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Il governo prende tempo sui rustici e concede una proroga

Sull’obbligo imposto da Berna di cambiare destinazione per meno di 90 giorni d’affitto il Consiglio di Stato valuta se ci sono margini legali o politici

(Ti-Press)

Qualcosa si muove sul tema dei rustici fuori zona e la possibilità di affittarli attraverso piattaforme online per brevi periodi. Ed è qualcosa di grosso. Nelle scorse settimane il Consiglio di Stato era stato sollecitato da più parti ad attivarsi per rendere meno rigida l’applicazione delle norme federali in Ticino, che obbligano i proprietari di immobili situati all’esterno di zone edificabili intenzionati ad affittarli per brevi periodi (sotto i 90 giorni annui) a inoltrare una domanda di costruzione. Domanda che avrebbe in ogni caso avuto scarse probabilità di successo. La lettera inoltrata dalla Sezione degli enti locali (Sel) del Dipartimento istituzioni ai Comuni in agosto, il cui contenuto era stato anticipato dalla ‘Regione’, spiegava infatti che “eventuali autorizzazioni devono essere valutate in base alle severe disposizioni federali concernenti la costruzione al di fuori delle zone edificabili e potranno essere concesse solo in casi eccezionali”.

Status quo fino a giugno

Ora, sempre attraverso una lettera inviata dalla Sel a sindaci e municipali, il governo cantonale ha preso posizione: “A seguito delle recenti decisioni delle camere federali in materia di edifici esistenti protetti siti fuori dalle zone edificabili, si sta ulteriormente approfondendo la possibilità di locazione di breve durata a fini turistici dei rustici nel cosiddetto ‘fuori zona edificabile’ ma in possesso di una regolare licenza edilizia. In particolare – si legge nella missiva – verranno tenute in considerazione le situazioni dove la locazione contribuisce alla conservazione dei rustici quali elementi tipici del paesaggio”. Detto altrimenti: il Consiglio di Stato prende tempo per valutare quali margini di manovra ha a disposizione all’interno della legge federale. E non è da escludere una richiesta di confronto sul tema con il Consiglio federale. Nel frattempo inoltre, e anche questa è una novità importante, “è prevista un’estensione della proroga circa l’approvazione (delle domande di costruzione, ndr) da parte dei Comuni fino a giugno 2024”. Ovvero: fino a giugno non servirà inoltrare una domanda di costruzione per affittare il proprio rustico fuori zona per un periodo inferiore ai 90 giorni l’anno. Tentativi di sensibilizzare Berna sulla particolarità della situazione ticinese, va ricordato, sono già stati fatti. Bellinzona si era attivata con il Dipartimento federale ambiente, trasporti, energia e comunicazioni per chiedere un approccio meno restrittivo e un po’ più vicino alla strategia turistica impostata dal Dipartimento federale economia, formazione e ricerca che punta sulla valorizzazione delle regioni di montagna. Richiesta andata a vuoto due volte. Berna ha infatti sempre fatto valere le severe disposizioni federali concernenti, a livello nazionale, la costruzione al di fuori delle zone edificabili.

In Ticino il fronte è compatto

A chiedere al Consiglio di Stato di “tirare fuori le unghie con Berna” era stato la scorsa settimana il presidente dell’Associazione Comuni ticinesi (Act) Felice Dafond, che da queste colonne aveva spiegato: “Comporta non solo costi amministrativi per i proprietari, ma anche nuova burocrazia per Comune e Cantone che dovranno verificare la conformità dei rustici. Con il rischio finale di sanzioni economiche ai proprietari. Insomma, oltre al danno, la beffa”. Tra le file di chi ha preso chiaramente posizione contro l’obbligo di domanda di costruzione – fronte composto da politici, enti e associazioni – si sono recentemente schierate le Organizzazioni turistiche di Bellinzonese e Locarnese. I vincoli imposti sono stati definiti “dannosi” dalle due Otr. “È una procedura troppo restrittiva e tendente a un divieto di affittare”. A chiedere soluzioni coraggiose piuttosto che divieti, portando argomenti simili, era stato invece l’Ente regionale per lo sviluppo del Locarnese e Vallemaggia. Opinione condivisa dal granconsigliere Aron Piezzi, autore di un’interrogazione sul tema non ancora evasa dal Consiglio di Stato: “Non si capisce che così facendo non si considera con la dovuta attenzione e sensibilità un settore che meriterebbe ben altro approccio”.

Cambio di destinazione, situazione chiarita

La comunicazione della Sel chiarisce anche un altro aspetto controverso, che ha suscitato parecchi malumori tra i proprietari di immobili: la necessità di cambiare destinazione dell’alloggio (in questo caso si parla di zone edificabili) se si vuole affittare oltre i 90 giorni annui. In un primo momento era stata infatti indicata la necessità di passare da abitazione primaria o secondaria ad abitazione con scopi commerciali. Da qui la precisazione della Sel: “La corretta formulazione per annunciare il cambio di destinazione è da ‘abitazione primaria/secondaria’ ad ‘abitazione primaria/secondaria utilizzata per locazioni di breve durata a scopi turistici superiori a 90 giorni complessivi per anno civile’. Questa formulazione – precisa la lettera – non modifica la natura dell’alloggio utilizzato per locazioni di breve durata che, a dipendenza dei casi, rimane abitazione primaria o abitazione secondaria”. «Sono soddisfatto. Si era infatti venuta a creare una situazione di grande confusione: né i Comuni, né gli operatori e i proprietari sapevano come interpretare i 90 giorni – commenta, interpellato dalla ‘Regione’, Andrea Censi, presidente dell’Associazione case e appartamenti di vacanza (TicinoHoliday - Acav), nonché deputato della Lega al Gran Consiglio –. Grazie alla collaborazione con i dipartimenti Territorio ed Economia e finanze siamo riusciti a trovare una soluzione in tempi celeri per correggere il tiro e informare gli enti locali su come procedere nel rispetto della legge. Molti Comuni avevano male interpretato il senso della “destinazione” delle case e degli appartamenti di vacanza, chiedendo erroneamente ai proprietari un cambio da “primaria/secondaria” in “commerciale”, mentre come da noi sempre sostenuto questo cambiamento non era necessario e sarebbe stato in contrasto con la legge cantonale e con il principio ‘wohnen ist wohnen’, cioè un’abitazione resta un’abitazione. Avrebbe inoltre creato problemi con i piani regolatori e pure con la ‘lex Weber’». Continua Censi: «Questo chiarimento da parte del Cantone consentirà di mettere in regola moltissime situazioni ora in stallo».

‘Duemila strutture in attesa di licenza’

Attualmente, evidenzia il presidente dell’Associazione case e appartamenti di vacanza, «ci sono oltre duemila oggetti in affitto per circa ottomila posti letto, altre duemila strutture sono in attesa di una licenza da parte dei Comuni. Il calcolo è presto fatto: ogni giorno che il settore delle case e appartamenti di vacanza non avrebbe potuto operare, l’impatto sul turismo e quindi sull’economia ticinese sarebbe stato di milioni di franchi. La spesa media di ogni turista è di circa 150 franchi al giorno: non serve certo uno statista per capire l’importanza della ricaduta economica. Non solo: in Ticino l’occupazione media nel nostro settore si aggira attorno ai 150 giorni. Limitandola a 90 sarebbe stato un bagno di sangue per tutti». Altro capitolo. «Resta irrisolta per ora la questione dei fuori zona, ovvero i nostri rustici, ma sempre grazie alla buona collaborazione con il Cantone e le Otr si sta già lavorando per chiarire anche questo dossier – fa sapere Censi –. Siamo tutti coscienti dell’importanza turistica, culturale e territoriale che queste storiche strutture rivestono per il Ticino. Un appello che posso fare è alle persone che verranno elette il 22 per il Consiglio nazionale e gli Stati. Il destino dei nostri rustici è anche e soprattutto nelle loro mani».