La Camera di commercio presenta lo studio commissionato al Centro competenze tributarie della Supsi. Vorpe: ‘Gli altri cantoni si muovono più velocemente’
«Uno strumento di analisi oggettivo, basato su dati concreti. Perché quando si parla di finanza pubblica e fiscalità bisogna tenere conto di riscontri e numeri reali, non immaginari». Sono queste le parole, e gli intenti, con cui il presidente della Camera di commercio del Cantone Ticino Andrea Gehri introduce davanti alla stampa lo studio commissionato dalla Cc-Ti al Centro di competenze tributarie della Supsi, appunto, per mettere la chiesa della fiscalità e della finanza pubblica al centro del villaggio del Cantone, con sfide che rimangono aperte e obiettivi che restano – ancor di più – da perseguire.
E la carne al fuoco è tanta. Ma dalle 43 densissime pagine dello studio curato dal responsabile del Centro di competenze tributarie Supsi, il professor Samuele Vorpe, e dall'avvocato e docente-ricercatrice presso lo stesso Centro Francesca Amaddeo, il succo che ne si estrapola è semplice: il Ticino deve darsi una sonora svegliata a suon di riforme se vuole rimanere, o in alcuni casi diventare, competitivo.
Con ordine. I dati dello studio, una prima in Ticino, comprendono il biennio 2019-2021, «quindi fortemente influenzato dalla pandemia» premette Amaddeo. Ma «proprio per questo vale la pena soffermarcisi». Partendo dai numeri emerge che per quanto riguarda il Prodotto interno lordo siamo tra i primi dieci Cantoni, e nel grado di autofinanziamento – vale a dire «mantenere ed effettuare investimenti con successo» – il Ticino si assesta al 74,7%. Un dato «che non è negativo, ma è ritenuto abbastanza debole» dichiara la docente-ricercatrice della Supsi. I ricavi fiscali rappresentano «il 48,9% delle entrate totali, dove a essere protagoniste sono le imposte sul reddito e sulla sostanza delle persone fisiche per il 63,7% e per il 12,1% dalle imposte sull'utile e sul capitale delle persone giuridiche». Ma sulla fiscalità Amaddeo annuncia le prime note stonate, già note all'orecchio ma messe nero su bianco: «Il Ticino, a livello intercantonale, è tutto tranne che vicino al podio. Anzi, è fanalino di coda per quanto riguarda l'imposta sul reddito delle persone fisiche. Il tutto però potrebbe migliorare a seguito di alcune proposte sul tavolo».
Ed è proprio per questo che questo studio, per Vorpe, è da mettere «soprattutto in mano ai politici affinché possano prendere decisioni ragionate». Con una base di partenza, che riprende quanto asserisce Amaddeo: «Da decenni arranchiamo nei bassifondi se parliamo di confronto fiscale, e non possiamo ignorare che la concorrenza fiscale tra cantoni ci sia e abbia conseguenze». Una concorrenza che secondo Vorpe «gioca un ruolo estremamente importante per i contribuenti dotati di estrema mobilità, perché le condizioni di vita e partenza sono simili in tutti i cantoni: quindi la fiscalità diventa fondamentale, e spesso il Ticino non è considerato un luogo dove eleggere il domicilio fiscale». A mo’ di esempio, «le persone fisiche con redditi elevati a Zugo pagano la metà, nei Grigioni il 10% in meno».
A questa situazione come si è arrivati? Il responsabile del Centro competenze tributarie ha una risposta: «All'inizio degli anni 2000 il Ticino si trovava ai primi posti, ora è tra gli ultimi perché altri cantoni si sono mossi e noi no. Non compiere riforme significa perdere gettito e potenziali nuove entrate – afferma Vorpe –. Lucerna nel 2010 aveva un concreto rischio di fuga di persone giuridiche, ha deciso di dimezzare le aliquote per evitare che se ne andassero, è andato incontro ad anni di cifre rosse e tagli ma ora ha raddoppiato le entrate fiscali. I risultati delle riforme non si vedono da un anno all'altro, ci vuole del tempo». E il Ticino? Ha perso del tempo, qualcosa ha fatto, «ma sufficiente solo a rimanere attaccati al treno». Nel senso che la riforma fiscale e sociale del 2017 ha permesso «di entrare in una media concorrenziale», e l'applicazione della riforma fiscale e il finanziamento dell'Avs (Rffa) «ha permesso di ridurre le aliquote delle persone giuridiche». Qualcosa si muove dicevamo, «ma nonostante importanti passi ci sono altri cantoni che si stanno muovendo in maniera più forte e decisa».
Quindi, agli occhi di Vorpe, ben venga la riforma per le persone fisiche proposta in luglio dal Consiglio di Stato, «che lavorando sull'aliquota massima può portarci a essere concorrenti almeno dei Grigioni». Con un dato «oggettivo». Cioè che «lo 0,5% di contribuenti, quelli con un reddito superiore a mezzo milione, contribuisce al 20% del gettito. Rispettivamente, l'1,2% dei contribuenti, coloro che hanno una sostanza superiore a 5 milioni di franchi, contribuisce al 60% del gettito dell'imposta sulla sostanza. Queste persone sono da tenere in Ticino».
Dati presentati come oggettivi dalla Camera di commercio ma che tra le righe, anche con una certa evidenza, spiegano quale sia l'indirizzo politico che la stessa Cc-Ti intende perseguire. Ad esempio, mancano nello studio precisi riferimenti all'impatto degli sgravi fiscali degli ultimi anni sul gettito. Ma, al di là di questo, per Gehri è importante ribadire che «solo una fiscalità attrattiva incoraggia lo sviluppo economico, non potremo più permetterci che le imposte prelevate ai più facoltosi rimangano tra quelle più invasive a livello intercantonale, perderemmo i pochi contribuenti ricchi. E va ricordato che da noi le aliquote sono ferme dal 1976, penalizzando i redditi più elevati». Ed è un discorso per forza di cose politico, anche se nelle intenzioni, sulla carta, non voleva esserlo: «Non è un mistero che la costante e incontrollata crescita della spesa richieda interventi incisivi su spese e uscite». Sollecitato sulla manovra di rientro che sarà presentata la prossima settimana e sull'opportunità di proseguire sulla strada degli sgravi ai più facoltosi quando invece altrove si taglierà, Gehri risponde secco: «Non sarebbe un regalo ai ricchi, ma un investimento sull'attrattività fiscale trattenendo persone che contribuiscono in massima parte agli interessi del cantone».
Dal canto suo il direttore della Cc-Ti Luca Albertoni ribadisce quanto sia «molto importante osservare gli effetti delle riforme sul medio-lungo termine. Spero che questo studio possa rappresentare una base per riflessioni che coinvolgano la politica ma non solo, non vorrei passasse solo questo aspetto». A preoccupare Albertoni, infatti, è la tenuta del sistema: «Se non c’è un punto d'equilibrio tra entrate e uscite ne soffrono tutti: il tessuto economico, le aziende, le persone. Non giudico sulle proposte di intervento sulla spesa, ma sappiamo che serve prendere misure puntuali. La nostra è un'operazione costruttiva, non distruttiva». Anche perché tutto è in evoluzione e serve una visione completa: «Ad esempio dovremo capire quanto impatteranno lo sviluppo demografico e l'aumento del lavoro parziale dal punto di vista fiscale».