Nelle oltre mille pagine del ricorso della Dda di Milano sono molteplici i riferimenti al boss di Cosa Nostra morto di recente. Il ‘tesoro’ svizzero
Ci sono anche Matteo Messina Denaro e la provincia di Varese nelle oltre 1'100 pagine del ricorso che la pm della Direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Cerretti ha presentato al Tribunale del riesame del capoluogo lombardo dopo che il gip Tommaso Perna ha bocciato 142 delle 153 misure cautelari, non riconoscendo per mancanza di prove l'esistenza dell'alleanza delle tre storiche mafie italiane: Cosa Nostra, Camorra e ’Ndrangheta. Una decisione quella del giudice per le indagini preliminari milanese che ha sollevato non poche polemiche.
D'accordo con la Dda guidata da Alessandra Dolce, procuratore aggiunto, si è detto Nando dalla Chiesa, sociologo, scrittore e animatore del movimento antimafia milanese. Il quale ha dichiarato: “La Direzione distrettuale antimafia ha saputo anticipare le nuove dinamiche della criminalità organizzata. La ricchezza dei lombardi fa gola. Ed è chiaro che le diverse organizzazioni criminali cerchino una strategia comune: con bocconi così accattivanti e con il Canton Ticino così vicino, collaborano tra loro”. La pm Cerretti chiede al Tribunale del riesame di accogliere settantanove misure in carcere rigettate dal giudice delle indagini preliminari.
Ma nelle 1’100 e passa pagine dell'atto di appello moltissimi sono i riferimenti a Matteo Messina Denaro, l'ex boss di Cosa Nostra nel Trapanese arrestato lo scorso gennaio dopo una latitanza durata trent’anni e morto il 25 settembre. Per la Direzione distrettuale antimafia di Milano la “cointeressenza” di Messina Denaro negli affari della “confederazione” di mafie era basata tra Milano e Varese ed era data dal fatto che “esponenti mafiosi della provincia di Trapani” e del “mandamento di Castelvetrano” ne “rappresentano una componente”. Tra questi Paolo Aurelio Errante Parrino, cugino del boss. Anche per lui, però, il gip ha negato l’arresto per associazione mafiosa. A sostegno di questa tesi gli inquirenti della Dda riportano intercettazioni “con reiterati riferimenti” a Messina Denaro che, per i pubblici ministeri, sarebbe stato colui a cui “inviare o dal quale ricevere ‘ambasciate’, anche per la risoluzione di conflitti. In un’intercettazione ambientale del febbraio 2021 Filippo Crea, 48 anni, calabrese, trapiantato a Milano, legato alla ’Ndrangheta, considerato dagli inquirenti il referente del clan Iamonte nel nord Italia e parte dell’alleanza tra mafie, parlando con altri diceva: “Oggi gli ho cambiato un milione e due a questa persona (...) che è entrato nel consorzio a luglio (...) ha 20 milioni interrati (...) il suo socio ... è quello là il super latitante”.
Sempre la Dda ricostruisce una serie di “summit in Sicilia” che dimostrerebbero “i collegamenti tra il sistema mafioso lombardo e l’ex latitante”. Incontri anche con un “uomo di fiducia” del boss, tanto che, sempre per la Direzione distrettuale antimafia di Milano, Gioacchino Amico, tra gli undici arrestati nei giorni scorsi, ma non per associazione mafiosa (per traffico di droga ed estorsioni), si sarebbe preoccupato “nello stilare la lista degli invitati al proprio matrimonio” che fosse presente proprio questo “uomo di fiducia” di Matteo Messina Denaro.
Nel frattempo continua la ricerca del tesoro di Matteo Messina Denaro. Un tesoro miliardario quello del capomafia di Castelvetrano che, in tutto o in parte, potrebbe trovarsi Svizzera, visto poi che l’ex primula rossa a lungo è stato in possesso di carte di credito di un siciliano di Partanna, nato a Locarno, dove ha vissuto sino all'età di 18 anni. Che il tesoro di Matteo Messina Denaro possa essere nascosto in Svizzera è una ipotesi al vaglio della Dda, in quanto essa dispone di una serie di elementi di riconducibilità al fatto che l'ex capo di Cosa Nostra e gli uomini a lui vicini possano aver soggiornato a lungo sul territorio elvetico per curare i propri affari.