Ticino

Legge negozi: ‘Si è capito che non sono aperture selvagge’

I contrari temono per le condizioni dei lavoratori. Deduzione premi di cassa malati: tutti guardano già ‘alle prossime proposte, dove ci sarà battaglia’

Favorevole il 56,8% dei votanti
(Ti-Press)
18 giugno 2023
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«È stato un grande impegno far comprendere a tutta la popolazione la nostra volontà di fare un piccolo passo avanti per dare non l’obbligo, ma la possibilità di lavorare una domenica in più: è stato percepito, e il risultato non può che darci molta soddisfazione». È raggiante la deputata del Plr Cristina Maderni nel commentare a caldo il via libera popolare – arrivato con il 56,8% di favorevoli che ha respinto il referendum di sinistra e sindacati – all’iniziativa di cui lei è stata tra i promotori in parlamento che chiede, sostanzialmente, di aumentare da tre a quattro l’anno le aperture domenicali, di prorogare di un’ora (quindi fino alle 19) l’orario nelle feste infrasettimanali, escluso il 1° maggio, non parificate alla domenica e di aumentare il limite della superficie di vendita da 200 a 400 metri quadri per quanto riguarda le deroghe di legge per le località turistiche. Un massiccio sostegno che porta Maderni a dire che «aprire non vuol dire deregolamentare tutto», rispondendo indirettamente ai timori che hanno la sinistra e i sindacati su questo tema.

«Siamo parecchio contenti che sia passata un’idea di apertura del commercio e dei negozi, per proiettare il Ticino nel futuro» commenta a ruota il presidente liberale radicale Alessandro Speziali, anche lui tra i firmatari dell’atto parlamentare validato oggi dal voto popolare. «La competitività turistica andrà confermata ogni anno, bisogna tener vivo il territorio e le sue attività e penso che dietro a questo – annota ancora Speziali – i ticinesi non abbiano visto niente di selvaggio od offensivo nei confronti degli impiegati». Impiegati che, intervistato da ‘laRegione’ un mese fa, il presidente del Plr aveva detto che devono essere tutelati con un Contratto collettivo di lavoro migliore. Erano promesse da marinaio e adesso chi si è visto si è visto? «Assolutamente no – risponde secco –. Il partenariato ha scritto la storia della pace sociale, e deve continuare. Se oggi vengono votate maggiori libertà e più aperture, di pari passo dobbiamo anche tener conto della solidarietà e dell’equità». Quindi, «ancora una volta e di più il Ccl diventa importante, come lo è garantire posti di lavoro dignitosi e all’altezza dei tempi. Anche perché un’attività con lavoratori scontenti e demotivati, che vivono una situazione precaria, fa fatica».

Sommaruga (Federcommercio): ‘La scelta del popolo è lungimirante’

Anche la presidente di Fedecommercio Lorenza Sommaruga, va da sé, è «molto contenta» per un risultato «che non era affatto scontato». La soddisfazione «si allarga al fatto che quella del popolo è stata una scelta lungimirante, ha compreso che fosse a favore dei piccoli negozi e dei consumatori, e ringrazio molto i votanti perché hanno dato fiducia a noi e ai nostri argomenti». La speranza è che «il cambio di mentalità sui commerci e sul loro ruolo nell’animare la vita delle città e dei paesi già in atto da anni continui, noi addetti ai lavori vediamo come quando ci sono alcuni eventi ben selezionati, le domeniche lavorative o i giorni infrasettimanali c’è più movimento: è giusto quindi dare più libertà». Sommaruga seguendo il principio che «negozio aperto negozio che vende», ricorda anche chi è dall’altro lato del bancone, i dipendenti: «Molti di noi che abbiamo delle attività in questi giorni festivi fanno lavorare a rotazione i dipendenti, stiamo parlando di pochissime aperture straordinarie e i lavoratori sono più che protetti».

Tornando alla politica, per il presidente del Centro Fiorenzo Dadò «la modifica in questione era minima, e questo ha avuto un ruolo nella scelta della popolazione». In seconda battuta, «è un segnale che anche in Ticino si sente l’esigenza di adeguarsi con tutto quello che ci circonda, siamo infatti ancora tra i più restrittivi. Nelle nazioni che confinano con la Svizzera c’è molta più apertura». Detto questo, assicura Dadò, «si possono fare delle modifiche, ma solo se, come in questo caso, è garantito che vi sia una tutela massima e un grande rispetto per chi lavora in questi commerci».

Di «possibilità» e di «nessun stravolgimento» parla il deputato della Lega Andrea Censi, che è felice per «un messaggio politico che dice quanto i ticinesi siano aperti al futuro e alle novità, a maggiori libertà e a un mondo che è in costante cambiamento: avrà sicuramente ottime ricadute sul commercio». Sul fatto che sia la panacea di tutti i mali ci va piano, e allo stesso modo Censi parla di «un necessario tempo di adattamento. Quando è stata votata la mezz’ora in più erano in pochi ad applicarla, ora sono stati modificati i piani di lavoro e la strategia aziendale e sono felici di farlo: non sono processi immediati questi, ma se si vuole un cantone con una vocazione turistica una persona che arriva non deve trovare le serrande abbassate, sennò non tornerà mai».

Per Lara Filippini (Udc) «chiaramente ha prevalso il buon senso a fronte di un certo terrorismo che si è fatto sulla possibilità di un’ulteriore apertura domenicale, la popolazione ha compreso le potenzialità della proposta così come le falsità che sono state contrapposte in questa campagna».

Ad allargare il compasso è la deputata di Avanti con Ticino & Lavoro Amalia Mirante, che sottolinea come «qualsiasi sarebbe stato l’esito non avrebbe cambiato né da un lato né dall’altro la situazione, ma detto questo bisognerebbe essere un po’ più cauti quando si lanciano questi referendum nel valutarne anche le conseguenze». Il pensiero di Mirante è che «bisognerebbe essere più al passo della società, dei suoi cambiamenti, e anticipare richieste e necessità mettendo il lavoro al centro. Sono in atto una serie di cambiamenti ed evoluzioni del settore del commercio, partiti e sindacati sensibili devono agire adesso senza aspettare altre iniziative o referendum che rischiano di peggiorare la situazione dei lavoratori».

I contrari

Landi (Unia): 'Questa modifica è in contrasto con la Legge federale’

«Chiaramente siamo molto delusi dal risultato del voto», afferma Chiara Landi di Unia. «A preoccuparci sono le conseguenze che questi cambiamenti avranno sulle condizioni di lavoro dei dipendenti». I favorevoli alla modifica della Legge sull’apertura dei negozi, facciamo notare, hanno ricordato come questa non vada a toccare le tutele dei lavoratori stabilite dalla Legge federale e dal Contratto collettivo di lavoro (Ccl). «Non siamo d’accordo», risponde Landi, che sottolinea anche come Unia non abbia firmato a suo tempo l’attuale Ccl perché ritenuto troppo carente a livello di tutele per i lavoratori. «Non siamo preoccupati solo per i lavoratori della vendita, che saranno chiamati a rinunciare al tempo libero con la propria famiglia, ma anche per tutti gli impiegati in settori collegati. Se la domenica troviamo prodotti freschi sugli scaffali è perché qualcuno li ha preparati, imballati, trasportati e poi esposti. Dovremo essere vigili e denunciare tempestivamente gli abusi». Tornando alla campagna odierna, per la sindacalista c’è comunque un dato che può essere letto in maniera incoraggiante: «Il 43% della popolazione ticinese si è apposto a questo processo di liberalizzazione a tappe. Vai anche detto che è stata una campagna piena di informazioni fuorvianti messe in circolazione apposta per sminuire molto la portata di queste modifiche». Il punto maggiormente contestato da sindacati e sinistra resta quello dell’estensione da 200 a 400 metri quadrati dei negozi che possono chiedere, in zona turistica, la deroga domenicale. «Potrebbe avere effetti importanti e restiamo convinti che queste nuove concessioni siano in conflitto con la Legge federale, che è molto stringente sul lavoro domenicale». Landi esprime anche preoccupazione per quella che i contrari hanno definito la ‘tattica del salame’. «Va riconosciuto che è vincente. Passo dopo passo ottengono sempre nuove liberalizzazioni. Se tutte le concessioni ottenute negli anni fossero state portate davanti al popolo insieme le possibilità di successo sarebbero state sicuramente più basse. Non penso quindi che si fermeranno con le richieste, nonostante le continue promesse».

Ocst: Ora un Contratto collettivo con migliori condizioni per i lavoratori

Rammarico per l’esito della votazione espresso anche dall’Ocst, che in una nota ricorda come “l’estensione della superficie di vendita dei negozi che possono rimanere aperti alla domenica nelle zone turistiche è compatibile con la Legge aperture dei negozi. Non lo è invece con la Legge sul lavoro che fissa i limiti dell’impiego domenicale del personale per i negozi che hanno un assortimento limitato ai prodotti di prima necessità indirizzati ai turisti”. Un punto sul quale il sindacato promette di essere vigile. All’orizzonte c’è anche il rinnovo del Ccl, che andrà in scadenza a breve. “Dovrà essere migliorativo delle condizioni di lavoro per il personale. Ad esempio, attraverso soluzioni a sostegno della conciliazione tra lavoro e vita familiare, alla frammentazione del tempo di lavoro e alla rivalutazione di salari minimi ed effettivi”.

Sirica (Ps): ‘I promotori hanno banalizzato le modifiche’

«Penso che non sia stato sufficientemente chiaro in campagna il vero rischio nascosto in questa modifica, con i promotori che si sono impegnati per banalizzare molto le misure», è un Fabrizio Sirica che, commentando l’approvazione della modifica della Legge sull’apertura dei negozi, promette «attenzione nel vigilare come evolverà la situazione. Il tempo ci dirà chi aveva ragione. I lavoratori avranno un peggioramento importante delle loro condizioni di lavoro». A rendere meno amara la delusione, ha voluto sottolineare Sirica, «il fatto che in alcune valli del Locarnese si sia rifiutata questa liberalizzazione. Erano zone che secondo i promotori sarebbero state aiutate, invece proprio da queste regioni periferiche è arrivato un ‘no’». A questo si aggiunge lo scarto tra favorevoli e contrari. «È stata una votazione tirata, nonostante le forze in campo fossero decisamente sbilanciate. Il referendum si è quindi rivelato utile». E per quanto riguarda la libertà di aprire o meno la propria attività, Sirica ricorda come «questa vale solo per i datori di lavoro. Non è certo una libertà conquistata dai lavoratori, che saranno chiamati a lavorare più spesso anche la domenica. In un settore così precario come quello della vendita non c’è inoltre per i dipendenti la possibilità di opporsi». Per il copresidente socialista l’obiettivo finale è chiaro: «Una certa parte della politica vuole aperture generalizzate sette giorni su sette. Non possiamo quindi fidarci davanti a chi dice che non ci saranno altre richieste. Negli anni è sempre stato così e puntualmente ci siamo trovati davanti a nuove iniziative».

Verdi: ‘Le aperture domenicali devono restare l'eccezione’

Aspetto sottolineato anche dai Verdi: “Questo ‘sì’ permetterà un ulteriore passo (dopo quello di tre anni fa) verso un’apertura generalizzata dei negozi la domenica e di conseguenza un peggioramento delle condizioni di lavoro di molti lavoratori e lavoratrici. Resteremo vigili – afferma una nota stampa – affinché le aperture domenicali restino delle eccezioni e non diventino la regola”.

Deduzione dei premi, passa il ‘sì’ con il 53,3%


A settembre si prospetta un’altra stangata

Agustoni (Centro): ‘Una misura ben calibrata sul ceto medio’

Strada spianata, con il 53,3% di favorevoli, all’introduzione della deduzione aggiuntiva dei premi di cassa malati di 1’200 franchi per ogni figlio o persona bisognosa a carico. «Siamo riusciti a proporre, con anche una maggioranza solida ottenuta in Gran Consiglio, una misura ben calibrata sul ceto medio» commenta il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni. Essendo una deduzione per figli, continua, «il vantaggio fiscale tra persone molto abbienti e ceto medio era limitato». Prima di andare in parlamento, ricorda Agustoni, «abbiamo chiesto una proiezione alla Divisione delle contribuzioni ed era emerso che oltre l’80% sarebbe andato a favore del ceto medio, e penso che questo elemento ha convinto la maggioranza della popolazione».

Questo sgravio «era una misura di giustizia fiscale», riprende il capogruppo del Centro: «Vale a dire non pagare imposte su soldi che non si hanno». Ma c’è la consapevolezza «che evidentemente non si risolve il problema del peso eccessivo dei premi di cassa malati sulle famiglie e sulle persone singole. Per questo c’è una nostra iniziativa, ci sono due iniziative popolari di Lega e Ps su cui ci confronteremo, se si vuole un cambiamento significativo bisogna agire a livello federale per contenere i costi, perché se scendono i costi scende anche il premio». A livello cantonale, «questa è una piccola misura che si può fare e per fortuna si farà, grazie alla prova di grande solidarietà da parte dei votanti perché la maggior parte delle persone non ha figli minorenni ma ha pensato al bene comune».

Gianella (Plr): ‘Bisogna ridurre i costi della salute’

«La popolazione ha riconosciuto che questo aiuto è stato pensato e calibrato apposta per aiutare le famiglie del ceto medio», dice la capogruppo del Plr Alessandra Gianella. Insomma, si tratta «di un piccolo passo che permette di risparmiare qualcosina in un momento difficile dove sappiamo che ci sono molti costi in aumento sulle spalle delle famiglie». In più, questo risultato «arriva su una votazione che nel dibattito è finita un po’ in secondo piano considerando le aperture domenicali o i temi federali, nonostante questo il sostegno popolare credo sia anche verso la capacità di noi partiti borghesi di aver trovato un compromesso su una misura e averla portata assieme». Poi è chiaro, come Agustoni anche Gianella riconosce che il grosso del lavoro da fare è a Berna, perché «il punto chiave sono i costi della salute sempre in aumento, e bisogna trovare il modo di ridurli». Come? «Per il Cantone si passa dalla Pianificazione ospedaliera, e nei prossimi mesi ne discuteremo. Ma anche, in generale, dalla sensibilizzazione su tutte le prestazioni che si hanno a disposizione e alla responsabilità individuale che si ha quando si decide di beneficiarne. Ma si può far qualcosa anche con la digitalizzazione, le cartelle mediche e le varie messe in rete per diminuire i costi che sommati generano il costante aumento che ci ritroviamo ogni autunno».

Mazzoleni (Lega): ‘Primo tassello di un progetto più ampio’

Guarda già avanti la Lega dei Ticinesi, che per bocca del deputato Alessandro Mazzoleni parla di «un primo tassello di un progetto più ampio». Ovvero: «Il diritto a poter dedurre integralmente i premi di cassa malati e la costituzione di una cassa malati di Stato. Le proposte – precisa Mazzoleni – sono già pronte per la discussione».

Udc: ‘Sono necessarie altre misure’

Per l'Udc quella votata dalla popolazione è “una prima risposta semplice e immediata al costante aumento dei costi dell’assicurazione malattia. Ovviamente – fanno sapere i democentristi – essa non rappresenta una soluzione definitiva all’esplosione dei premi della cassa malati, sono necessarie altre misure, tra le quali, una miglior gestione dei costi sanitari”.

I contrari alla deduzione

Durisch (Ps): ‘Siamo comunque riusciti a smascherare l'imbroglio’

«Per noi è stata una votazione importante anche dal punto di vista dei risultati, al di là del fatto che è comunque stata approvata una deduzione fiscale poco efficace». È un Ivo Durisch che, commentando il ‘sì’ alle urne alla deduzione fiscale dei premi di cassa malati di 1'200 franchi per ogni figlio o persona bisognosa a carico, vuole vedere il bicchiere più pieno che vuoto. «Siamo comunque riusciti a smascherare l’imbroglio delle deduzioni mascherate da aiuti sociali. E il 47% dei cittadini l’ha capito, continueremo quindi su questa strada». Anche su un altro elemento il capogruppo socialista in Gran Consiglio vuole mettere l’accento: «Ci viene sempre detto che siamo il partito del ‘no’. In realtà siamo contro a proposte che secondo noi non fanno gli interessi dei cittadini, e lo facciamo mettendo sul tavolo un’alternativa che in questo caso avrebbe aiutato in maniera più diretta il ceto medio». E il referendum lanciato dalla sinistra, per Durisch, ha anche avuto il merito di «far discutere la popolazione su questo tema importante». Quella odierna resta però una sconfitta. «Un elemento decisivo è sicuramente quello della ‘facilità’ degli sgravi. Li si ottiene compilando la dichiarazione fiscale. Il sussidio invece ha un iter più complesso, che va facilitato. Le persone devono poter chiedere quello che spetta loro». Proprio su questo tema è pendente una mozione socialista. Tema dei costi della salute che è comunque destinato a tornare d’attualità in settembre, quando si prospetta una nuova ‘stangata’ sui premi di cassa malati. Per provare a trovare una soluzione ci sono sul tavolo due proposte: da un lato la possibilità di dedurre integralmente i premi di cassa malati, dall’altro il limitare i premi al 10% del budget familiare. «Sono destinate a scontrarsi – avverte Durisch –. Bisognerà vedere quali saranno le forze in campo e i loro mezzi a disposizione».

I Verdi: ‘Uno specchietto per le allodole’

Per i Verdi questo sgravio rappresenta “un vero e proprio specchietto per le allodole che ha convinto solo una stretta maggioranza”. Gli ecologisti restano quindi convinti che la popolazione si aspetta di essere sostenuta e che i costi della sanità sono un vero e proprio problema da affrontare”.

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