Circa seimila manifestanti – secondo gli organizzatori – hanno sfilato a Bellinzona in occasione dello ‘Sciopero femminista’.
La carriera non ha genere. Non giustificare le tue ambizioni. Strega e stregone, stessa retribuzione. Sono solo alcuni degli striscioni che hanno accompagnato questo pomeriggio lo ‘Sciopero femminista’. “Un’onda viola”, come hanno affermato gli organizzatori, che ha portato a sfilare per le vie di Bellinzona circa 6mila persone. Molte di più degli scorsi anni. Donne – ma anche uomini – che hanno voluto ribadire in maniera festosa ma decisa la necessità di maggiore uguaglianza in ambito sociale, previdenziale, sessuale e (soprattutto) lavorativo. «La differenza salariale tra uomini e donne è tuttora del 18%», afferma Chiara Landi, sindacalista di Unia. «È una differenza reale, non immaginaria come quella che cerca di venderci il padronato con certi studi assolutamente non rappresentativi pubblicati proprio a ridosso della mobilitazione femminista». Il riferimento è allo studio dell'Università di San Gallo – commissionato dall'Unione svizzera degli imprenditori – che afferma come per l'89% delle aziende nella busta paga non vi sono distinzioni di genere. «Negli ultimi anni i progressi che ci spettano di diritto non sono arrivati. Anzi sono andati indietro. Con la riforma Avs21 saremo chiamate a lavorare un anno in più». E dalla piazza – tra fischietti, tamburi e con le note di ‘Run the world (girls)’, governate il mondo ragazze, a fare da sottofondo – è stato lanciato un grido di avvertimento “a chi ha in mano il potere”: «Abbiamo tantissime idee. Non potete più stare tranquilli nelle vostre comode poltrone da dove sentenziate idee e concetti che arrivano dal medioevo».
Una manifestazione intergenerazionale
E proprio il tema del lavoro è stato al centro degli interventi che si sono susseguiti durante la marcia e sul palco davanti alla sede del governo. «Non vogliamo più lavorare senza essere pagate», ribadisce Landi. «In Svizzera noi donne percepiamo 100 miliardi di franchi in meno di reddito rispetto agli uomini, svolgiamo miliardi di ore all’anno di lavoro gratuito per accudire i figli e la casa. Compiti che hanno un valore di 408 miliardi a livello nazionale, e che non ci viene riconosciuto». Altra rivendicazione urlata a gran voce durante il percorso: la fragilità del sistema pensionistico e le riforme che sono sul tavolo della politica, federale e cantonale. «Percepiamo rendite del 34,6% inferiore a quelle degli uomini. La riforma della Lpp andrà a peggiorare le condizioni. Si dovrà lavorare di più per avere di meno e a rimetterci saremo soprattutto noi», dichiarano due attiviste del collettivo AvaEva, da anni impegnate per i diritti delle pensionate. Tante le rivendicazioni. Tra queste: «un unico pilastro pensionistico che garantisca una vita dignitosa a tutti e tutte». A prendere la parola sono state anche mamme-lavoratrici, unite nel ribadire «la necessità di un cambiamento culturale. Non si deve parlare di uomini che ‘aiutano in casa’. Ma di compiti condivisi, perché abbiamo tutti due braccia e un cervello».
Criticata la riforma della Lpp
Azioni di protesta e sensibilizzazioni che si sono svolte durante l’arco della giornata in tutto il cantone. Un’azione simbolica è stata proposta a Locarno da Unia alle 15:24, orario dal quale – a causa della differenza salariale tra generi – le donne smettono di essere pagate ma continuano a lavorare. Altre azioni sindacali si sono tenute in mattinata in vari luoghi di lavoro, quelli maggiormente toccati dalle disuguaglianze. In alcune industrie ticinesi dell’abbigliamento e dell’orologeria – fa sapere Unia – un migliaio di operai si sono riunite in assemblea.