Dadò (Centro) e Aldi (Lega) presentano un’iniziativa cantonale per un giro di vite nel Codice penale: ‘5 o 10 anni sono pochi, si alzi il massimo a 20’
Stop alle pene pecuniarie e alle multe per i reati contro l’integrità sessuale, alla condizionale integrale e togliere dal Codice penale i massimi specifici di pena di 5 o 10 anni aumentando la pena detentiva massima a quella generale di 20 anni. Non solo: soppressione del massimo di 5 anni di pena e della possibilità di comminare una pena pecuniaria nel caso di oggetti o di rappresentazioni (foto, filmati…) che vertono su atti sessuali reali con minorenni, prevedere una pena detentiva a vita nei casi particolarmente gravi e inserire nella legge una comminatoria di pena di almeno un anno in caso di vittime minori di 16 anni.
Il presidente cantonale del Centro Fiorenzo Dadò e la vicecapogruppo della Lega Sabrina Aldi lo dicono chiaramente: occorre un giro di vite sui reati a sfondo sessuale. E quindi, davanti alla stampa convocata a Lugano, ecco la presentazione di un’iniziativa cantonale scritta a quattro mani che chiede una revisione del Codice penale. Se supererà il vaglio del Gran Consiglio, sarà indirizzata alle Camere federali.
Un’iniziativa cantonale «necessaria» per Aldi, dal momento che «sono i tribunali a scrivere le sentenze, ma è il Legislativo a fare le leggi e tracciare la via al potere giudiziario». In un contesto dove «chi alle tre di notte per alcuni metri viaggia a 110 chilometri orari dove il limite è 80 viene condannato a 12 mesi sospesi, gli sequestrano il veicolo, affronta un calvario di interrogatori, processi, spese giudiziarie» e, spiega ancora Aldi, «nelle scorse settimane diversi processi per atti sessuali con fanciulli hanno portato a pronunciare pene di 15 mesi sospesi o 22 mesi sospesi. Il direttore di scuola media del Luganese è stato rinviato a processo con rito abbreviato con 3 anni di pena, di cui solo 6 mesi da espiare. L’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità si è preso 18 mesi con la condizionale solo in Appello, in primo grado era stata comminata solo una pena pecuniaria». Insomma, «ora basta».
Per la deputata leghista «attualmente la pena massima prevista è ridicola, e finché ci sarà questa asticella i tribunali avranno sempre le mani legate. È perfino inutile dirlo, ma lo diciamo lo stesso, che sono situazioni che segnano per sempre le vittime, provocano una sofferenza immane, e le sentenze spesso sono troppo blande». Anche l’inserimento della pena minima di un anno per Aldi è coerente, poiché «è prevista per reati come l’infrazione alla legge stupefacenti, incendio doloso, rapina… c’è una comminatoria minima perché sono reati gravi, da combattere». Ricordandosi che «per fortuna la società cambia, evolve e i reati contro la sfera sessuale vengono percepiti in maniera più grave, è giusto che la legge si adatti alla morale e al senso comune».
Questa iniziativa cantonale «non è il primo atto politico su giustizia e prevenzione che presentiamo insieme», ricorda Dadò. Che annota come «è sotto gli occhi di tutti che ci sono storture legislative che vanno assolutamente corrette, ne va della credibilità stessa della giustizia e del concetto di certezza della pena. In uno Stato di diritto questo deve essere un principio cardinale». E rincara: «È inammissibile che per un eccesso di velocità, con un rischio astratto, si paghi di più che per le violenze sessuali che di astratto non hanno niente e devastano la vita delle persone», attacca ancora Dadò. Quindi, avanti tutta «con questo primo tassello per risolvere un’autentica piaga sociale: in Svizzera abbiamo un sospetto di abuso ogni settimana e un abuso ogni quindici giorni, il 10/20% dei bambini hanno ricevuto un maltrattamento: siamo alla preistoria legislativa riguardo alle punizioni corporali, anche se dopo tutte le nostre richieste a Berna qualcosa si sta finalmente muovendo».
Con questa iniziativa cantonale, afferma ancora Dadò, «colmiamo una lacuna molto grave nel diritto, con delle richieste che non sono contrarie ma complementari ad altre importanti misure come il divieto di contatto con i minori, l’internamento e il trattamento stazionario ambulatoriale».
In più, riprende Aldi, «chiedere di togliere le comminatorie massime dà un margine di manovra che oggi i tribunali non hanno. È una facoltà che deve essere data a una corte, io per anni me ne sono resa conto sul campo. Se si lasciasse il tribunale decidere liberamente si eviterebbero pesanti conseguenze morali e di sofferenza alla vittima. Confido nel buon funzionamento dei tribunali, non imbrigliarli porta a una giustizia più equa».
«Di principio una revisione del Codice penale in questa materia è buona cosa, per dare innanzitutto un segnale a tutta la società», commenta il direttore dell’Aspi Gian Michele Zeolla da noi interpellato per un commento. «Come fondazione non siamo giustizialisti, non abbiamo una visione punitiva e basta, oltre alla giusta punizione inflitta tramite il Codice penale chiediamo sempre che ci siano anche una vera e propria rieducazione, un accompagnamento, una presa di coscienza vera da parte di chi ha commesso il reato. Per evitare che chi compie questi reati cada nelle recidive», aggiunge Zeolla. Che specifica come «è un primo passo nella giusta direzione», ma questa giusta direzione «si prenderà davvero quando tutta la società, davvero tutta, avrà zero tolleranza per ogni forma di violenza, soprattutto sui bambini. E dovremmo essere tutti promotori del buon trattamento, valorizzarlo nel senso più ampio del termine: dalle cose più piccole alle più grandi, è ciò che proviamo a fare con i nostri programmi di prevenzione in tutti gli ambiti nei quali operiamo».
Senza mai dimenticare che «prevenzione e sensibilizzazione sono fondamentali. Per la fondazione Aspi – rammenta Zeolla – il titolo del congresso internazionale organizzato lo scorso anno, ovvero ‘Prima che accada’, non è uno slogan, non è un modo di dire. È stato comprovato con dati alla mano che laddove la prevenzione primaria è praticata, attraverso programmi specifici nelle scuole, nelle associazioni, presso enti eccetera, il tasso dei maltrattamenti diminuisce significativamente». A riprova «ci sono una serie di indicatori fattuali. Su tale livello si situa pure la recente decisione del parlamento svizzero, e ne siamo tutti molto felici, che ha deciso di introdurre nel Codice civile un articolo che sancisca il diritto dei figli a un’educazione non violenta. Tale provvedimento ha un duplice significato: da un lato rafforza i presupposti per un buon trattamento, dall’altro sottolinea i comportamenti che sono sbagliati, dunque da eliminare, che hanno purtroppo conseguenze negative per tutta la vita di coloro che li subiscono. E anche questa è prevenzione, si dà un chiaro segnale. Per esempio, in Svezia, – spiega il direttore dell’Aspi – da quando è stata introdotta questa legge, qualche decennio fa, i maltrattamenti sui minori in ambito domestico sono drasticamente diminuiti. Ciò significa che i segnali che dà la politica, cioè noi, sono importanti. Ben venga che se ne parli, si metta luce su queste questioni, e se queste misure richieste sono lo spunto per parlare ancora di più di prevenzione, per noi è incoraggiante».
Di strada ne è stata fatta e di progressi ne sono stati registrati, ma il percorso è ancora lungo: «Per affrontare un qualsiasi problema, e in particolar modo uno di questa entità, bisogna avere la consapevolezza che c’è, che esiste, bisogna dargli un nome. Non mettere la testa sotto la sabbia, o ancora peggio relativizzare e minimizzare. Già la presa di coscienza, il parlarne è una prima risposta alla soluzione» rileva Zeolla. Una volta fatto questo, «quando la società civile tutta ha preso coscienza del problema, occorre esplicitare e implementare tutta una serie di buone pratiche che già ci sono e funzionano, affinché si possa arginare e, idealmente, superare il problema».