La coordinatrice della sottocommissione parlamentare: se la riforma venisse implementata prima, dovrebbe essere il Cantone a pagare la differenza
Il 30 ottobre 2022 dalle urne è scaturito un chiaro, e vincolante, invito dei cittadini alla politica: avanti tutta con la cosiddetta cantonalizzazione del settore tutele e curatele, ovvero con la realizzazione in Ticino delle Preture di protezione, che soppianteranno le Arp, le Autorità regionali di protezione, oggi sedici, facenti capo ai Comuni. Dal vigente modello amministrativo a quello giudiziario quindi: un cambiamento di sistema proposto da Consiglio di Stato e Gran Consiglio, che il popolo ha avallato, con il 77,5 per cento di sì, nella votazione dello scorso anno. Ancorato il principio (il modello giudiziario) alla Costituzione cantonale, la parola è tornata al parlamento per l’esame degli altri aspetti della riforma prospettata dal governo nel messaggio varato nel dicembre del 2021. Fra i temi ancora da approfondire figura quello, tutt’altro che secondario, dei costi. Che in questo caso è legato a un altro grosso cantiere istituzionale: ‘Ticino 2020’, l’ambiziosa e controversa revisione dei compiti e dei flussi finanziari tra Cantone e Comuni. E qui casca l’asino, come si suol dire.
«Secondo il Consiglio di Stato, la questione dei costi verrà regolata nel quadro di ‘Ticino 2020’: d’accordo, ma come sarà regolata se la riorganizzazione delle autorità di protezione verrà attuata prima della messa in vigore della nuova ripartizione delle competenze tra Cantone e Comuni, cosa piuttosto probabile considerato il difficile iter di ‘Ticino 2020’?», si chiede e chiede la deputata del Centro Sabrina Gendotti, coordinatrice in seno alla commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ della sottocommissione sotto la cui lente è la riforma delle autorità di protezione. «Insomma, a titolo precauzionale occorre stabilire chi si accollerà la differenza dei costi tra l’organizzazione attuale, a carico dei Comuni per circa 13 milioni di franchi, e quella futura, a carico del Cantone per circa 20 milioni, nel caso in cui la nuova organizzazione dovesse essere implementata prima di ‘Ticino 2020’. All’interno della sottocommissione – prosegue Gendotti – si ritiene che questa differenza debba essere assunta dal Cantone. Se ne dovrà comunque ancora discutere nel plenum della ‘Giustizia e diritti’: qualora venisse confermato l’orientamento della sottocommissione, allora espliciterò questo aspetto nel progetto di rapporto riguardante la parte del messaggio governativo del dicembre 2021 che, dopo il sì di principio al modello giudiziario espresso l’autunno scorso dai cittadini e dalle cittadine, il Gran Consiglio deve ancora evadere».
Del resto, indica a sua volta la socialista Daria Lepori, alla testa della ‘Giustizia e diritti’, l’attuazione della riforma delle autorità di protezione «riveste una certa urgenza ed è pertanto prioritaria rispetto al progetto ‘Ticino 2020’», la cui ‘gestazione’ da parte del Consiglio di Stato «mi sembra ancora lunga». Sull’urgenza pone l’accento pure Gendotti e in passato lo ha posto anche il rapporto uscito dalla ‘Giustizia e diritti’ in vista della votazione dell’ottobre 2022. Riferendosi alla pandemia da Covid, così la commissione scriveva: l’emergenza sanitaria potrebbe “aver acutizzato alcune situazioni rendendo le persone fragili ulteriormente bisognose, il rischio che ci sia una necessità crescente da parte della popolazione di rivolgersi alle autorità di protezione è concreto”. La materia è di quelle delicate, data la natura delle misure di protezione: curatele, tutele, privazione dell’autorità parentale, collocamenti, regolamentazione dei diritti di visita, ricoveri a scopo di assistenza...
Finanziariamente i tempi non sono sicuramente dei migliori, considerato anche il pareggio dei conti del Cantone da conseguire entro il 2025 (vedi Decreto Morisoli). «Credo che questo sia uno di quei settori dove non si debba risparmiare: parliamo infatti soprattutto di anziani e giovani in difficoltà, che necessitano di una misura di protezione», afferma Lepori, che fa parte anche della sottocommissione ‘Protezione’ diretta da Gendotti. Gli altri membri sono Simona Genini del Plr, Alessandro Mazzoleni della Lega, Roberta Soldati dell’Udc e Marco Noi dei Verdi. Sottocommissione che, indica Gendotti, è in attesa dal Consiglio di Stato del «messaggio aggiuntivo, concernente le norme procedurali e gli aspetti organizzativi delle Preture di protezione», nelle quali i magistrati saranno affiancati da specialisti (in psicologia, pedagogia e lavoro sociale) nel decidere le misure di protezione da applicare.