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La fiducia dei consumatori è bassa, ma gli acquisti non calano

È il dato, per certi versi sorprendente, che emerge dai dati della Seco. Stephani (Ustat): ‘Più preoccupazione per i rincari che per la disoccupazione’

7 febbraio 2023
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La fiducia dei consumatori è molto bassa, ma (almeno per il momento) non influenza negativamente le vendite. È il dato, per un certo verso sorprendente, che emerge dall’indagine ricorrente sul clima di fiducia dei consumatori effettuata a gennaio dalla Segreteria di Stato dell’economia (Seco). «Solitamente un indice sul clima di fiducia dei consumatori basso o negativo, come quello attuale, si riflette anche in altre statistiche relative ai consumi, come quella sulla cifra d’affari del commercio al dettaglio o la statistica sulle nuove immatricolazioni delle automobili», spiega il collaboratore scientifico dell’Ustat Eric Stephani. «Ma in questo caso non si è verificato», come mostra anche il grafico. La fiducia dei consumatori sembra comunque in ripresa, dopo che a inizio 2022 aveva raggiunto il record negativo (-47) da quando è stata introdotta l’indagine, nel 1972. L’indice è infatti passato dal -47 di tre mesi fa all’attuale -30. Una ripresa importante anche se, spiega Stephani, «siamo a un livello ancora relativamente inferiore rispetto alla media degli ultimi cinque anni, quando il dato era intorno a -14».

Signor Stephani, al lettore il termine "indice di fiducia" può apparire piuttosto astratto. Su cosa si basa questa analisi della Seco e quali informazioni può fornire?

È un dato che vuole riportare il ‘clima’ che si respira tra i consumatori. Si tratta di un’analisi soggettiva, basata sulle percezioni degli intervistati. L’indagine è calcolata facendo la media tra quattro indicatori: l’evoluzione economica nei prossimi dodici mesi, la propria situazione finanziaria nell’ultimo anno e in quello futuro. Infine si chiede ai consumatori se giudicano quello attuale un buon momento per fare acquisti importanti.

Cosa si intende per ‘acquisti importanti’?

Non viene indicata una soglia limite per definire un ‘acquisto importante’, perché questa dipende molto dalla disponibilità economica di ogni singolo consumatore. Per qualcuno potrebbe essere l’aspirapolvere da 250 franchi, per un altro l’automobile. In ogni caso generalmente sotto questa categoria rientrano, ad esempio, gli elettrodomestici più costosi o il leasing della macchina.

Guardando i dati, è sbagliato dire che siamo sfiduciati ma nonostante questo continuiamo a spendere come (e più) di prima?

No, non è sbagliato. Il dato sulla fiducia dei consumatori è legato probabilmente alle grandi incertezze innescate dalla guerra in Ucraina, al rincaro delle risorse energetiche e al generale rallentamento economico. Fattori che portano i consumatori a una lettura più cauta della situazione. Nonostante questo le preoccupazioni non si stanno materializzando in maniera così marcata, visto che nel 2022, guardando la cifra d’affari sul commercio al dettaglio, i consumi sono rimasti sui livelli dell’anno scorso. Chiaro che, rispetto alla crescita riscontrata nel 2021, c’è stato un rallentamento. Tornando all’indice di fiducia dei consumatori: l’ultimo dato potrebbe suggerire che si sta iniziando a riguadagnare almeno una parte della fiducia persa nei mesi scorsi.

Ci sono anche altre indicazioni che questo dato ci può dare?

Più che il dato, è interessante guardare le altre domande, e quindi i sottoindici, raccolti dall’indagine. Agli intervistati vengono infatti poste domande che poi non sono usate per calcolare l’indice ma che sono molto interessanti. Emerge infatti che al momento la popolazione è più preoccupata dal rincaro che dalla disoccupazione. L’indice che misura la preoccupazione del rincaro è rimasto stabile attorno ai 130 punti, mentre quello legato alla disoccupazione è sceso da 39 a 7 punti.

Come si spiega questa situazione?

La popolazione ha probabilmente visto durante la pandemia che il mercato del lavoro è stato in grado di reggere, e quindi confida nella sua solidità anche in questa fase. I rincari sono invece un fenomeno più ‘recente’ e i cittadini, magari condizionati anche dalle notizie che arrivano da altri Paesi dove l’inflazione è decisamente più alta che in Svizzera, temono che un aumento generalizzato dei prezzi possa metterli in difficoltà.