La commissione firma il rapporto stilato da Pagani: ‘Il Consiglio della magistratura si doti di un regolamento ed espliciti il diritto di essere sentito’
Valutazioni, raccomandazioni e proposte di modifica (soprattutto) della Legge sull’organizzazione giudiziaria. Obiettivo: migliorare la procedura di designazione dei magistrati, in particolare di coloro che alla scadenza del periodo di nomina decennale si ricandidano alla medesima funzione, con relativo preavviso sulla loro idoneità a ricoprire la carica formulato dal Consiglio della magistratura all’attenzione del Gran Consiglio, cui in Ticino compete l’elezione delle toghe. Oggi la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ ha firmato – all’unanimità, indica la stessa in una nota – il rapporto di Luca Pagani (il Centro) e quindi condiviso i correttivi prospettati. Un passo che, secondo il socialista Nicola Corti, «contribuisce a ricucire lo strappo istituzionale fra il potere giudiziario e il potere legislativo consumatosi nel 2020», quando in occasione del rinnovo delle cariche in seno al Ministero pubblico, il Consiglio della magistratura (Cdm) di allora stroncò le aspirazioni di cinque pp a essere riconfermati, cosa che fece con pareri dai toni insolitamente duri, tanto nei contenuti quanto nella forma, disattendendo tra l’altro, come appurato successivamente, il diritto di essere sentito. L’agire del Cdm venne poi sconfessato. Due volte. La prima dal plenum del Gran Consiglio, che rielesse tutti i procuratori uscenti, compresi i cinque, che avevano sollecitato un ulteriore mandato. La seconda, quasi un anno dopo (novembre 2021) da una sentenza del Tribunale d’appello originata da un’istanza di ricusazione. Dando seguito al mandato attribuitole dal Gran Consiglio nel dicembre 2020 e basandosi anche sulla perizia da lei assegnata al già presidente del Tribunale federale Claude Rouiller, la ‘Giustizia e diritti’ suggerisce ora alcuni rimedi, frutto del lavoro di una sua sottocommissione, composta – oltre che da Pagani (coordinatore) e Corti – da Marco Bertoli del Plr, Sabrina Aldi della Lega, Roberta Soldati dell’Udc e da Marco Noi dei Verdi.
La commissione parlamentare propone anzitutto di ritoccare la Log, la Legge sull’organizzazione giudiziaria, aggiungendo all’articolo 79, quello sulle competenze del Cdm, il capoverso "Il Consiglio della magistratura elabora e aggiorna il proprio regolamento, che viene pubblicato nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi". Se la Commissione di esperti indipendenti – che all’indirizzo del Gran Consiglio preavvisa le nuove candidature, inoltrate da chi desidera entrare in magistratura – si è dotata di un regolamento, pubblicato nella Raccolta delle leggi e pertanto accessibile a chiunque, il Cdm oggi ne è sprovvisto. Ebbene, la ‘Giustizia e diritti’, si afferma nel rapporto allestito da Pagani, "ritiene imprescindibile inserire nella Legge sull’organizzazione giudiziaria una norma che imponga anche al Consiglio della magistratura di dotarsi di un regolamento". E, aspetto importante, "fra i contenuti minimi" del regolamento del Cdm, la commissione parlamentare considera "indispensabile" la presenza di una norma "che riconosca ai candidati ai concorsi in magistratura il diritto di essere sentiti comprensivo di un adeguato accesso agli atti". Norma, si aggiunge, che "forse anche la Commissione d’esperti indipendenti dovrebbe precisare meglio nel proprio regolamento". Della necessità di un regolamento si è parlato anche nel corso dell’audizione commissionale, lunedì della scorsa settimana, del giudice d’Appello Damiano Stefani, dal 1. gennaio presidente dell’ampiamente rinnovato Consiglio della magistratura. Uno strumento, il regolamento, di cui il Cdm, si sottolinea nel rapporto della ‘Giustizia e diritti’, "intende dotarsi al più presto".
L’istituto della ricusa è un altro dei temi su cui si è soffermata la commissione. La ’Giustizia e diritti’, spiega Pagani interpellato dalla ‘Regione’, «ritiene che debba esserci la possibilità di ricusare il Consiglio della magistratura non solo quando agisce come autorità disciplinare (Il Cdm vigila sul funzionamento della giustizia in Ticino, con anche poteri disciplinari su procuratori e giudici, ndr), ma pure quando agisce come autorità di preavviso (quando cioè esprime un parere sulla ricandidatura dei togati giunti alla fine del mandato decennale, ndr), cosa oggi non regolata». La commissione suggerisce di rimediarvi con una modifica della Log. Nel rapporto, peraltro, si ricorda quanto rilevato da Rouiller nella perizia e cioè che per i magistrati membri del Cdm e per i loro supplenti deve valere quale motivo di ricusa anche "l’appartenenza alla medesima sezione o Camera di cui il candidato fa parte".
La commissione si è inoltre chiesta, indica il documento appena firmato, "se, a fronte della durata decennale delle cariche in magistratura, non sia necessaria una norma sulla revoca dei magistrati che non paiono (più) in grado di adempiere adeguatamente alle loro funzioni". Nel rapporto si osserva tuttavia che già la vigente Log "estende anche ad ‘altre cause’ l’esonero dei magistrati che non adempiono convenientemente i compiti assegnati loro, anche in assenza di motivi disciplinarmente rilevanti". Ergo: la ‘Giustizia e diritti’ reputa "che, ai fini della revoca di magistrati, sia sufficiente fare riferimento alla norma già prevista dalla Legge sull’organizzazione giudiziaria, esortando il Consiglio della magistratura a verificare gli esatti estremi di questa norma e ad applicarla laddove occorra farlo". C’è di più. «Da parte del Consiglio della magistratura e delle dirigenze delle singole autorità giudiziarie – riprende Pagani – ci deve essere un monitoraggio costante, perlomeno periodico, in modo che non si aspetti il rinnovo delle cariche per accorgersi che un magistrato non è all’altezza del compito. Eventuali problemi vanno individuati tempestivamente e altrettanto tempestivamente affrontati, in maniera efficace. Ciò per garantire anche il buon funzionamento della giustizia». E al riguardo la commissione parlamentare suggerisce, tramite una modifica della Log, che il Cdm trasmetta il suo rapporto annuale sull’andamento dell’apparato giudiziario ticinese "al Gran Consiglio", e non, come ora, al governo.
Il rapporto tratta anche del Ministero pubblico. Per una "migliore e più efficace operatività" della Procura, la commissione ritiene che occorra "mantenere alta l’attenzione" su alcuni aspetti. Tra questi: il "rafforzamento" del controllo interno "per un carico (di lavoro, ndr) quanto più omogeneo e celermente evaso"; la "garanzia" di un "adeguato inserimento" dei procuratori di nuova nomina; la "verifica dell’opportunità di ulteriori specializzazioni e, laddove necessario, di formazione di team di procuratori pubblici per la gestione di casi particolarmente complessi". I cosiddetti pool.
Pagani non nasconde la propria soddisfazione: «Ci sono aspetti migliorabili e atti parlamentari pendenti concernenti la procedura di nomina dei magistrati, nel frattempo però è stato compiuto un passo, credo, nella giusta direzione». Corti sottolinea «la disponibilità assicurata dal nuovo Consiglio della magistratura a dotarsi di un regolamento: è un segnale di trasparenza e di buon governo che può solo garantire autorevolezza e ascolto, fiducia e rispetto». Afferma il deputato liberale radicale Giorgio Galusero, presidente della ‘Giustizia e diritti’: «Dopo l’audizione del giudice Stefani, ho la certezza che vi siano i presupposti per una maggiore collaborazione tra il Consiglio della magistratura e la nostra commissione, assolutamente necessaria e in ogni caso nel rispetto della separazione dei poteri». Commenta a sua volta Sabrina Aldi: «Senza stravolgere il sistema, pensiamo di aver risolto alcune importanti criticità segnalate dal professor Rouiller nella perizia». Il rapporto, salvo cambiamenti dell’ultima ora, sarà oggetto della prossima sessione del Gran Consiglio, al via lunedì 13 febbraio.