Richiamando le Costituzioni federale e cantonale, l'Mps presenta domanda di referendum contro le recenti modifiche alla legge sul secondo pilastro
“L’obiettivo è chiaro: tentare di mettere una pezza a un sistema pensionistico ormai divenuto inefficace, sia dal punto di vista del suo funzionamento che della sua capacità di offrire rendite adeguate oggi e in futuro, scaricandone i costi sui salariati, in particolare diminuendone fortemente le prestazioni”. Così il Movimento per il socialismo a proposito della riforma della Legge federale sulla previdenza professionale approvata di recente dalle Camere federali, riforma che contempla fra l'altro la riduzione del tasso di conversione, quello che determina l'ammontare della rendita pensionistica, dal 6,8 al 6 per cento. Per questi e altri motivi il Movimento sollecita il Gran Consiglio ad avvalersi “della facoltà concessa dalla Costituzione federale e dalla Costituzione cantonale e chieda che le modifiche della Lpp siano sottoposte al voto del popolo svizzero“. La domanda di referendum è stata presentata da Giuseppe Sergi per l'Mps.
Il deputato richiama gli articoli 141 della Costituzione federale (“se 50 000 aventi diritto di voto o otto Cantoni ne fanno richiesta entro cento giorni dalla pubblicazione ufficiale dell'atto, sono sottoposti al voto del popolo le leggi federali” e 59 della Costituzione cantonale secondo cui il Gran Consiglio “esercita i diritti di iniziativa e referendum che la Costituzione federale attribuisce al Cantone”.
Tornando alla riforma, Sergi ritiene le modifiche di legge “lungi dal rispondere ai problemi più urgenti che conosce oggi il secondo pilastro, a cominciare dal livello insufficiente delle rendite e dagli spropositati costi amministrativi”. Il tutto, aggiunge il granconsigliere dell'Mps, “nel quadro di un ‘pilastro’ che preleva molto, ma, alla fine della carriera lavorativa, rende assai poco in termini di prestazioni pensionistiche“. A tal punto che “oggi il sistema pensionistico nel suo complesso (Avs + Lpp) non garantisce quel tenore di vita che le leggi federali dichiarano di voler garantire.
Le conseguenze sociali ed economiche della recente riforma, scrive Sergi, “possono essere così riassunte: una diminuzione delle rendite (a seguito della diminuzione del tasso di conversione) di circa il 12%; una diminuzione dei contributi a carico dei datori di lavoro a seguito della diminuzione degli accrediti di vecchia e di conseguenza, visto che gli accrediti di vecchiaia altro non sono che salario indiretto versato al lavoratore, una diminuzione dei salari dei lavoratori; una diminuzione del reddito disponibile dei bassi salari (a causa dell’aumento dei contributi) senza alcuna garanzia che, dopo decenni, tali contributi – comunque limitati – potranno trasformarsi in rendite dignitose”.
L'Mps non ha dubbi: “Ai salariati e alle salariate di questo Paese verrà chiesto di pagare di più, con la sicurezza che avranno rendite più basse”. Peraltro, scrive ancora Sergi, “le cosiddette misure di compensazione (che dovrebbero neutralizzare, almeno in parte, le diminuzioni delle rendite a seguito della diminuzione del tasso di conversione) avranno un effetto estremamente limitato, sia dal punto di vista del loro importo che della loro durata nel tempo".
Contro la riforma, ricordiamo, l'Unione sindacale svizzera ha già lanciato un referendum.