Tamara Merlo sul recente audit. La deputata di Più Donne: chi gioì per il no alla Cpi si faccia un esame di coscienza
«Il risultato dell’audit conferma che la nostra ripetuta richiesta di una Commissione parlamentare d’inchiesta era più che giustificata», afferma Tamara Merlo. La deputata di Più Donne fu a suo tempo tra i firmatari (con lei, Fiorenzo Dadò del Centro e i leghisti Sabrina Aldi e Boris Bignasca) della richiesta di istituzione di una Cpi per fare piena luce sull'agire dell'Amnministrazione cantonale in relazione ai comportamenti del collaboratore del Dipartimento sanità e socialità, in seguito condannato per coazione sessuale e violenza carnale e infine licenziato. La proposta di dar vita a un'inchiesta parlamentare venne bocciata: il Gran Consiglio optò per un audit, assegnato a periti esterni all'Amministrazione e professionalmente attivi fuori cantone. La scelta, come noto, è caduta sullo studio legale di Ginevra Troillet Meier Raetzo. Martedì i risultati delle approfondite verifiche sono stati presentati alla stampa. E diverse e gravi sono le criticità emerse dall'audit. Le cui conclusioni sono di segno opposto a quelle degli accertamenti amministrativi disposti dal Consiglio di Stato, prima che il parlamento decidesse per l'audit.
Un aspetto sul quale torna la parlamentare di Più Donne. «Ora spero – aggiunge Merlo, interpellata dalla ‘Regione’ – che ci facciano finalmente vedere anche la famosa ‘inchiesta amministrativa’ del Consiglio di Stato, che aveva ‘assolto’ tutti quanti… Ho chiesto più volte di avervi accesso. Sono proprio curiosa di leggerla, perché è la fotografia del lavoro che c’è da fare nell’Amministrazione a livello di formazione, affinché tutti siano finalmente in chiaro su cosa è una molestia o un abuso sessuale. Uno dei superiori dell’ex funzionario – prosegue la deputata – aveva banalizzato i suoi comportamenti: oggi spero che sia chiaro a tutti che, invece, ‘provarci con le ragazze’ sul posto di lavoro è grave. Punto».
Non è tutto. «Mi auguro – riprende Merlo – che chi aveva gioito per il no alla Cpi abbia avuto tempo per un esame di coscienza. Ora va scardinata la cultura del silenzio, che facilita la vita a chi abusa e impedisce alle vittime di essere protette e di ottenere giustizia. Viene in mente la parola ‘omertà’».
Sull'esito degli approfondimenti eseguiti dallo studio legale ginevrino si esprime anche il Movimento per il socialismo. In una nota stampa sottolinea come le conclusioni dell’audit – sull'istituzione del quale però i due deputati del Movimento presenti alla votazione in Gran Consiglio del 24 gennaio 2022 si erano astenuti – mettano pure in evidenza un problema più generale di gestione del personale all’interno dell’Amministrazione; il che conferma che sicuramente non si tratta di un caso isolato ma di una gestione del personale che non rispetta i criteri di tutela e protezione necessari".