Secondo il partito di via Monte Boglia, l'accordo Italia-Svizzera renderà ancora più attrattivo il mercato del lavoro ticinese per chi vive oltre confine
L'annuncio del raggiungimento dell'intesa temporanea fra Italia e Svizzera sul telelavoro dei frontalieri, valida fino a fine giugno, scontenta la Lega dei Ticinesi, che in un comunicato ribadisce la propria contrarietà.
Il partito di via Monte Boglia osserva che "i frontalieri che possono telelavorare non sono né gli operai edili e nemmeno il personale curante", ma il personale che lavora nell'ambito del terziario, in ufficio. Ovvero, secondo la Lega dei Ticinesi, "quei frontalieri che non rispondono ad alcuna carenza di manodopera ticinese, ma che la sostituiscono, e il cui numero continua a crescere senza alcun controllo, creando pesanti distorsioni sul mercato del lavoro del nostro cantone".
Il comunicato cita gli ultimi dati Ust, che indicano un aumento del 5,6% dei permessi G in Ticino nel terziario, nell'ambito di un incremento complessivo del frontalierato del 4,4%. Ad oggi nel terziario ticinese lavorano 52'000 degli 80'000 frontalieri complessivi, cifra, come osserva la Lega, quintuplicata in due decenni.
E sempre al terziario, ricordano i leghisti, fanno capo due terzi dei lavoratori ticinesi disoccupati. A preoccupare è il recente crollo di Credit Suisse e le possibili ricadute in termini occupazionali, con "migliaia di nuovi bancari disoccupati da ricollocare". Per la Lega dei Ticinesi "In queste circostanze, un’ulteriore agevolazione dei frontalieri del terziario tramite home office è improponibile. Essa non farebbe che aumentare l’attrattività del mercato del lavoro ticinese per i pendolari italiani". La soluzione, dunque? Una moratoria sul rilascio di nuovi permessi G nel terziario, secondo la Lega, che ricorda di aver già presentato a Berna nei mesi scorsi una mozione che chiede di non sottoscrivere alcun nuovo accordo con l’Italia sul telelavoro dei frontalieri e che "continuerà pertanto a battersi in tal senso".