Gianella (Plr) vs Lega: ‘Non si può ospitare grandi eventi e non volerli pagare’. Ma negli altri partiti prevalgono scetticismo e aria di referendum
«Di primo acchito mi sembra che qualcuno voglia la botte piena e la moglie ubriaca…». A pochi giorni di distanza dal comunicato della Lega con cui il capogruppo in Gran Consiglio Boris Bignasca ha scolpito nella pietra il suo no alla ratifica della spesa sostenuta dal Cantone per l’organizzazione della Conferenza sull’Ucraina svoltasi il 4 e 5 luglio scorsi a Lugano, è la capogruppo del Plr a prendere posizione. Interpellata da ‘laRegione’ in merito alle barricate leghiste, Alessandra Gianella, premettendo di parlare a titolo personale perché il gruppo non si è ancora riunito per discuterne, è netta: «Come si fa ad avere un evento d’impatto in Ticino e non dover sostenere noi parte dei costi?».
La ‘parte’ dei costi, lo ricordiamo, ammonta a 774’666,45 franchi – il 20 per cento del totale, sostenuto in grandissima parte dalla Confederazione – ed è già stata autorizzata dal Consiglio di Stato tramite risoluzioni governative. Tocca ora al Gran Consiglio ratificare queste uscite. Ed è proprio ora che sono saliti gli alti lai della Lega. Che il Plr, si diceva, rintuzza: «Se ci rifiutassimo di pagare – riprende Gianella –, in futuro non potremo aspettarci di essere considerati una località per organizzare eventi di caratura internazionale di questo tipo o in altri ambiti. Non possiamo lamentarci di essere alla periferia, di non essere considerati se poi non guardiamo a quanto di positivo ha portato a Lugano questa Conferenza: delegazioni internazionali, la Città che si è fatta un nome e si è mostrata come un posto sicuro. Prima di sparare subito e dire no a questa spesa occorre fare una ponderazione di tutti gli interessi in gioco».
Quello di Gianella «non è un discorso solo sui soldi, ma nel merito». Nel senso che «in particolare a Lugano, città che vuole rilanciarsi come polo degli eventi, con tutto l’indotto che ne consegue, non ci si può correre a lamentarsi al primo evento perché non va bene spendere quei soldi». Tuttavia negli altri partiti, e non solo nella Lega, prevale lo scetticismo.
Critico Ivo Durisch. «Dobbiamo ancora parlarne in gruppo, ma questo modo di agire da parte del Consiglio di Stato non mi piace per niente – afferma perentorio il capogruppo socialista –. La richiesta di Berna al nostro governo di organizzare a Lugano la Conferenza annuale sulle riforme in Ucraina risale al settembre 2021, poi nel febbraio dell’anno seguente è scoppiata la guerra: l’allora presidente della Confederazione Ignazio Cassis ha comunque voluto mantenere la Conferenza internazionale e mantenerla in Ticino. Il Consiglio di Stato non ha però informato il Gran Consiglio, perlomeno preventivamente, di un possibile aumento dei costi del dispositivo di sicurezza e questo nonostante la già nota situazione precaria delle finanze cantonali e le più che prevedibili misure di risparmio».
Nel messaggio con cui chiede al parlamento di ratificare i quasi 775mila franchi per la gestione dell’apparato di sicurezza, il Consiglio di Stato mette comunque le mani avanti. Scrive che “non sarebbe stato possibile preannunciare con un messaggio le necessità operative poiché non erano anticipabili nell’insieme e nemmeno chiaramente identificabili se non nelle settimane precedenti l’impiego”... «Sì, ma qualche pagina prima – ribatte Durisch – è il governo stesso a scrivere che il 24 febbraio 2022, con l’inizio del conflitto, è stato necessario considerare un potenziamento della sicurezza. Se poi vogliamo dirla tutta avrebbe dovuto essere la Confederazione ad accollarsi l’intero onere finanziario dell’evento di Lugano, che a quel punto avrebbe dovuto essere indetto per dibattere di come raggiungere la pace, anziché di come ricostruire l’Ucraina».
Non nasconde le proprie perplessità neppure il presidente e deputato del Centro. «Faremo le necessarie valutazioni al nostro interno, mi fa però specie che arrivi un messaggio governativo per l’approvazione a posteriori di un importo non indifferente, legato a una Conferenza che non sembra aver lasciato un grande segno, e in un momento in cui si parla di finanze pubbliche e di risparmi che andranno a toccare i cittadini», rileva Fiorenzo Dadò. Che aggiunge: «Francamente non sapevo nulla di questo messaggio. In seno alla commissione parlamentare della Gestione ero anche relatore sul Preventivo del Cantone e non ricordo che qualcuno sia venuto a riferirci di questo credito».
Per la co-coordinatrice e granconsigliera dei Verdi Samantha Bourgoin «c’è anzitutto un aspetto istituzionale: i Cantoni non possono sottrarsi forse a certi impegni finanziari». E osserva: «La Lega constesta che sia il Cantone a dover pagare? Chieda allora a Lugano di saldare la fattura, visto che la Città oltre ad aver ospitato la Conferenza ospita società di trading attive in un settore, quello delle materie prime, che approfitta in modo diretto e indiretto della guerra. Società che hanno consentito alle casse di Lugano, stando al preconsuntivo 2022, di incamerare importi rilevanti».
In Gran Consiglio non voterà la somma il Movimento per il socialismo, fa sapere il deputato Matteo Pronzini. «In occasione della manifestazione, l’Mps aveva organizzato dei presidi per denunciare il taglio della Conferenza, che di fatto, secondo noi, era su come spartirsi l’Ucraina. Noi pertanto il credito non lo approveremo – dice Pronzini –. Non lo approviamo e per ragioni diverse da quelle della Lega: noi infatti non abbiamo dubbi sulle responsabilità della guerra in corso, che sono di Putin e del suo regime. Per quanto riguarda i costi dell’evento, si arrangino quelli che l’hanno organizzato. Faccio presente che la Città di Lugano aveva enfatizzato questo appuntamento».
E proprio da Lugano è cominciata ieri la fase 2 dell’opposizione leghista riguardo al tema Conferenza sull’Ucraina. Con un’interrogazione rivolta al Municipio, infatti, il gruppo della Lega chiede che “quelle spese le paghi la Confederazione”. Spese che la Lega di Lugano circonstanzia: “Spulciando la lista delle commesse pubbliche 2022, abbiamo notato che tra le stesse figurano i seguenti importi: 5’300 franchi per la sicurezza durante i concerti; 6’800 franchi per una cena di gala; 7’200 franchi per la stampa e la consegna a tutti i fuochi delle spiegazioni su come muoversi in città. In totale quasi 20mila franchi di costi a carico del contribuente luganese”. Per la Lega di Lugano, “queste spese andavano sostenute direttamente dalla Confederazione che ha deciso di svolgere a Lugano la conferenza. Oltre ad aver creato parecchi disagi alla popolazione luganese, aver messo in dubbio la nostra tradizione diplomatica invitando solo una delle parti coinvolte nel conflitto bellico, ci vediamo costretti a pagare il conto”.
Tornando alla questione cantonale, «scettico» su questa ratifica da parte del Gran Consiglio è pure il presidente dell’Udc Piero Marchesi: «Rilevo due aspetti – ci risponde –. Il primo è che quando arrivò la proposta di svolgerla a Lugano, il Municipio si era detto entusiasta e contentissimo dell’opportunità, il secondo è che anche il Consiglio di Stato condivideva questo sentimento». Partendo da questi presupposti, «le autorità politiche competenti hanno dato il loro sì. Ora si tratta di decidere chi paga». E in questo l’Udc, sottolinea Marchesi, «è sempre stata piuttosto scettica se non contraria alla Conferenza e sulla sua utilità, visto che è servita a ben poco. Credo che questo scetticismo verrà assolutamente confermato al momento di votare la ratifica della spesa, che ripeto è stata piuttosto inutile».
Il Partito comunista, con una nota, ricalca la posizione della Lega: “Ci opponiamo al finanziamento della megalomane e inutile Conferenza sull’Ucraina, e se necessario non escludiamo di lanciare un referendum contro la ratifica”. Il Pc “non è disposto a spendere un centesimo pubblico per le manie di grandezza del direttore del Dfae (Ignazio Cassis, ndr), grazie alle quali i poteri che ambiscono a spartirsi l’Ucraina hanno potuto riunirsi in una città blindata, senza avere peraltro alcuna intenzione di agevolare un processo di pace”.
Evidenzia Tamara Merlo di Più Donne: «Il coinvolgimento del Gran Consiglio solo a posteriori, per chiedere se sia d’accordo di spendere soldi già spesi, non è per nulla un bel segnale. Come mai il Consiglio di Stato arriva solo adesso a presentare i conti? L’impressione è che qualcuno si sia fatto prendere la mano, cercando di ricavare un ritorno d’immagine, cioè in pratica della pubblicità, da una situazione internazionale gravissima. Senza menzionare il fatto che alla fine i risultati della Conferenza non mi sembra che siano stati all’altezza delle aspettative, né per noi né tantomeno per l’Ucraina».