Al comitato cantonale dell'Udc molto ottimismo ma altrettanta fermezza: ‘Dobbiamo lavorare, lavorare e lavorare per confermare il seggio agli Stati’
«Non sediamoci, non facciamo errori e continuiamo a lavorare, lavorare, lavorare». Suona la carica e tiene tutti sull’attenti il presidente cantonale dell’Udc Piero Marchesi davanti al comitato democentrista riunito stasera a Bellinzona. Primo, perché il 19 novembre «c’è da rieleggere Marco Chiesa agli Stati», poi perché «adesso abbiamo una grande responsabilità. Siamo cresciuti, questo ci obbliga a essere ancora più efficaci, proattivi e insistere sui nostri valori».
C’è aria di festa in casa Udc. I sorrisi abbondano, le presenze del ‘parlamentino’ aumentano sempre di più, e l’ottimismo regna sovrano. Ma Marchesi tiene fermissimo il timone della nave democentrista. Soprattutto in vista del ballottaggio per la Camera dei Cantoni: «Chiesa non è solo il candidato dell’Udc, ma di tutta l’area. Un’area che rappresenta i cittadini che vogliono una Svizzera libera, indipendente e sovrana, un approvvigionamento energetico sostenibile economicamente, un sistema dell’asilo sotto controllo e una Svizzera che rimanga Svizzera».
Ed è lo stesso presidente nazionale democentrista e consigliere agli Stati uscente Marco Chiesa che, con ironia ma fino a un certo punto, prendendo la parola dice che «è proprio quando mi dicono di star tranquillo che comincio a preoccuparmi. Posso solo ringraziare tutti voi che mi avete sostenuto, ma ora serve sostegno per il ballottaggio». Dove non ci sarà «una seconda manche come nello sci che ci si porta dietro il vantaggio accumulato, si parte da zero, dobbiamo confermare 39mila voti e non è semplice». Dopo averlo giocoforza fatto, Chiesa però quasi si sfoga: «Non voglio più parlare né di fiduciarie né di polemiche su Chiasso, ma di Svizzera. Senza alcun politicamente corretto, perché così si nasconde la realtà. Noi dobbiamo dire quali sono i problemi, quali sono le nostre soluzioni e lottare per farle vincere».
Tornando a Marchesi, beh, ride sotto i baffi quando dopo aver predicato calma e gesso non può non sottolineare che «questo è uno di quei comitati belli, dove ci si presenta col sorriso sulle labbra: siamo stati il terzo partito in Ticino in queste federali, assieme a Lega e Udf siamo stati capaci di confermare e aumentare la nostra presenza a Berna». E sulla tenuta dell’area dopo il sorpasso effettuato sulla Lega, il presidente cantonale democentrista non esita un istante: «Per noi l’accordo è in vigore, è evidente che uniti si vince: c’è chi l’ha fatto alle cantonali confermando due seggi in Consiglio di Stato, c’è chi l’ha fatto adesso ottenendo un seggio in più al Nazionale».
Anche se, nonostante il successo dell’Udc, l’area fatica. Lo sottolinea il granconsigliere e segretario cantonale Alain Bühler facendo notare che dal 2015 al 2023 si è passati dal 32,98% al 28,55. Quindi, «giubilo sì, ma è ovvio che a lungo andare la situazione non è così rosea».
«La Lega ha un problema di management, ma il leghismo esiste ancora» rincara il capogruppo in Gran Consiglio Sergio Morisoli: «Se vogliamo continuare ad andare avanti non dobbiamo gioire per il loro calo. È come se facessimo quattro gol in attacco ma prendendone sei in difesa».
Ciò detto, quando la fiera dei sorrisoni riprende quota, è lo stesso Marchesi a porre una questione che in pochi in sala si aspettavano: «Occorrerà prima o poi sviluppare una riflessione sulla presidenza». Stop, fermi tutti: «Non sto assolutamente rassegnando e parlando di dimissioni», smorza. Ma «se vogliamo far correre il partito con dinamicità serve guardare anche ai prossimi quattro anni, io non vorrò fare il presidente a vita e dobbiamo essere capaci di costruire nuove generazioni e non si fa in un attimo». Insomma, non oggi, non domani, ma prima o poi il tema si porrà.