Ticino

Arash, ‘servono soluzioni a una situazione sfuggita di mano’

Interpellanza interpartitica (firmata pure da due esponenti Udc) che parte dal tragico caso del giovane afghano e interroga il governo sul sistema d'asilo

In sintesi:
  • Si chiede al Consiglio di Stato di non sottrarsi alle proprie responsabilità 
  • La legge è federale, ma il Cantone ‘ha facoltà di organizzarsi come ritiene più opportuno’
(Keystone)
24 luglio 2023
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“Chiediamo al governo una presa di posizione precisa e dettagliata, dal momento che tutti e tre i giovani suicidi erano affidati all’assistenza dei servizi del Cantone, sia direttamente sia tramite Croce Rossa oppure anche tramite servizi sociali e l’organizzazione socio-psichiatrica”. A due settimane dalla morte di Arash, il ventenne afghano che si è tolto la vita all’interno del Centro richiedenti l'asilo di Cadro dove alloggiava – gesto estremo compiuto nell'ultimo anno, in luoghi diversi del Ticino, da altri due richiedenti l'asilo suoi connazionali –, la politica cantonale interroga il Consiglio di Stato sul funzionamento del sistema d'asilo a Sud delle Alpi partendo da questa sequenza di tristi vicende “che potrebbe essere solo la punta dell'iceberg del disagio presente”. Lo fa con una lunga interpellanza di cui primi firmatari sono Samantha Bourgoin (Verdi) e Beppe Savary-Borioli (Ps, Giso, Fa), sottoscritta da altri 18 deputati di varie formazioni politiche che coprono un ampio spettro dell'arco parlamentare (Più Donne, Verdi liberali, Centro, Plr, e persino Udc che annovera i due nomi del capogruppo Sergio Morisoli e di Roberta Soldati).

Facciamo tutto quanto possibile per fornire a queste persone una vera prospettiva?

Ben ventisette le domande poste all'esecutivo, precedute da un'ampia introduzione in cui si legge: “Siamo quindi testimoni di tre suicidi ufficiali in un solo anno ma molti di più sono i tentativi di togliersi la vita, e il disagio è espresso in modo più che chiaro dalle parole dei giovani presenti alla cerimonia di commiato organizzata per Arash”. Tra le testimonianze citate figura quella di una giovane afghana in lacrime: ‘Perché ci dite che ci potete accogliere e poi non ci trattate come esseri umani?’. “Il nostro dovere di cittadine e cittadini e parlamentari – continuano i firmatari – impone di fare chiarezza sulla presa a carico di queste persone in difficoltà e di fare in modo che questi gesti estremi non succedano nuovamente. Malgrado tutti gli strumenti di cui il nostro Cantone si è dotato, facciamo davvero tutto quanto è possibile per affrontare la situazione in modo adeguato e fornire a queste persone una vera prospettiva? Ci sono forse delle falle nel sistema che andrebbero colmate? Trattandosi di una legge federale, quella dell’asilo, abbiamo la veste giuridica per intervenire a livello cantonale?”.

A quest'ultima domanda danno parziale risposta gli stessi interpellanti ricordando che, in riferimento a un’interrogazione di Ivo Durisch (Ps) e cofirmatari del 23 luglio 2018 proprio sui Centri cantonali per l’asilo, il Consiglio di Stato scriveva: “La Confederazione, tramite la Segreteria di Stato della migrazione (Sem), demanda ai Cantoni il compito di alloggiare, integrare ed erogare le prestazioni assistenziali ai richiedenti l’asilo loro attribuiti. Al fine di rispondere adeguatamente a questi compiti, il Cantone ha facoltà di organizzarsi come ritiene più opportuno, tenendo conto dei rimborsi forfettari che la Confederazione gli riconosce”. Pertanto, valutano i 20 firmatari del nuovo atto parlamentare, se il governo cantonale ha la facoltà di organizzarsi come meglio crede, questo “offre buoni auspici per avere in Ticino l’autonomia necessaria per una eventuale rimessa in questione dell’organizzazione, o perlomeno una ricerca delle soluzioni a una situazione ormai sfuggita di mano”.

È vero che le donne con figli sono dispensate o escluse dai corsi di lingua?

Nella premessa dell'interpellanza viene inoltre tracciata una breve panoramica sul sistema dell'asilo nella nostra regione in cui si evidenzia – riportando informazioni prese dal sito del Cantone – che le persone afferenti al settore dell’asilo attribuite al Ticino (che fino al raggiungimento dell’indipendenza economica e sociale beneficiano di prestazioni di sostegno sociale) sono inserite in un processo di integrazione costituito da due fasi, ognuna delle quali gestita da un partner esterno. La prima fase prevede l’alloggio in un Centro collettivo, è affidata alla Croce Rossa Svizzera - Sezione del Sottoceneri (Crss), sarebbe orientata “all’acquisizione degli strumenti necessari per permettere alle persone alloggiate nei Centri collettivi di muoversi sul territorio in maniera indipendente (corsi di lingua, di conoscenza del territorio, di igiene, apprendimento degli usi e costumi locali eccetera)” e dovrebbe essere della durata “di circa 12 mesi”. Gli autori dell'atto parlamentare scrivono che secondo loro informazioni, però, “questa prima fase non riesce quasi mai a essere superata in 12 mesi. Inoltre, sembra che i corsi di lingua vengano fatti per poche ore al giorno, mescolando persone di diversi livelli di alfabetizzazione e scolastici. E non tutti possono accedervi. Per esempio, alle donne con bambini verrebbe detto che devono accudire i figli. Ai giovani fuori dall’età scolastica obbligatoria non sarebbe permesso di frequentare la scuola e così apprendere in maniera più veloce l’italiano. Visto che la padronanza della lingua è un criterio fondamentale per accelerare l’uscita dai Centri, riteniamo queste informazioni estremamente rilevanti”. Sicché al governo si chiede: “Con che criteri sono organizzati i corsi di lingua italiana e inglese? Con che criterio si sceglie di insegnare l’inglese? È vero che le donne con figli sono dispensate o escluse dai corsi di lingua? Se è vero, perché?”.

Mandati cantonali a Crs e Sos: sono stati fatti dei concorsi? Chi controlla?

Alle persone che completano la prima fase di integrazione vengono successivamente assegnati degli alloggi individuali. Questo passaggio segna l’inizio della seconda fase e dell’accompagnamento di Soccorso Operaio Svizzero (Sos), che si articola su tre assi principali: la richiesta di prestazioni di sostegno sociale erogate dall’Ufficio dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati (Urar), l’integrazione formativa e professionale e, infine, l’integrazione sociale. “Sappiamo che la fase uno e due dell’integrazione dei rifugiati è delegata dal Cantone, in particolare dal Dipartimento sanità e socialità (Dss) alla Croce Rossa Svizzera e al Soccorso Operaio Svizzero su base di mandato”, si osserva nell'interpellanza, per poi chiedere: “Sono stati fatti dei concorsi? Si possono conoscere i termini e i contenuti dei due mandati? Che importi hanno? Che durata hanno? A quando la prossima scadenza? È possibile apportare dei correttivi anche a contratto in corso?”. E ancora: “Qual è l’organo responsabile del controllo del buon funzionamento del mandato affidato? Come viene verificata l’efficacia delle prestazioni e il buon funzionamento del mandato? Se non esiste un organo di controllo, perché non è stato istituito? Quali sono i criteri per valutare se rinnovare o meno i mandati? Esiste un bilancio del processo integrativo avvenuto delle persone migranti? Per esempio quanti apprendistati sono andati a buon fine, quante persone hanno trovato un lavoro, quante persone parlano l’italiano, dopo 5 anni non parlano ancora l’italiano?”.

Accesso ai Centri cantonali, tempi maturi per evadere l’iniziativa parlamentare di Quadranti

In relazione al tragico evento di due settimane fa, tenuto conto che il Centro di Cadro è gestito dalla Crs su mandato del Cantone, si domanda invece al governo se non ritenga che sia il Cantone a dover assumere il costo del rimpatrio della salma di Arash in Afghanistan. E poi: “Dopo i due suicidi dello scorso anno, quali misure sono state adottate?”. “Come sta affrontando la Crs la presa a carico delle persone alloggiate a Cadro e degli amici di Arash alloggiati in altri Centri per elaborare il trauma”? “C’è personale psichiatrico (infermiere o infermiera psichiatrica) che accompagna quotidianamente le persone fragili”? “Diverse testimonianze indicano che richiedenti asilo con fragilità psicologiche vengano aiutati solo con i farmaci. Corrisponde al vero?”. In aggiunta, riferendosi all’impossibilità per i parlamentari di accedere ai Centri cantonali per gli asilanti, gli interpellanti considerano: “I tempi sono maturi per evadere l’iniziativa parlamentare di Matteo Quadranti e cofirmatari e chiedere di estendere le competenze della Commissione parlamentare di sorveglianza sulle condizioni di detenzione nelle strutture carcerarie ad ‘analoga residenza coatta a cui sono astrette le persone sottoposte direttamente o indirettamente alla legislazione federale sull’asilo’”.