una serie di migliorie a quanto proposto». L’analisi delle prese di posizione terminerà verso gennaio, momento a partire dal quale si inizierà a valutare le varie opzioni utili per ottimizzare il sistema. «Una soluzione che possa avere maggiore sostegno verrà proposta tra maggio e aprile al comitato strategico, che poi dovrà decidere quale scenario adottare». In ogni caso, precisa Della Santa, «si dovrà anche tenere conto delle condizioni poste da Cantone e comuni, che non offrono molto margine di manovra».
Nella lettera dei Municipi dei centri urbani più grandi viene citato l’esempio – definito pratico e lampante – della gestione delle strutture per anziani. Secondo gli Esecutivi “non vi è alcun incentivo concreto e tangibile a compiere sforzi per mettere in rete le strutture in modo da ottimizzare la gestione e renderla maggiormente efficace ed efficiente”. E proprio dall’esempio della gestione degli anziani parte la risposta del capo della Sel: «Il tema della presa a carico sociosanitaria degli anziani è complesso e retto in primo luogo dalla Legge sull’assicurazione malattia, che ricordo essere una norma federale. Un ambito dove lo stesso Cantone fatica talvolta a proporre e adottare misure per contenere l’evoluzione dei costi. Ciò detto occorre riconoscere che l’attuale soluzione è effettivamente solo in parte incentivante per i comuni più virtuosi e quanto proposto e concordato con i comuni nei mesi passati rimedia in parte alla critica sollevata».
A prendere posizione in maniera critica è stato anche il Municipio di Gambarogno “spaventato” dal fatto che il progetto di riforma sia basato su dati del 2019 “ormai desueti”. «Per arrivare a calcolare i costi e l’impatto sui singoli comuni bisogna avere dei dati corretti – spiega Della Santa –. Per alcune voci di spesa questi dati non sono di cassa, cioè pagati nell’anno di riferimento come riportato nei consuntivi comunali, ma di competenza, ossia realmente riconducibili alle prestazioni erogate nell’anno di riferimento. Per calcolare questi costi ci vogliono normalmente diversi mesi, ma la pandemia ha reso questo calcolo particolarmente difficile, senza contare i costi generati proprio dalla crisi sanitaria, che hanno gonfiato alcune voci di spesa negli anni 2020 e 2021. Non ci è sembrato giusto utilizzare i dati di quegli anni e se l’avessimo fatto, probabilmente, qualcuno si sarebbe lamentato».